L’iconografia del progetto di paesaggio offre sempre più spesso un’immagine ricorrente: praterie fiorite di erbe spontanee colonizzano gli spazi pubblici delle città, secondo un nuovo modello estetico che valorizza la selvaticità in luogo di assetti controllati di piante coltivate. Si tratta di immagini oggi assai diffuse, che fino a qualche anno fa si limitavano a poche esperienze pioniere. Occorre stare in guardia da una deriva molto insidiosa verso un sillogismo che dal “naturale” conduce al “bello” o all’“utile”, passando per il “buono” o il “giusto”, sulla scorta di un determinismo ecologico che applica alla scala dello spazio pubblico alcuni degli automatismi progettuali prodottisi trent’anni fa alla scala territoriale da certe interpretazioni meccaniche del Design with Nature di Ian McHarg. Con particolare riferimento ai contesti periferici residenziali, occorre domandarsi perché e come offrire agli abitanti ambienti con una decisa connotazione naturale che siano esteticamente, culturalmente e fisicamente fruibili. Appurato che la presenza di sacche più o meno estese di ambienti naturali funziona benissimo ai fini delle performance ecologiche delle città, è interessante (e doveroso) chiedersi, dal punto di vista del progettista, come in questi contesti gli abitanti possano interagire con la natura urbana in termini percettivi e funzionali. Sorgono due domande: a)come si abitano queste riserve di naturalità? b) quali codici estetici e spaziali propongono?

Metta, A. (2013). Il progetto della friche per le periferie residenziali. In M.A. DE MATTEIS M (a cura di), Nuove qualità del vivere in periferia. Percorsi di rigenerazione nei quartieri residenziali pubblici (pp. 57-64). Monfalcone (GO) : Edicom edizioni.

Il progetto della friche per le periferie residenziali

METTA, ANNALISA
2013-01-01

Abstract

L’iconografia del progetto di paesaggio offre sempre più spesso un’immagine ricorrente: praterie fiorite di erbe spontanee colonizzano gli spazi pubblici delle città, secondo un nuovo modello estetico che valorizza la selvaticità in luogo di assetti controllati di piante coltivate. Si tratta di immagini oggi assai diffuse, che fino a qualche anno fa si limitavano a poche esperienze pioniere. Occorre stare in guardia da una deriva molto insidiosa verso un sillogismo che dal “naturale” conduce al “bello” o all’“utile”, passando per il “buono” o il “giusto”, sulla scorta di un determinismo ecologico che applica alla scala dello spazio pubblico alcuni degli automatismi progettuali prodottisi trent’anni fa alla scala territoriale da certe interpretazioni meccaniche del Design with Nature di Ian McHarg. Con particolare riferimento ai contesti periferici residenziali, occorre domandarsi perché e come offrire agli abitanti ambienti con una decisa connotazione naturale che siano esteticamente, culturalmente e fisicamente fruibili. Appurato che la presenza di sacche più o meno estese di ambienti naturali funziona benissimo ai fini delle performance ecologiche delle città, è interessante (e doveroso) chiedersi, dal punto di vista del progettista, come in questi contesti gli abitanti possano interagire con la natura urbana in termini percettivi e funzionali. Sorgono due domande: a)come si abitano queste riserve di naturalità? b) quali codici estetici e spaziali propongono?
2013
978-88-96386-30-9
Metta, A. (2013). Il progetto della friche per le periferie residenziali. In M.A. DE MATTEIS M (a cura di), Nuove qualità del vivere in periferia. Percorsi di rigenerazione nei quartieri residenziali pubblici (pp. 57-64). Monfalcone (GO) : Edicom edizioni.
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