Il saggio, partendo dalla presentazione di un esperienza professionale condotta dall'autore all'interno di un contesto clinico, affronta la questione del complesso e articolato rapporto della Pedagogia Speciale, intesa come scienza di confine o d'intersezione, con le scienze mediche, psicologiche e riabilitative. Il nodo originale presentato dall'autore è rappresentato dalla convinzione che il pedagogista svolga una funzione di raccordo imprescindibile tra mondo della clinica e mondo dell'educazione, che il suo compito non sia quello di trasformarsi in clinico (come sostengono i fautori della pedagogia clinica) ma debba conoscere la clinica per: a) concorrere, nell'ambito della ricerca e della riflessione ermeneutica, con i propri saperi specifici pedagogici allo studio della clinica per ciò che attiene gli intrecci epistemologici che le scienze pedagogiche intessono con altri ambiti scientifici nel perseguire i propri fini educativi; b) contribuire alla comprensione della clinica in virtù di una conoscenza diretta dei fenomeni osservati e indagati, ponendosi in rapporto sinergico con le altre professionalità implicate nell’aiuto agli allievi con difficoltà di apprendimento. Nel caso della valutazione del soggetto con disabilità, ciò si esplica nell’aiutare concretamente gli insegnanti e la famiglia a tradurre in schemi applicativi educativo-didattici le indicazioni emerse nella diagnosi funzionale, le quali sono sempre da intendersi come linee guida del profilo di funzionamento dell'allievo e non come codici identificativi del deficit o del disturbo.
Bocci, F. (2007). Il pedagogista "speciale" nel contesto clinico. Analisi di una esperienza sul campo. In L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Trent’anni di inclusione nella scuola italiana (pp. 355-376). Trento : Edizioni Centro Studi Erickson.
Il pedagogista "speciale" nel contesto clinico. Analisi di una esperienza sul campo
BOCCI, FABIO
2007-01-01
Abstract
Il saggio, partendo dalla presentazione di un esperienza professionale condotta dall'autore all'interno di un contesto clinico, affronta la questione del complesso e articolato rapporto della Pedagogia Speciale, intesa come scienza di confine o d'intersezione, con le scienze mediche, psicologiche e riabilitative. Il nodo originale presentato dall'autore è rappresentato dalla convinzione che il pedagogista svolga una funzione di raccordo imprescindibile tra mondo della clinica e mondo dell'educazione, che il suo compito non sia quello di trasformarsi in clinico (come sostengono i fautori della pedagogia clinica) ma debba conoscere la clinica per: a) concorrere, nell'ambito della ricerca e della riflessione ermeneutica, con i propri saperi specifici pedagogici allo studio della clinica per ciò che attiene gli intrecci epistemologici che le scienze pedagogiche intessono con altri ambiti scientifici nel perseguire i propri fini educativi; b) contribuire alla comprensione della clinica in virtù di una conoscenza diretta dei fenomeni osservati e indagati, ponendosi in rapporto sinergico con le altre professionalità implicate nell’aiuto agli allievi con difficoltà di apprendimento. Nel caso della valutazione del soggetto con disabilità, ciò si esplica nell’aiutare concretamente gli insegnanti e la famiglia a tradurre in schemi applicativi educativo-didattici le indicazioni emerse nella diagnosi funzionale, le quali sono sempre da intendersi come linee guida del profilo di funzionamento dell'allievo e non come codici identificativi del deficit o del disturbo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.