Negli ultimi venti anni, la globalizzazione ha comportato notevoli cambiamenti nel sistema geopolitico europeo, e il cinema narrativo ha spesso affrontato le conseguenze economiche e culturali di queste trasformazioni. Anche il cinema delle donne ha contribuito a questa nuova configurazione del mondo, prestando particolare attenzione all’approccio transnazionale e alla rappresentazione delle questioni di gender. Molti film narrano le vite di soggetti diasporici e migranti di prima o seconda generazione (come ad esempio Depuis qu’Otar est parti, Da quando Otar è partito, Julie Bertuccelli, Georgia-Francia-Belgio, 2003, o i film diretti da Gurinder Chadha nel Regno Unito), o danno vita a un viaggio metaforico attraverso le frontiere fra le differenze, affrontando la messa in scena problematica dell’identità di gender e della soggettività nella cultura cosiddetta dominante (si pensi a A mi madre le gustan las mujeres, A mia madre piacciono le donne, Daniela Féjerman e Inés París, Spagna, 2002, o Hævnen, In un mondo migliore, Susanne Bier, Danimarca, 2010). Il saggio affronta l’articolazione del gender nella rappresentazione proposta da questi film delle differenze sociali, familiari e individuali. Soprattutto, si sottolinea come questi film contribuiscano all’idea del mondo come configurazione e narrazione, muovendosi fra la prospettiva transnazionale e quella eurocentrica. Inoltre, questa configurazione contribuisce alla messa in scena del gender come performance, e alla conseguente imbricazione fra la sfera intima, privata e quella pubblica. Si tratta di un cinema che propone una messa in scena del passato e del presente in quanto racconti, solitamente attraverso una visualizzazione complessa della soggettività, e in relazione a una riflessione sui generi cinematografici. I viaggi attraverso le differenze possono dunque essere sia fisici che metaforici, e rendono così problematica l’idea stessa di confine. Si procede dunque con l'analisi di un film come Regarde moi (Audrey Estrougo, Francia, 2007), che enfatizza lo scontro fra identità di gender e culturali all’interno di un quartiere degradato. La rappresentazione della vita quotidiana viene legata al gender, e produce una configurazione spazio-temporale frammentata, attraverso cui il film propone l’idea di confine come produzione discorsiva, intima e sociale al tempo stesso. Al contrario, l’attraversamento dei confini diviene letterale nei viaggi raccontati da Almanya: Willkommen in Deutschland (Almanya. La mia famiglia va in Germania, Yasemin e Nesrin Samdereli, Germania-Turchia, 2011); in questo caso, il passato storico viene trasformato in narrazione familiare epica e nostalgica, e le questioni riguardanti i conflitti culturali della contemporaneità vengono messe in scena attraverso una dialettica spaziale fra l’esotica Turchia e la Germania in quanto istituzione economica e politica.

DE PASCALIS, I.A. (2018). I confini dell’interiorità. Politiche formali e identitarie nel cinema europeo contemporaneo. In Veronica Pravadelli (a cura di), Il cinema delle donne contemporaneo tra scenari globali e contesti transnazionali (pp. 79-96). Milano-Udine : Mimesis.

I confini dell’interiorità. Politiche formali e identitarie nel cinema europeo contemporaneo

Ilaria Antonella De Pascalis
2018-01-01

Abstract

Negli ultimi venti anni, la globalizzazione ha comportato notevoli cambiamenti nel sistema geopolitico europeo, e il cinema narrativo ha spesso affrontato le conseguenze economiche e culturali di queste trasformazioni. Anche il cinema delle donne ha contribuito a questa nuova configurazione del mondo, prestando particolare attenzione all’approccio transnazionale e alla rappresentazione delle questioni di gender. Molti film narrano le vite di soggetti diasporici e migranti di prima o seconda generazione (come ad esempio Depuis qu’Otar est parti, Da quando Otar è partito, Julie Bertuccelli, Georgia-Francia-Belgio, 2003, o i film diretti da Gurinder Chadha nel Regno Unito), o danno vita a un viaggio metaforico attraverso le frontiere fra le differenze, affrontando la messa in scena problematica dell’identità di gender e della soggettività nella cultura cosiddetta dominante (si pensi a A mi madre le gustan las mujeres, A mia madre piacciono le donne, Daniela Féjerman e Inés París, Spagna, 2002, o Hævnen, In un mondo migliore, Susanne Bier, Danimarca, 2010). Il saggio affronta l’articolazione del gender nella rappresentazione proposta da questi film delle differenze sociali, familiari e individuali. Soprattutto, si sottolinea come questi film contribuiscano all’idea del mondo come configurazione e narrazione, muovendosi fra la prospettiva transnazionale e quella eurocentrica. Inoltre, questa configurazione contribuisce alla messa in scena del gender come performance, e alla conseguente imbricazione fra la sfera intima, privata e quella pubblica. Si tratta di un cinema che propone una messa in scena del passato e del presente in quanto racconti, solitamente attraverso una visualizzazione complessa della soggettività, e in relazione a una riflessione sui generi cinematografici. I viaggi attraverso le differenze possono dunque essere sia fisici che metaforici, e rendono così problematica l’idea stessa di confine. Si procede dunque con l'analisi di un film come Regarde moi (Audrey Estrougo, Francia, 2007), che enfatizza lo scontro fra identità di gender e culturali all’interno di un quartiere degradato. La rappresentazione della vita quotidiana viene legata al gender, e produce una configurazione spazio-temporale frammentata, attraverso cui il film propone l’idea di confine come produzione discorsiva, intima e sociale al tempo stesso. Al contrario, l’attraversamento dei confini diviene letterale nei viaggi raccontati da Almanya: Willkommen in Deutschland (Almanya. La mia famiglia va in Germania, Yasemin e Nesrin Samdereli, Germania-Turchia, 2011); in questo caso, il passato storico viene trasformato in narrazione familiare epica e nostalgica, e le questioni riguardanti i conflitti culturali della contemporaneità vengono messe in scena attraverso una dialettica spaziale fra l’esotica Turchia e la Germania in quanto istituzione economica e politica.
2018
978-88-5754-466-3
DE PASCALIS, I.A. (2018). I confini dell’interiorità. Politiche formali e identitarie nel cinema europeo contemporaneo. In Veronica Pravadelli (a cura di), Il cinema delle donne contemporaneo tra scenari globali e contesti transnazionali (pp. 79-96). Milano-Udine : Mimesis.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/331320
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