Rousseau is the first modern writer to radically subvert the author/work relationship. There are two moves made by Rousseau in this regard: the first consists in the progressive effort to modify his existence to accord with his work; the second focuses on the unveiling of himself through a written confession that shows the intimate agreement between the work and its author. In order to attempt to test the originality and problematic nature of Rousseau's 'performativity', the article proposes a theoretical experiment in which his thought is located within an epistemological field delimited on the one hand by Descartes and on the other by Proust. This is because with the former Rousseau shares a philosophizing that draws its impetus and nourishment from withdrawal into oneself, from what is concealed in the interiority. The conscience in which Rousseau withdraws is the camera obscura of our memory, and the sole guarantor of the truths extracted from that laboratory is the subject, in a progressive dissolution of autobiography in the novel, within which the awareness grows that the act of writing contains an inevitable slide from resemblance to fiction. An outcome, this, that anticipates in many ways the Proustian model.

Rousseau è il primo scrittore moderno a sovvertire in modo radicale il rapporto autore/opera. Sono due le mosse operate da Rousseau a riguardo: la prima consiste nello sforzo progressivo di modificare la sua esistenza per accordarla con la propria opera; la seconda punta sullo svelamento di sé attraverso una confessione scritta che mostri l’intimo accordo tra l’opera e il suo autore. Per tentare di saggiare l’originalità e la problematicità della “performatività” di Rousseau, nell'articolo viene proposto un esperimento teorico nel quale il suo pensiero viene situato entro un campo epistemologico delimitato da un lato da Descartes e dall’altro da Proust. Ciò poiché con il primo Rousseau condivide un filosofare che trae la propria spinta e il proprio alimento dal ripiegamento su di sé, da quanto si cela nell’interiorità. La coscienza dove si ritira Rousseau è la camera oscura della nostra memoria e il solo garante delle verità estratte da quel laboratorio è il soggetto, in un dissolvimento progressivo dell’autobiografia nel romanzo, entro il quale cresce la consapevolezza che l’atto della scrittura contiene un inevitabile scivolamento dalla somiglianza alla finzione. Un esito, questo, che anticipa per più versi il modello proustiano.

Piazza, M. (2016). La camera oscura dell’interiorità e la reduplicazione di sé: Rousseau tra Descartes e Proust. PARADIGMI, 2016(2), 27-40.

La camera oscura dell’interiorità e la reduplicazione di sé: Rousseau tra Descartes e Proust

PIAZZA, MARCO
2016-01-01

Abstract

Rousseau is the first modern writer to radically subvert the author/work relationship. There are two moves made by Rousseau in this regard: the first consists in the progressive effort to modify his existence to accord with his work; the second focuses on the unveiling of himself through a written confession that shows the intimate agreement between the work and its author. In order to attempt to test the originality and problematic nature of Rousseau's 'performativity', the article proposes a theoretical experiment in which his thought is located within an epistemological field delimited on the one hand by Descartes and on the other by Proust. This is because with the former Rousseau shares a philosophizing that draws its impetus and nourishment from withdrawal into oneself, from what is concealed in the interiority. The conscience in which Rousseau withdraws is the camera obscura of our memory, and the sole guarantor of the truths extracted from that laboratory is the subject, in a progressive dissolution of autobiography in the novel, within which the awareness grows that the act of writing contains an inevitable slide from resemblance to fiction. An outcome, this, that anticipates in many ways the Proustian model.
2016
Rousseau è il primo scrittore moderno a sovvertire in modo radicale il rapporto autore/opera. Sono due le mosse operate da Rousseau a riguardo: la prima consiste nello sforzo progressivo di modificare la sua esistenza per accordarla con la propria opera; la seconda punta sullo svelamento di sé attraverso una confessione scritta che mostri l’intimo accordo tra l’opera e il suo autore. Per tentare di saggiare l’originalità e la problematicità della “performatività” di Rousseau, nell'articolo viene proposto un esperimento teorico nel quale il suo pensiero viene situato entro un campo epistemologico delimitato da un lato da Descartes e dall’altro da Proust. Ciò poiché con il primo Rousseau condivide un filosofare che trae la propria spinta e il proprio alimento dal ripiegamento su di sé, da quanto si cela nell’interiorità. La coscienza dove si ritira Rousseau è la camera oscura della nostra memoria e il solo garante delle verità estratte da quel laboratorio è il soggetto, in un dissolvimento progressivo dell’autobiografia nel romanzo, entro il quale cresce la consapevolezza che l’atto della scrittura contiene un inevitabile scivolamento dalla somiglianza alla finzione. Un esito, questo, che anticipa per più versi il modello proustiano.
Piazza, M. (2016). La camera oscura dell’interiorità e la reduplicazione di sé: Rousseau tra Descartes e Proust. PARADIGMI, 2016(2), 27-40.
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