Lo studio mette in luce come l’area della piana che si estende da Ciampino fino alla valle della Caffarella, ben all’interno dell’area metropolitana di Roma, parte del bacino idrografico la cui zona di monte coincide con il lago di Albano, costituisca un’unità geomorfologica dove il reticolo fluviale eroso nel corso dell’ultimo glaciale sia totalmente obliterato. Lo studio di molte sezioni stratigrafiche ha permesso di ricostruire la natura della successione Olocenica che riempie il paleoreticolo wurmiano, costituita sia da depositi vulcanici, sia da depositi da lahar sineruttivi, sia depositi fluviali con marker stratigrafici datati alla base a 23+-7 ka (Peperino Albano auct.) ed al tetto a 5+-0.1 ka (paleosuolo) e ancora sopra dal ritrovamento di testimonianze archeologiche risalenti al Bronzo antico (3.7-3.5 ka).La presenza di depositi vulcanici primari e di lahars sineruttivi testimonia della persitente attività vulcanica freatomagmatica dal cratere di Albano, spiegando così sia la sua particolare conformazione batimetrica (è il lago craterico più profondo d’Italia con i suoi -173m ed una forma ad imbuto molto “fresca”) sia la presenza di iatus sedimentari nella successione dei depositi di riempimento evidenziata durante una campagna di perforazioni condotta nel lago dal progetto PALICLAS (Guilizzoni & Oldfield, 1996, Mem. First Ital. Idrobiol. 55).La presenza di depositi da lahar e fluviali le cui caratteristiche sedimentologiche indicano lo scorrimento di ingenti quantitativi di acqua assolutamente imparagonabili al regime attuale presente nella zona, sono da relazionarsi al ripetersi nel tempo di fenomeni di sollevamento ed abbassamento della tavola d’acqua in corrispondenza di processi endogeni che interessano il sistema idrotermale del cratere di Albano.Questa deduzione, associata alle informazioni di tipo geochimico e paleoecologico effettuate sulle carote del progetto PALICLAS che identificavano chiaramente cicli di oscillazioni del livello del lago, ci consente di ipotizzare che gli high stands del livello del lago abbiano contribuito ad alzare in quota il livello delle sorgenti, rendendo i torrenti stagionali, come lo sono adesso, dei corsi d’acqua perenni probabilmente caratterizzati da portate significative. I low stands invece portavano a condizioni identiche a quelle attuali, con ruscellamento superficiale stagionale.Le condizioni invece che portarono alla formazione di lahar vanno invece ricercate in fenomeni catastrofici di esondazione del lago.A questo proposito, la storia riportata da vari storici dell’antichità (da Plutarco a Tito Livio) circa l’improvvisa esondazione del lago nel IV secolo, evento che spinse poi i romani a scavare realmente il tunnel drenante che da allora regola il lago 70 m al di sotto del bordo più basso del cratere, suggerisce che questo tipo di evento sia possibile.Circa il motore dell’oscillazione l’ipotesi più probabile è fornita dal confronto con i molti sistemi vulcanici e geotermali attivi, dove repentine variazioni della tavola d’acqua anche di decine di metri si realizzano in corrispondenza sia di intrusioni magmatiche a livelli subsuperficiali, sia per variazione della pressione di poro in corrispondenza di fenomeni di self-sealing (Newhall et al., 2001, JGSP 56, 3-4) . A quest’ultimo proposito è da notare che la sorgente più probabile per i frequenti sciami sismici superficiali registrati nell’area (Amato et alii, JVGR 61, 225-237) è proprio il sistema geotermale presente

Funiciello, R., Barberi, F., Capelli, G., Carapezza, M.L., DE RITA, D., Giordano, G., et al. (2004). Pericolosità associata alla risalita di fluidi endogeni nei Colli Albani (Roma)..

Pericolosità associata alla risalita di fluidi endogeni nei Colli Albani (Roma).

