Recently, a very celebrated return to the neighbourhood has occurred. In the contemporary narrative of the ‘global’ -yet ‘divided’- city, the neighbourhood occupies a central position. New labels testify the need of produce sounder and better description of the neighbourhoods. One may wonder what definitions like gentrified areas, gated communities, or quartiers en crise have in common; or what the cultural districts, the creative hub, the ‘sustainable’ living actually promise. Apart from differences in purpose and ideology, they all revert to a recombination of social and physical units. What I am suggesting here is that most of these current definitions propose a plain and peaceful arrangement between contrasting images of society and space. They tend to assert an order where there is actually a field of conflictual practices. On the contrary, the neighbourhood requires an approach oriented to describe these practices, and retrieve from these hypotheses about the resultant order. The probing of the nature of neighbourhoods can not be severed from the inquiry onto the nature of the city. Urban reserchers have increasingly enlarged the list of relevant explanatory factors, warning about unfruitful generalization, since the world of cities is increasingly interdependent; urban living in particular is not anymore separated from the rural culture; urban lifestyles dominate the whole culture etc. Even more complex, cities do not seem to offer stable conditions on which concentrate the analytical effort; conditions like mobility, exchanges and transitoriety being crucial stakes to any possible description. However, neighbourhoods have heavily suffered from the rhetoric of global change and flows. On one hand, they are celebrated as the creative results of fashion design, attempting to contribute towards the marketing of new identities. On the other hand, neighbourhoods are stigmatised as contexts of “relegation”, the hidden area of marginality. Ordinary neighbourhoods are quite blurred in this clash of extremes. In this context, it comes as no surprise the emphasis placed on the identity of places: the design of the new building complexes and open spaces has been overloaded with expectations and promises, appearing almost as a thaumaturgical device against the wounds of cities. Even building companies have grasped the opportunities of marketing new styles of living either gentrifying former working class neighbourhoods; or building new ideal locations. A new romanticism has sprung, expecting new neighbourhoods and plazas to reconcile history and modernity, differences and public sphere. Such profound ideological discourse permeates not only building practices, but also broader policy frameworks. The mythical approach to design surfaces also in the EU’s urban policies, the UK urban renaissance framework, the US new urbanism. However, such rediscovering assumes all but too easy the “natural” deployment of the socialisation process. The communitarian effect of living together is not granted, if ever was. Most of the socialization took place in the streets, or in the secular struggle for expanding the public sphere, both occurrence heavily influenced by the working experience, rather than the neighborhood. Both the urban and the political public space are subjected to a profound restructutation, and the contemporary city is questioned precisely because is not anymore “producing society”.

Questa raccolta di saggi descrive il cambiamento della città attraverso i suoi quartieri ; tratta cioè di luoghi specifici e particolari traiettorie di cambiamento. Alcuni anni fa, Doreen Massey (2005) ha discusso le contemporanee immagini di spazio e tempo, e le idee e narrazioni che ne conseguono; affermando in conclusione che non esiste uno spazio, o un luogo, né un tempo privilegiato. Luoghi, temporalità e processi di cambiamenti sono appunto il prodotto d’interazioni sociali; sono frutto di processi diversi, e il carattere contestuale del cambiamento fonda una pluralità di percorsi e narrazioni costitutivamente eterogenea; e sono costruiti socialmente, un’impresa mai definitivamente compiuta, in un intreccio di storie in simultaneo divenire (ivi). Si capirà, allora, l’interesse per la città vista dalla prospettiva del quartiere, per un aggregato regolato visto da dove il tempo e lo spazio si riconoscono l’uno nell’altro nella costruzione di una vicenda comune. In questa prospettiva, si privilegiano alcuni punti di vista: quello della vita quotidiana, senza dubbio; e dei legami sociali tradizionali scossi dalla modernizzazione prima, dalla globalizzazione poi. E, infine, dell’agire politico locale, al tempo stesso centrale nelle pratiche sociali e residuale rispetto alle dinamiche complessive. I capitoli che seguono, scritti in prevalenza da giovani ricercatori di diversa provenienza (antropologia, architettura, psicologia, sociologia, storia e urbanistica), seguono inevitabilmente linee di ricerca di diverso orientamento disciplinare, pur con alcuni punti in comune: cercano nuove descrizioni della morfologia degli spazi, secondo una tradizione che in Italia ha avuto una recente fortuna, rinnovando le analisi urbanistiche e geografiche; ricostruiscono le pratiche sociali, i modi di uso e i rapporti di convivenza a livello sociale, con una dichiarata attenzione etnografica alle pratiche e alle culture locali; esaminano le forme di mediazione e di mobilitazione politica, e la gestione locale che le leadership locali, non ancora sparite del tutto, cercano di fare degli effetti delle politiche pubbliche. Più che una sintesi, dunque, il valore di questa ricerca è di riaprire un ambito di studio che sembra esser stato seppellito sotto frettolose liquidazioni. E che altrettanto frettolosamente potrebbe essere rivisitato. Ancora una volta, le facili dicotomie prevalenti sul declino sociale oscurano la ricerca più umile e paziente– d’interpretazioni che sappiano essere coerenti con il quadro dei fenomeni e capaci di dialogare con le rappresentazioni dei soggetti. Forse il primo risultato, e il più importante, è suggerire che il tema del quartiere resiste, e occupa una certa rilevanza nelle fenomenologie del cambiamento metropolitano, nelle pratiche degli abitanti, nei comportamenti degli attori politici. Questo lavoro inoltre introduce diverse ‘famiglie’ di quartieri, situazioni distinte e forse tipizzabili di convivenza locale. Ciascuna con problemi e con potenzialità, alcune con risorse e opportunità. Più avanti descriveremo alcuni fenomeni emergenti che sembrano mostrare degli aspetti innovativi: la creazione di quartieri di nicchia, per esempio, o la improvvisa conversione di vecchi comuni di periferia in nuovi borghi metropolitani. E le diverse configurazioni che nel frattempo assumono i quartieri consolidati della ormai logora (come fenomeno, e come descrizione) periferia delle città, siano essi pubblici o di nuova immigrazione. In secondo luogo, dopo anni di sperimentazione delle azioni locali di quartiere, queste riflessioni indicano la necessità di ampliare il quadro di riferimento delle politiche urbane, interrogando con maggior respiro l’orizzonte evolutivo del neoliberismo e la sua ibridazione locale (vedi anche i saggi in Cremaschi, 2008, a cura di). C’è una storia dietro ogni formazione sociale e, nelle debite proporzioni, dietro ogni quartiere. Conoscerla e ricostruirla sono condizione per capire le possibilità di trasformazione locale. La storia locale, la rappresentazione del passato (e insieme del futuro) hanno una forza e un’inerzia straordinaria e trascinante. Inoltre, i saggi che seguono suggeriscono di approfondire la dimensione delle pratiche sociali, che non solo danno senso e sostengono le politiche locali e le reti locali degli attori della politica; ma che costituiscono un volano resiliente e duraturo della vita sociale locale. La tenuta della coesione sociale è un problema delle nostre società, ma non implica necessariamente che ogni organizzazione sociale sia fragile. Riconoscere gli elementi di resistenza e quelli di crisi può aiutare a definire politiche meno generiche. In definitiva, questo libro tratta del cambiamento. E non del cambiamento di grana minuta che avviene localmente, o quello che riguarda solo la vita personale e gli orientamenti culturali. Ma, pur attraverso queste lenti (e con i limiti conseguenti), il cambiamento delle società urbane. Con il risultato di evidenziare i ritmi diversi, le rielaborazioni culturali, il campo delle differenze: cambiamenti lenti, a volte ‘dolci’, ma con subitanei accelerazioni (come quella che stiamo attraversando); cambiamenti spesso attesi, ma che offrono non di rado conseguenze non intuitive, rielaborate a volte con esiti insospettabili. Sembra allora possibile affermare che – con un po’ di sorpresa – questo tema non è abbastanza curato da studiosi e scienziati sociali, che lo venerano ma raramente lo criticano. Ciascuno di noi è incline a sottostimare i difetti del proprio lavoro, e non sarà chi scrive a sfuggire a questa regola. Ma questa raccolta, pur iniziale e con tutti le approssimazioni proprie delle raccolte di diversa provenienza, mi sembra capace di affrontare il tema trascurato delle forme concrete del cambiamento, della società e della città, del territorio, cosi come sono intese localmente; e le combinazioni tra i grandi eventi, le regolazioni locali e le forme di territorializzazione. A me sembra che concentrarsi su questo aspetto sia una delle necessità di studio dei prossimi anni.

Cremaschi, M. (2008). Narrazioni e cambiamento dei quartieri. In M. Cremaschi (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia (pp. 7-29). MILANO : FrancoAngeli.

