Il presente lavoro monografico si inserisce nello studio dell’evoluzione che ha contrassegnato i rapporti tra governo e amministrazione nell’ambito del nostro ordinamento – dall’Unità d’Italia, a partire dunque dai governi della Destra storica, sino ai giorni nostri, nell’epoca del maggioritario – condotto, in particolare, sotto il profilo del problematico e da sempre travagliato rapporto tra l’imparzialità dell’ammi¬nistrazione e la sua soggezione all’indirizzo governativo, nella consapevolezza che è ormai tramontata l’illusione di tracciare una linea netta tra “politica” e “amministrazione”. La ricerca è stata con¬dotta ripercorrendo i tratti essenziali, anche da un punto di vista sto¬rico e comparatistico, dei modelli teorici attraverso cui è stato rico¬struito il rapporto tra politica e amministrazione, pervenendo, poi, ad analizzare più in particolare le vicende che nel nostro paese hanno caratterizzato il rapporto tra governo e amministrazione, contrassegnato dal progressivo, anche se non sempre lineare, riconoscimento del ruolo decisionale della dirigenza amministrativa, da esercitarsi in condizioni di relativa autonomia dagli organi di direzione politica. In tal senso, si è preso l’avvio da una ricostruzione del quadro normativo che parte dalla legge Cavour del 1853 e, passando attraverso la Costituzione repubblicana del 1948 – che offre al riguardo indicazioni tutt’altro che univoche – approda sino alla legge istitutiva della dirigenza del 1972 ed alle riforme che hanno interessato la dirigenza pubblica nel corso di tutti gli anni novanta, nel tentativo di sviluppare la distinzione tra politica e amministrazione. E ciò nonostante che, a partire dal 1998, con la c.d. seconda privatizzazione della dirigenza pubblica, siano state realizzate, in maniera in un certo senso contraddittoria, non poche incursioni della politica nell’ammini¬strazione, paradossalmente proprio nel momento in cui si riformulavano le norme-chiave alla base del principio di distinzione, al fine di superare definitivamente le interpretazioni riduttive del concetto di gestione amministrativa. Una particolare attenzione è stata quindi dedicata a quella che appare una vera e propria “controriforma” della dirigenza pubblica, varata con la legge n. 145 del 2002, che ha pressoché riscritto la disciplina del c.d. governo dell’alta burocrazia, rafforzando ulteriormente e pericolosamente il rapporto tra il ministro e la dirigenza pubblica; nonché al ruolo svolto dalla giurisprudenza costituzionale nel richiamato contesto normativo volto alla valorizzazione del dettato costituzionale, che, pur se avaro in materia, contiene comunque sufficienti indicazioni per delineare il modello di amministrazione voluto dai costituenti. Lo studio si propone di evidenziare come, stante l’indubbia valenza di istanza di garanzia che caratterizza la posizione della dirigenza nell’ordina¬mento costituzionale, la distinzione funzionale tra attività di indirizzo politico-amministrativo, rimessa agli organi politici, ed attività di gestione amministrativa, riconosciuta in via esclusiva alla dirigenza, si impone comunque come principio costituzionale (anche se non formalmente tale), che può dar luogo certamente ad una pluralità di soluzioni legislative, ma non essere di fatto eluso, come, invece, sembra fare l’odierna legge di riordino della dirigenza pubblica. È di tutta evidenza, infatti, che senza un effettivo e contenutisticamente adeguato esercizio del potere di indirizzo politico-amministrativo e senza parimenti un adeguato funzionamento dei controlli sui risultati, le scelte di affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali rischiano di trasformarsi da scelte di discrezionalità amministrativa e tecnica in scelte di discrezionalità politica. Il rischio – qualora la dirigenza medesima non sia circondata da garanzie tali che le consentano di agire al di fuori di condizionamenti politici che non siano quelli derivanti in modo trasparente dalle direttive del governo – è quello dell’asservimento della dirigenza al politico di turno, con buona pace della solenne proclamazione costituzionale dell’imparzialità dell’amministrazione.

Colapietro, C. (2004). Governo e amministrazione - I: La dirigenza pubblica tra imparzialità ed indirizzo politico. TORINO : Giappichelli.