FUNICIELLO, Renato;BARBERI, FRANCO;CAPELLI, Giuseppe;DE RITA, Donatella;GIORDANO, Guido;MATTEI, Massimo
2004-01-01

Abstract

Lo studio mette in luce come l’area della piana che si estende da Ciampino fino alla valle della Caffarella, ben all’interno dell’area metropolitana di Roma, parte del bacino idrografico la cui zona di monte coincide con il lago di Albano, costituisca un’unità geomorfologica dove il reticolo fluviale eroso nel corso dell’ultimo glaciale sia totalmente obliterato. Lo studio di molte sezioni stratigrafiche ha permesso di ricostruire la natura della successione Olocenica che riempie il paleoreticolo wurmiano, costituita sia da depositi vulcanici, sia da depositi da lahar sineruttivi, sia depositi fluviali con marker stratigrafici datati alla base a 23+-7 ka (Peperino Albano auct.) ed al tetto a 5+-0.1 ka (paleosuolo) e ancora sopra dal ritrovamento di testimonianze archeologiche risalenti al Bronzo antico (3.7-3.5 ka).La presenza di depositi vulcanici primari e di lahars sineruttivi testimonia della persitente attività vulcanica freatomagmatica dal cratere di Albano, spiegando così sia la sua particolare conformazione batimetrica (è il lago craterico più profondo d’Italia con i suoi -173m ed una forma ad imbuto molto “fresca”) sia la presenza di iatus sedimentari nella successione dei depositi di riempimento evidenziata durante una campagna di perforazioni condotta nel lago dal progetto PALICLAS (Guilizzoni & Oldfield, 1996, Mem. First Ital. Idrobiol. 55).La presenza di depositi da lahar e fluviali le cui caratteristiche sedimentologiche indicano lo scorrimento di ingenti quantitativi di acqua assolutamente imparagonabili al regime attuale presente nella zona, sono da relazionarsi al ripetersi nel tempo di fenomeni di sollevamento ed abbassamento della tavola d’acqua in corrispondenza di processi endogeni che interessano il sistema idrotermale del cratere di Albano.Questa deduzione, associata alle informazioni di tipo geochimico e paleoecologico effettuate sulle carote del progetto PALICLAS che identificavano chiaramente cicli di oscillazioni del livello del lago, ci consente di ipotizzare che gli high stands del livello del lago abbiano contribuito ad alzare in quota il livello delle sorgenti, rendendo i torrenti stagionali, come lo sono adesso, dei corsi d’acqua perenni probabilmente caratterizzati da portate significative. I low stands invece portavano a condizioni identiche a quelle attuali, con ruscellamento superficiale stagionale.Le condizioni invece che portarono alla formazione di lahar vanno invece ricercate in fenomeni catastrofici di esondazione del lago.A questo proposito, la storia riportata da vari storici dell’antichità (da Plutarco a Tito Livio) circa l’improvvisa esondazione del lago nel IV secolo, evento che spinse poi i romani a scavare realmente il tunnel drenante che da allora regola il lago 70 m al di sotto del bordo più basso del cratere, suggerisce che questo tipo di evento sia possibile.Circa il motore dell’oscillazione l’ipotesi più probabile è fornita dal confronto con i molti sistemi vulcanici e geotermali attivi, dove repentine variazioni della tavola d’acqua anche di decine di metri si realizzano in corrispondenza sia di intrusioni magmatiche a livelli subsuperficiali, sia per variazione della pressione di poro in corrispondenza di fenomeni di self-sealing (Newhall et al., 2001, JGSP 56, 3-4) . A quest’ultimo proposito è da notare che la sorgente più probabile per i frequenti sciami sismici superficiali registrati nell’area (Amato et alii, JVGR 61, 225-237) è proprio il sistema geotermale presente
2004
Funiciello, R., Barberi, F., Capelli, G., Carapezza, M.L., DE RITA, D., Giordano, G., et al. (2004). Pericolosità associata alla risalita di fluidi endogeni nei Colli Albani (Roma)..
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