Narrazioni e cambiamento dei quartieri

CREMASCHI, Marco
2008-01-01

Abstract

Recently, a very celebrated return to the neighbourhood has occurred. In the contemporary narrative of the ‘global’ -yet ‘divided’- city, the neighbourhood occupies a central position. New labels testify the need of produce sounder and better description of the neighbourhoods. One may wonder what definitions like gentrified areas, gated communities, or quartiers en crise have in common; or what the cultural districts, the creative hub, the ‘sustainable’ living actually promise. Apart from differences in purpose and ideology, they all revert to a recombination of social and physical units. What I am suggesting here is that most of these current definitions propose a plain and peaceful arrangement between contrasting images of society and space. They tend to assert an order where there is actually a field of conflictual practices. On the contrary, the neighbourhood requires an approach oriented to describe these practices, and retrieve from these hypotheses about the resultant order. The probing of the nature of neighbourhoods can not be severed from the inquiry onto the nature of the city. Urban reserchers have increasingly enlarged the list of relevant explanatory factors, warning about unfruitful generalization, since the world of cities is increasingly interdependent; urban living in particular is not anymore separated from the rural culture; urban lifestyles dominate the whole culture etc. Even more complex, cities do not seem to offer stable conditions on which concentrate the analytical effort; conditions like mobility, exchanges and transitoriety being crucial stakes to any possible description. However, neighbourhoods have heavily suffered from the rhetoric of global change and flows. On one hand, they are celebrated as the creative results of fashion design, attempting to contribute towards the marketing of new identities. On the other hand, neighbourhoods are stigmatised as contexts of “relegation”, the hidden area of marginality. Ordinary neighbourhoods are quite blurred in this clash of extremes. In this context, it comes as no surprise the emphasis placed on the identity of places: the design of the new building complexes and open spaces has been overloaded with expectations and promises, appearing almost as a thaumaturgical device against the wounds of cities. Even building companies have grasped the opportunities of marketing new styles of living either gentrifying former working class neighbourhoods; or building new ideal locations. A new romanticism has sprung, expecting new neighbourhoods and plazas to reconcile history and modernity, differences and public sphere. Such profound ideological discourse permeates not only building practices, but also broader policy frameworks. The mythical approach to design surfaces also in the EU’s urban policies, the UK urban renaissance framework, the US new urbanism. However, such rediscovering assumes all but too easy the “natural” deployment of the socialisation process. The communitarian effect of living together is not granted, if ever was. Most of the socialization took place in the streets, or in the secular struggle for expanding the public sphere, both occurrence heavily influenced by the working experience, rather than the neighborhood. Both the urban and the political public space are subjected to a profound restructutation, and the contemporary city is questioned precisely because is not anymore “producing society”.
2008
9788856802856
Questa raccolta di saggi descrive il cambiamento della città attraverso i suoi quartieri ; tratta cioè di luoghi specifici e particolari traiettorie di cambiamento. Alcuni anni fa, Doreen Massey (2005) ha discusso le contemporanee immagini di spazio e tempo, e le idee e narrazioni che ne conseguono; affermando in conclusione che non esiste uno spazio, o un luogo, né un tempo privilegiato. Luoghi, temporalità e processi di cambiamenti sono appunto il prodotto d’interazioni sociali; sono frutto di processi diversi, e il carattere contestuale del cambiamento fonda una pluralità di percorsi e narrazioni costitutivamente eterogenea; e sono costruiti socialmente, un’impresa mai definitivamente compiuta, in un intreccio di storie in simultaneo divenire (ivi). Si capirà, allora, l’interesse per la città vista dalla prospettiva del quartiere, per un aggregato regolato visto da dove il tempo e lo spazio si riconoscono l’uno nell’altro nella costruzione di una vicenda comune. In questa prospettiva, si privilegiano alcuni punti di vista: quello della vita quotidiana, senza dubbio; e dei legami sociali tradizionali scossi dalla modernizzazione prima, dalla globalizzazione poi. E, infine, dell’agire politico locale, al tempo stesso centrale nelle pratiche sociali e residuale rispetto alle dinamiche complessive. I capitoli che seguono, scritti in prevalenza da giovani ricercatori