The word ‘treatment’, employed by the Italian penitentiary law with respect to prisoners, recalls clothes before than human beings. We usually say that a textile is treated when it is subjected, for instance, to the process of coloring. It is not, then, a good word. It presumed that an external intervention should be accomplished. It presumed that an interference on the individual is needed, that a prisoner must be changed in order to become better. The word ‘treatment’ seems to be coherent with expressions strongly characterized from an ideological or religious point of view, such as ‘moral reeducation’ or ‘redemption’. Nothing authentic is recalled by this word. Not on a free choice but on a blackmail - although maybe hidden and not perceived as such - will be always based the treatment of a prisoner. Italian penitentiary rules are entirely grounded on the myth of the treatment aiming at reeducation. This paper identifies in the human dignity a new paradigm capable of working as a boundary that cannot be overstepped by a discretional management of punishments. Looking at the prison life through the lens of the fundamental rights of the detainees in spite of through the lens of the penitentiary treatment has the result of weakening the possibility of applying special prison regimes, that are one of the preferential arena for modern ill-treatment.

Il trattamento prima ancora che le persone evoca nella consuetudine linguistica i tessuti. Si usa dire, a proposito delle stoffe, che vengono trattate quando esse sono sottoposte a colorazione o altri interventi. Non è una bella parola, trattamento, dunque. Presuppone un intervento di natura esogena. Fa pensare alla necessità di mettere mano alla persona, di volerla cambiare per migliorarla. Non sembra incoerente con altre parole fortemente connotate dal punto di vista ideologico o religioso come rieducazione morale o redenzione. Non fa venire in mente niente di buono, o quanto meno niente di autentico. Non fa pensare a una libera scelta. Il trattamento di una persona non libera si fonderà sempre su un ricatto, anche se non esplicitamente proposto come tale, anche se occasionalmente non percepito come tale. Il nostro impianto normativo penale e penitenziario si gioca tutto intorno al mito del trattamento rieducativo. In questo articolo si mette al centro della vita reclusa la dignità umana, che svolge viceversa egregiamente la funzione di limite insormontabile agli arbitrii della pena. Una rivisitazione della vita penitenziaria che usi il punto di vista dei diritti fondamentali e non del trattamento toglie spazio ai regimi speciali di detenzione, campi di più facile sperimentazione dei moderni maltrattamenti.

Gonnella, P. (2014). Dignità umana, trattamento e maltrattamenti. LA SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI, 38-46.

Dignità umana, trattamento e maltrattamenti

GONNELLA, PATRIZIO
2014-01-01

Abstract

The word ‘treatment’, employed by the Italian penitentiary law with respect to prisoners, recalls clothes before than human beings. We usually say that a textile is treated when it is subjected, for instance, to the process of coloring. It is not, then, a good word. It presumed that an external intervention should be accomplished. It presumed that an interference on the individual is needed, that a prisoner must be changed in order to become better. The word ‘treatment’ seems to be coherent with expressions strongly characterized from an ideological or religious point of view, such as ‘moral reeducation’ or ‘redemption’. Nothing authentic is recalled by this word. Not on a free choice but on a blackmail - although maybe hidden and not perceived as such - will be always based the treatment of a prisoner. Italian penitentiary rules are entirely grounded on the myth of the treatment aiming at reeducation. This paper identifies in the human dignity a new paradigm capable of working as a boundary that cannot be overstepped by a discretional management of punishments. Looking at the prison life through the lens of the fundamental rights of the detainees in spite of through the lens of the penitentiary treatment has the result of weakening the possibility of applying special prison regimes, that are one of the preferential arena for modern ill-treatment.
2014
Il trattamento prima ancora che le persone evoca nella consuetudine linguistica i tessuti. Si usa dire, a proposito delle stoffe, che vengono trattate quando esse sono sottoposte a colorazione o altri interventi. Non è una bella parola, trattamento, dunque. Presuppone un intervento di natura esogena. Fa pensare alla necessità di mettere mano alla persona, di volerla cambiare per migliorarla. Non sembra incoerente con altre parole fortemente connotate dal punto di vista ideologico o religioso come rieducazione morale o redenzione. Non fa venire in mente niente di buono, o quanto meno niente di autentico. Non fa pensare a una libera scelta. Il trattamento di una persona non libera si fonderà sempre su un ricatto, anche se non esplicitamente proposto come tale, anche se occasionalmente non percepito come tale. Il nostro impianto normativo penale e penitenziario si gioca tutto intorno al mito del trattamento rieducativo. In questo articolo si mette al centro della vita reclusa la dignità umana, che svolge viceversa egregiamente la funzione di limite insormontabile agli arbitrii della pena. Una rivisitazione della vita penitenziaria che usi il punto di vista dei diritti fondamentali e non del trattamento toglie spazio ai regimi speciali di detenzione, campi di più facile sperimentazione dei moderni maltrattamenti.
Gonnella, P. (2014). Dignità umana, trattamento e maltrattamenti. LA SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI, 38-46.
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