Se guardiamo dall’alto una qualunque città storica (rif. Docci) vediamo una massa edilizia, variegata ma compatta, definita da geometrie complesse, solcata e forata irregolarmente dai vuoti delle strade e delle piazze, e tuttavia con una articolata continuità di spazi, non ancora incisa dalla netta divisione tra spazio pubblico e spazio privato (rif. Romano). Se pensiamo di sorvolare la periferia di una qualunque media o grande città vediamo invece gruppi di edifici sparsi, strade senza edifici e magari edifici senza strade. Questo può essere effetto di una cattiva progettazione e gestione urbanistica. Ma vediamo anche i grandi quartieri di edilizia residenziale assistita, dagli anni ’60 in poi, e i complessi di edilizia privata, che più o meno ne ricalcano l’impostazione. Questo non è cattiva urbanistica, ma il sogno – per fortuna avverato solo in parte – dei grandi maestri dell’architettura moderna: volumi semplificati e reiterati, allineamenti più o meno rigorosi sul “piano verde”: il “gioco sapiente (ma triste) dei volumi sotto il sole”, che però restituisce sempre ombre piatte a 45 gradi. Lo spazio urbano, lo spazio della “urbanità” e le sue eventuale qualità, non sono dunque morti di vecchiaia, ma sono stati assassinati.

Avarello, P. (2005). Qualità degli spazi collettivi e costruzione del progetto urbano, 01/12/2013, 35-36.

Qualità degli spazi collettivi e costruzione del progetto urbano

AVARELLO, Paolo
2005-01-01

Abstract

Se guardiamo dall’alto una qualunque città storica (rif. Docci) vediamo una massa edilizia, variegata ma compatta, definita da geometrie complesse, solcata e forata irregolarmente dai vuoti delle strade e delle piazze, e tuttavia con una articolata continuità di spazi, non ancora incisa dalla netta divisione tra spazio pubblico e spazio privato (rif. Romano). Se pensiamo di sorvolare la periferia di una qualunque media o grande città vediamo invece gruppi di edifici sparsi, strade senza edifici e magari edifici senza strade. Questo può essere effetto di una cattiva progettazione e gestione urbanistica. Ma vediamo anche i grandi quartieri di edilizia residenziale assistita, dagli anni ’60 in poi, e i complessi di edilizia privata, che più o meno ne ricalcano l’impostazione. Questo non è cattiva urbanistica, ma il sogno – per fortuna avverato solo in parte – dei grandi maestri dell’architettura moderna: volumi semplificati e reiterati, allineamenti più o meno rigorosi sul “piano verde”: il “gioco sapiente (ma triste) dei volumi sotto il sole”, che però restituisce sempre ombre piatte a 45 gradi. Lo spazio urbano, lo spazio della “urbanità” e le sue eventuale qualità, non sono dunque morti di vecchiaia, ma sono stati assassinati.
2005
Avarello, P. (2005). Qualità degli spazi collettivi e costruzione del progetto urbano, 01/12/2013, 35-36.
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