Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft (GAFAM) today not only represent the world’s biggest financial empire but exploiting the open architecture of the Web took control of the technologies that guide private consumption and dictate times and methods of the production and access to digital knowledge. GAFAM of course plays a central role in the present geopolitical scenario, spearheading the hegemony of the Anglosphere which threatens to make invisible or annihilate cultural and epistemic diversity. Its dominion is based on an ecosystem of devices, applications and media that on one side allow to create communities gathered around algorithms-driven experiences, and on the other penetrate each space of people’s private life – the real added value of these network giants. In this scenario, would it be possible to build a counter-narrative of the “digital revolution” designed by a monocultural private empire? Actually, the margins of the Global South are witnessing a number of initiatives and projects focused on the reappropriation of digital technology with the aim to protect and preserve local territories, languages and traditions. Biocultural multipolarity seems therefore the only possible answer to GAFAM’s global pedagogy. Southern margins need to articulate this response in two urgent steps: developing a critical digital literacy and revaluing the margins as a source of innovation and social change.

Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft (GAFAM) rappresentano oggi non solo il maggiore impero finanziario del pianeta, ma sfruttando l’architettura aperta e globale del world wide web hanno assunto il controllo delle tecnologie che dirigono i consumi e conformano tempi e modi della produzione e dell’accesso alla conoscenza digitale. Nello scenario geopolitico globale GAFAM rappresenta la punta emersa dell’egemonia dell’anglosfera, capace di rendere invisibile o annientare la diversità culturale ed epistemica. Il loro dominio si basa su un ecosistema di dispositivi, applicazioni e media che da un lato favoriscono l’immaginazione di comunità raccolte attorno un’esperienza del mondo dettata dagli algoritmi, dall’altra conquistano ogni spazio della vita privata degli individui, valore aggiunto alla ricchezza delle multinazionali della rete. Può esistere, in questo scenario, una contro-narrazione al dominio retorico “della rivoluzione digitale” così come disegnata da un impero privato e monoculturale? In realtà, soprattutto nei margini del Sud Globale, assistiamo al radicarsi di iniziative e progetti che hanno al centro la riappropriazione delle tecnologie in difesa della diversità dei territori, delle lingue e delle culture locali. Una possibile risposta alla paideia globale di GAFAM dunque passa per due urgenze: una literacy critica digitale e la rivalutazione dei margini come motore di innovazione e cambiamento.

Fiormonte, D., Sordi, P. (2019). Geopolitica della conoscenza digitale. Dal web aperto all’impero di GAFAM. @ DIGITCULT, 4(1), 21-36.

Geopolitica della conoscenza digitale. Dal web aperto all’impero di GAFAM

Domenico Fiormonte
Writing – Original Draft Preparation
;
2019-01-01

Abstract

Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft (GAFAM) today not only represent the world’s biggest financial empire but exploiting the open architecture of the Web took control of the technologies that guide private consumption and dictate times and methods of the production and access to digital knowledge. GAFAM of course plays a central role in the present geopolitical scenario, spearheading the hegemony of the Anglosphere which threatens to make invisible or annihilate cultural and epistemic diversity. Its dominion is based on an ecosystem of devices, applications and media that on one side allow to create communities gathered around algorithms-driven experiences, and on the other penetrate each space of people’s private life – the real added value of these network giants. In this scenario, would it be possible to build a counter-narrative of the “digital revolution” designed by a monocultural private empire? Actually, the margins of the Global South are witnessing a number of initiatives and projects focused on the reappropriation of digital technology with the aim to protect and preserve local territories, languages and traditions. Biocultural multipolarity seems therefore the only possible answer to GAFAM’s global pedagogy. Southern margins need to articulate this response in two urgent steps: developing a critical digital literacy and revaluing the margins as a source of innovation and social change.
2019
Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft (GAFAM) rappresentano oggi non solo il maggiore impero finanziario del pianeta, ma sfruttando l’architettura aperta e globale del world wide web hanno assunto il controllo delle tecnologie che dirigono i consumi e conformano tempi e modi della produzione e dell’accesso alla conoscenza digitale. Nello scenario geopolitico globale GAFAM rappresenta la punta emersa dell’egemonia dell’anglosfera, capace di rendere invisibile o annientare la diversità culturale ed epistemica. Il loro dominio si basa su un ecosistema di dispositivi, applicazioni e media che da un lato favoriscono l’immaginazione di comunità raccolte attorno un’esperienza del mondo dettata dagli algoritmi, dall’altra conquistano ogni spazio della vita privata degli individui, valore aggiunto alla ricchezza delle multinazionali della rete. Può esistere, in questo scenario, una contro-narrazione al dominio retorico “della rivoluzione digitale” così come disegnata da un impero privato e monoculturale? In realtà, soprattutto nei margini del Sud Globale, assistiamo al radicarsi di iniziative e progetti che hanno al centro la riappropriazione delle tecnologie in difesa della diversità dei territori, delle lingue e delle culture locali. Una possibile risposta alla paideia globale di GAFAM dunque passa per due urgenze: una literacy critica digitale e la rivalutazione dei margini come motore di innovazione e cambiamento.
Fiormonte, D., Sordi, P. (2019). Geopolitica della conoscenza digitale. Dal web aperto all’impero di GAFAM. @ DIGITCULT, 4(1), 21-36.
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