Le lettere della vecchiaia di Jung sono una testimonianza straordinaria delle sue meditazioni sul metodo e sul senso della psicologia, come intellettuale cosmopolita, che riflette sulla catastrofe dell’identità e dei valori, dopo la seconda guerra mondiale. Un argomento cruciale è l’angoscia. Sollecitato a commentare Søren Kierkegaard, Jung introduce con ironia nel cuore di un problema metapsicologico e filosofico essenziale, la definizione dell’io nello specchio dell’“immagine e somiglianza con Dio”. Né Kierkegaard né Nietzsche né Heidegger lo convincono. Mentre l’idea filosofica di angoscia indica una ferita segreta dell’identità, l’io dei filosofi, smascherato, si riduce a un vuoto idolo, spavaldo e depresso. L’angoscia autentica segna la nascita, la crescita, il fallimento o il successo dell’identità dell’uomo, di fronte al suo unico specchio, al suo interlocutore terribile: l’inconscio collettivo, che gli si manifesta con l’onnipotenza propria di Dio. “Sono angosciato” è un eufemismo. L’angoscia è il soggetto, è l’affetto che obbliga l’uomo ad accollarsi il compito più proprio, l’umanizzazione. Basta comprendere l’insegnamento biblico: Ecce timor Domini, ipsa est sapientia.
Procesi, L. (2007). Gott und das Unbewusste: Das Verhältnis von Psychoanalyse und Religion in C. G. Jungs letztem Brief. In Religionswissenschaft. Standortbestimmungen im wissenschaftlichen Feld (pp. 145-160). Marburg : Diagonal verlag.
Gott und das Unbewusste: Das Verhältnis von Psychoanalyse und Religion in C. G. Jungs letztem Brief
PROCESI, Lidia
2007-01-01
Abstract
Le lettere della vecchiaia di Jung sono una testimonianza straordinaria delle sue meditazioni sul metodo e sul senso della psicologia, come intellettuale cosmopolita, che riflette sulla catastrofe dell’identità e dei valori, dopo la seconda guerra mondiale. Un argomento cruciale è l’angoscia. Sollecitato a commentare Søren Kierkegaard, Jung introduce con ironia nel cuore di un problema metapsicologico e filosofico essenziale, la definizione dell’io nello specchio dell’“immagine e somiglianza con Dio”. Né Kierkegaard né Nietzsche né Heidegger lo convincono. Mentre l’idea filosofica di angoscia indica una ferita segreta dell’identità, l’io dei filosofi, smascherato, si riduce a un vuoto idolo, spavaldo e depresso. L’angoscia autentica segna la nascita, la crescita, il fallimento o il successo dell’identità dell’uomo, di fronte al suo unico specchio, al suo interlocutore terribile: l’inconscio collettivo, che gli si manifesta con l’onnipotenza propria di Dio. “Sono angosciato” è un eufemismo. L’angoscia è il soggetto, è l’affetto che obbliga l’uomo ad accollarsi il compito più proprio, l’umanizzazione. Basta comprendere l’insegnamento biblico: Ecce timor Domini, ipsa est sapientia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.