di diversa provenienza (antropologia, architettura, psicologia, sociologia, storia e urbanistica), seguono inevitabilmente linee di ricerca di diverso orientamento disciplinare, pur con alcuni punti in comune: cercano nuove descrizioni della morfologia degli spazi, secondo una tradizione che in Italia ha avuto una recente fortuna, rinnovando le analisi urbanistiche e geografiche; ricostruiscono le pratiche sociali, i modi di uso e i rapporti di convivenza a livello sociale, con una dichiarata attenzione etnografica alle pratiche e alle culture locali; esaminano le forme di mediazione e di mobilitazione politica, e la gestione locale che le leadership locali, non ancora sparite del tutto, cercano di fare degli effetti delle politiche pubbliche. Più che una sintesi, dunque, il valore di questa ricerca è di riaprire un ambito di studio che sembra esser stato seppellito sotto frettolose liquidazioni. E che altrettanto frettolosamente potrebbe essere rivisitato. Ancora una volta, le facili dicotomie prevalenti sul declino sociale oscurano la ricerca più umile e paziente– d’interpretazioni che sappiano essere coerenti con il quadro dei fenomeni e capaci di dialogare con le rappresentazioni dei soggetti. Forse il primo risultato, e il più importante, è suggerire che il tema del quartiere resiste, e occupa una certa rilevanza nelle fenomenologie del cambiamento metropolitano, nelle pratiche degli abitanti, nei comportamenti degli attori politici. Questo lavoro inoltre introduce diverse ‘famiglie’ di quartieri, situazioni distinte e forse tipizzabili di convivenza locale. Ciascuna con problemi e con potenzialità, alcune con risorse e opportunità. Più avanti descriveremo alcuni fenomeni emergenti che sembrano mostrare degli aspetti innovativi: la creazione di quartieri di nicchia, per esempio, o la improvvisa conversione di vecchi comuni di periferia in nuovi borghi metropolitani. E le diverse configurazioni che nel frattempo assumono i quartieri consolidati della ormai logora (come fenomeno, e come descrizione) periferia delle città, siano essi pubblici o di nuova immigrazione. In secondo luogo, dopo anni di sperimentazione delle azioni locali di quartiere, queste riflessioni indicano la necessità di ampliare il quadro di riferimento delle politiche urbane, interrogando con maggior respiro l’orizzonte evolutivo del neoliberismo e la sua ibridazione locale (vedi anche i saggi in Cremaschi, 2008, a cura di). C’è una storia dietro ogni formazione sociale e, nelle debite proporzioni, dietro ogni quartiere. Conoscerla e ricostruirla sono condizione per capire le possibilità di trasformazione locale. La storia locale, la rappresentazione del passato (e insieme del futuro) hanno una forza e un’inerzia straordinaria e trascinante. Inoltre, i saggi che seguono suggeriscono di approfondire la dimensione delle pratiche sociali, che non solo danno senso e sostengono le politiche locali e le reti locali degli attori della politica; ma che costituiscono un volano resiliente e duraturo della vita sociale locale. La tenuta della coesione sociale è un problema delle nostre società, ma non implica necessariamente che ogni organizzazione sociale sia fragile. Riconoscere gli elementi di resistenza e quelli di crisi può aiutare a definire politiche meno generiche. In definitiva, questo libro tratta del cambiamento. E non del cambiamento di grana minuta che avviene localmente, o quello che riguarda solo la vita personale e gli orientamenti culturali. Ma, pur attraverso queste lenti (e con i limiti conseguenti), il cambiamento delle società urbane. Con il risultato di evidenziare i ritmi diversi, le rielaborazioni culturali, il campo delle differenze: cambiamenti lenti, a volte ‘dolci’, ma con subitanei accelerazioni (come quella che stiamo attraversando); cambiamenti spesso attesi, ma che offrono non di rado conseguenze non intuitive, rielaborate a volte con esiti insospettabili. Sembra allora possibile affermare che – con un po’ di sorpresa – questo tema non è abbastanza curato da studiosi e scienziati sociali, che lo venerano ma raramente lo criticano. Ciascuno di noi è incline a sottostimare i difetti del proprio lavoro, e non sarà chi scrive a sfuggire a questa regola. Ma questa raccolta, pur iniziale e con tutti le approssimazioni proprie delle raccolte di diversa provenienza, mi sembra capace di affrontare il tema trascurato delle forme concrete del cambiamento, della società e della città, del territorio, cosi come sono intese localmente; e le combinazioni tra i grandi eventi, le regolazioni locali e le forme di territorializzazione. A me sembra che concentrarsi su questo aspetto sia una delle necessità di studio dei prossimi anni.
Cremaschi, M. (2008). Narrazioni e cambiamento dei quartieri. In M. Cremaschi (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia (pp. 7-29). MILANO : FrancoAngeli.
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