Governo e amministrazione - I: La dirigenza pubblica tra imparzialità ed indirizzo politico

COLAPIETRO, CARLO
2004-01-01

Abstract

Il presente lavoro monografico si inserisce nello studio dell’evoluzione che ha contrassegnato i rapporti tra governo e amministrazione nell’ambito del nostro ordinamento – dall’Unità d’Italia, a partire dunque dai governi della Destra storica, sino ai giorni nostri, nell’epoca del maggioritario – condotto, in particolare, sotto il profilo del problematico e da sempre travagliato rapporto tra l’imparzialità dell’ammi¬nistrazione e la sua soggezione all’indirizzo governativo, nella consapevolezza che è ormai tramontata l’illusione di tracciare una linea netta tra “politica” e “amministrazione”. La ricerca è stata con¬dotta ripercorrendo i tratti essenziali, anche da un punto di vista sto¬rico e comparatistico, dei modelli teorici attraverso cui è stato rico¬struito il rapporto tra politica e amministrazione, pervenendo, poi, ad analizzare più in particolare le vicende che nel nostro paese hanno caratterizzato il rapporto tra governo e amministrazione, contrassegnato dal progressivo, anche se non sempre lineare, riconoscimento del ruolo decisionale della dirigenza amministrativa, da esercitarsi in condizioni di relativa autonomia dagli organi di direzione politica. In tal senso, si è preso l’avvio da una ricostruzione del quadro normativo che parte dalla legge Cavour del 1853 e, passando attraverso la Costituzione repubblicana del 1948 – che offre al riguardo indicazioni tutt’altro che univoche – approda sino alla legge istitutiva della dirigenza del 1972 ed alle riforme che hanno interessato la dirigenza pubblica nel corso di tutti gli anni novanta, nel tentativo di sviluppare la distinzione tra politica e amministrazione. E ciò nonostante che, a partire dal 1998, con la c.d. seconda privatizzazione della dirigenza pubblica, siano state realizzate, in maniera in un certo senso contraddittoria, non poche incursioni della politica nell’ammini¬strazione, paradossalmente proprio nel momento in cui si riformulavano le norme-chiave alla base del principio di distinzione, al fine di superare definitivamente le interpretazioni riduttive del concetto di gestione amministrativa. Una particolare attenzione è stata quindi dedicata a quella che appare una vera e propria “controriforma” della dirigenza pubblica, varata con la legge n. 145 del 2002, che ha pressoché riscritto la disciplina del c.d. governo dell’alta burocrazia, rafforzando ulteriormente e pericolosamente il rapporto tra il ministro e la dirigenza pubblica; nonché al ruolo svolto dalla giurisprudenza costituzionale nel richiamato contesto normativo volto alla valorizzazione del dettato costituzionale, che, pur se avaro in materia, contiene comunque sufficienti indicazioni per delineare il modello di amministrazione voluto dai costituenti. Lo studio si propone di evidenziare come, stante l’indubbia valenza di istanza di garanzia che caratterizza la posizione della dirigenza nell’ordina¬mento costituzionale, la distinzione funzionale tra attività di indirizzo politico-amministrativo, rimessa agli organi politici, ed attività di gestione amministrativa, riconosciuta in via esclusiva alla dirigenza, si impone comunque come principio costituzionale (anche se non formalmente tale), che può dar luogo certamente ad una pluralità di soluzioni legislative, ma non essere di fatto eluso, come, invece, sembra fare l’odierna legge di riordino della dirigenza pubblica. È di tutta evidenza, infatti, che senza un effettivo e contenutisticamente adeguato esercizio del potere di indirizzo politico-amministrativo e senza parimenti un adeguato funzionamento dei controlli sui risultati, le scelte di affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali rischiano di trasformarsi da scelte di discrezionalità amministrativa e tecnica in scelte di discrezionalità politica. Il rischio – qualora la dirigenza medesima non sia circondata da garanzie tali che le consentano di agire al di fuori di condizionamenti politici che non siano quelli derivanti in modo trasparente dalle direttive del governo – è quello dell’asservimento della dirigenza al politico di turno, con buona pace della solenne proclamazione costituzionale dell’imparzialità dell’amministrazione.
2004
88-348-4294-4
Colapietro, C. (2004). Governo e amministrazione - I: La dirigenza pubblica tra imparzialità ed indirizzo politico. TORINO : Giappichelli.
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