Il riferimento al paesaggio in termini di urbano, in relazione ai significati correnti dei termini, pone alcuni problemi. “Paesaggio” implica infatti la percezione visiva di uno spazio aperto, nell’insieme degli oggetti e delle relazioni tra gli oggetti che lo configurano. Al contrario, le rappresentazioni di insieme di una città sono sempre artificiose, mentre la naturale percezione visiva consente al massimo di cogliere alcuni oggetti e alcuni spazi che li mettono in relazione. Il “paesaggio urbano” può essere quindi solo una costruzione mentale, che monta in successione spazi, oggetti e relazioni.Compiamo tutti i giorni questa operazione, per trovare l’orientamento ai nostri movimenti. E il modo in cui ci orientiamo in città, piuttosto che nello spazio aperto, dà conto intuitivamente della differenza, così come le diverse difficoltà che troviamo nel muoverci in diversi ambienti urbani: è assai più facile perdersi per le calli veneziane, o per i vicoli di un centro storico, che non lungo i boulevards parigini o le avenidas di Madrid. E dove i “tessuti storici” sono stati lacerati dai boulevards ottocenteschi l’effetto di passaggio da un sistema di spazi e relazioni, cioè da un “paesaggio urbano”, all’altro può essere davvero straordinario.Più banali, o addirittura monotoni, appaiono invece i paesaggi tipici della città “moderna”, dove pure la vista trova orizzonti più ampi (più o meno con un raggio di 400 metri), caratterizzati in genere dall’iterazione di tipi edilizi e dalla conseguente ripetizione delle soluzioni urbanizzative – pensate per la dimensione e i tempi del trasporto veicolare – e quindi anche dalla omogeneità delle relazioni spaziali. Non a caso in questi ambiti – i grandi quartieri residenziali dal dopoguerra agli anni Settanta – molti tentativi di riqualificazione mirano ad alterarne almeno in parte la regolarità, tagliando i corpi di fabbrica, modificando e differenziando i tracciati viari, introducendo non solo nuove “funzioni” (tipicamente quelle commerciali), ma anche nuovi “spazi”, ovvero nuovi modi di percorrere e usare gli spazi, e quindi anche di guardare i “paesaggi urbani”.

Avarello, P. (2007). La costruzione sociale dei "paesaggi urbani". In Architettura&Città-Periferie? Paesaggi urbani in trasformazione (pp.13-14). Milano : Di Baio Editore spa.

La costruzione sociale dei "paesaggi urbani"

AVARELLO, Paolo
2007-01-01

Abstract

Il riferimento al paesaggio in termini di urbano, in relazione ai significati correnti dei termini, pone alcuni problemi. “Paesaggio” implica infatti la percezione visiva di uno spazio aperto, nell’insieme degli oggetti e delle relazioni tra gli oggetti che lo configurano. Al contrario, le rappresentazioni di insieme di una città sono sempre artificiose, mentre la naturale percezione visiva consente al massimo di cogliere alcuni oggetti e alcuni spazi che li mettono in relazione. Il “paesaggio urbano” può essere quindi solo una costruzione mentale, che monta in successione spazi, oggetti e relazioni.Compiamo tutti i giorni questa operazione, per trovare l’orientamento ai nostri movimenti. E il modo in cui ci orientiamo in città, piuttosto che nello spazio aperto, dà conto intuitivamente della differenza, così come le diverse difficoltà che troviamo nel muoverci in diversi ambienti urbani: è assai più facile perdersi per le calli veneziane, o per i vicoli di un centro storico, che non lungo i boulevards parigini o le avenidas di Madrid. E dove i “tessuti storici” sono stati lacerati dai boulevards ottocenteschi l’effetto di passaggio da un sistema di spazi e relazioni, cioè da un “paesaggio urbano”, all’altro può essere davvero straordinario.Più banali, o addirittura monotoni, appaiono invece i paesaggi tipici della città “moderna”, dove pure la vista trova orizzonti più ampi (più o meno con un raggio di 400 metri), caratterizzati in genere dall’iterazione di tipi edilizi e dalla conseguente ripetizione delle soluzioni urbanizzative – pensate per la dimensione e i tempi del trasporto veicolare – e quindi anche dalla omogeneità delle relazioni spaziali. Non a caso in questi ambiti – i grandi quartieri residenziali dal dopoguerra agli anni Settanta – molti tentativi di riqualificazione mirano ad alterarne almeno in parte la regolarità, tagliando i corpi di fabbrica, modificando e differenziando i tracciati viari, introducendo non solo nuove “funzioni” (tipicamente quelle commerciali), ma anche nuovi “spazi”, ovvero nuovi modi di percorrere e usare gli spazi, e quindi anche di guardare i “paesaggi urbani”.
2007
978-88-7499-095-5
Avarello, P. (2007). La costruzione sociale dei "paesaggi urbani". In Architettura&Città-Periferie? Paesaggi urbani in trasformazione (pp.13-14). Milano : Di Baio Editore spa.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/271006
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact