Il saggio prende in considerazione il rapporto “paziente-medico” e la rilevanza del consenso informato e consapevole del malato all’atto medico. Il principio di libera determinazione della persona può implicare il diritto di rifiutare o di far cessare le cure mediche, lasciando che la malattia faccia il suo corso anche fino alle estreme conseguenze. Il saggio mostra, tuttavia, che ancora a tutt’oggi non è stato predisposto un intervento normativo che faccia certezza nell’ambito di ciò che è consentito richiedere dal paziente e di ciò che è consentito fare al medico. Pertanto la soluzione dei conflitti è stata rimessa alla “ideologia” dei giudici che nell’affrontare problemi di vita o di morte hanno tracciato principi e orientamenti difformi lontani dal poter realizzare una qualche “certezza del diritto”. La lettura costituzionale ha condotto ad una mozione “soggettiva” o “oggettiva” della cura. La prima pone l’accento nella gerarchia dei valori sulla persona umana, così da vietare ogni strumentalizzazione della medesima per alcun fine eteronomo. L’attività medico-chirurgica deve svolgersi con il rispetto di alcune garanzie fondamentali della persona e, anzitutto, con il consenso del malato, parte del più ampio principio della libertà personale e si sostanzia appunto nell’esclusività del proprio essere fisico e psichico, in virtù del quale la persona non può essere sottoposta a coercizione nel corpo e nella mente (artt. 2, 3, 13, 32, co. 2, Cost.). Ma la giurisprudenza ha anche fatto propria una nozione “oggettiva” di salute giuridicamente protetta, propendendo per una diverse ricostruzione costituzionale del problema e ritenendo che la dicotomia fra libertà e dovere, fra bene individuale e bene collettivo, debba essere risolta a vantaggio del secondo. Ne consegue che il “bene salute”, circoscritto all’integrità fisica, costituisce sempre e comunque un qualcosa di indisponibile perché condizione per lo svolgimento di attività e di funzioni di interesse pubblico. Queste diverse letture della Carta Costituzionale e della normativa in vigore si sono riscontrate soprattutto nelle più recenti vicende quali quelle che hanno coinvolto Welby e la Englaro. Pertanto il saggio suggerisce un intervento normativo che faccia chiarezza sul punto e che sia in grado di attuare un’opera di mediazione che tenga conto di una società caratterizzata da pluralismo etico, di modo che il legislatore ragioni in termini costituzionali, avvalendosi di una virtuosa capacità di mediazione e non obliterando la laicità dello Stato in nome di “intenzioni spirituali”, di principi metagiuridici che il diritto non può permettersi.

D'Avack, L. (2010). Il consenso informato e le ideologie del giudice nel rapporto medico-paziente. In L. Palazzani (a cura di), Doveri e diritti alla fine della vita (pp. 127-152). ROMA : Studium.

Il consenso informato e le ideologie del giudice nel rapporto medico-paziente

D'AVACK, Lorenzo
2010-01-01

Abstract

Il saggio prende in considerazione il rapporto “paziente-medico” e la rilevanza del consenso informato e consapevole del malato all’atto medico. Il principio di libera determinazione della persona può implicare il diritto di rifiutare o di far cessare le cure mediche, lasciando che la malattia faccia il suo corso anche fino alle estreme conseguenze. Il saggio mostra, tuttavia, che ancora a tutt’oggi non è stato predisposto un intervento normativo che faccia certezza nell’ambito di ciò che è consentito richiedere dal paziente e di ciò che è consentito fare al medico. Pertanto la soluzione dei conflitti è stata rimessa alla “ideologia” dei giudici che nell’affrontare problemi di vita o di morte hanno tracciato principi e orientamenti difformi lontani dal poter realizzare una qualche “certezza del diritto”. La lettura costituzionale ha condotto ad una mozione “soggettiva” o “oggettiva” della cura. La prima pone l’accento nella gerarchia dei valori sulla persona umana, così da vietare ogni strumentalizzazione della medesima per alcun fine eteronomo. L’attività medico-chirurgica deve svolgersi con il rispetto di alcune garanzie fondamentali della persona e, anzitutto, con il consenso del malato, parte del più ampio principio della libertà personale e si sostanzia appunto nell’esclusività del proprio essere fisico e psichico, in virtù del quale la persona non può essere sottoposta a coercizione nel corpo e nella mente (artt. 2, 3, 13, 32, co. 2, Cost.). Ma la giurisprudenza ha anche fatto propria una nozione “oggettiva” di salute giuridicamente protetta, propendendo per una diverse ricostruzione costituzionale del problema e ritenendo che la dicotomia fra libertà e dovere, fra bene individuale e bene collettivo, debba essere risolta a vantaggio del secondo. Ne consegue che il “bene salute”, circoscritto all’integrità fisica, costituisce sempre e comunque un qualcosa di indisponibile perché condizione per lo svolgimento di attività e di funzioni di interesse pubblico. Queste diverse letture della Carta Costituzionale e della normativa in vigore si sono riscontrate soprattutto nelle più recenti vicende quali quelle che hanno coinvolto Welby e la Englaro. Pertanto il saggio suggerisce un intervento normativo che faccia chiarezza sul punto e che sia in grado di attuare un’opera di mediazione che tenga conto di una società caratterizzata da pluralismo etico, di modo che il legislatore ragioni in termini costituzionali, avvalendosi di una virtuosa capacità di mediazione e non obliterando la laicità dello Stato in nome di “intenzioni spirituali”, di principi metagiuridici che il diritto non può permettersi.
2010
978-88-382-4119-2
D'Avack, L. (2010). Il consenso informato e le ideologie del giudice nel rapporto medico-paziente. In L. Palazzani (a cura di), Doveri e diritti alla fine della vita (pp. 127-152). ROMA : Studium.
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