A chi chieda se la pianificazione territoriale sostenga lo sviluppo locale si possono fornire diverse risposte. Va subito precisato che i due termini indicano preoccupazioni diverse, la prima sull’assetto e l’organizzazione; il secondo, sul cambiamento e le priorità. E poi ricordato che condividono una specifica mescolanza di elementi analitici e normativi: ciò che si trova in una situazione territoriale e nel suo divenire è, infatti, fortemente condizionato da quanto si ritenga debba organizzarsi e cambiare. Infine, va detto che il matrimonio tra piano e sviluppo non è mai stato consumato del tutto. Per lo meno, non tra una pianificazione che stenta a liberarsi dalla matrice tecnocratica e funzionalista che le ha dato un briciolo di gloria nel periodo centrale del ‘900; e un’idea di sviluppo locale insistentemente focalizzata sulle ricadute attese, in modo fin troppo ottimistico, dall’approccio olistico-comprensivo, garantito in modo un po’ ingenuo dal riferimento al territorio o al capitale sociale. Due narrative profondamente diverse, dunque, che non si sono mai integralmente congiunte pur condividendo il riferimento, per esempio, alla metafora organicista, che ha costituito per tutti e due una comoda soluzione dei maggiori problemi interpretativi, come pure un salvacondotto per celare maggiori conflitti tra attori e gruppi sull’uso delle risorse. Qui si suggerisce che – poiché sia l’uno che l’altro termine incorrono in un momento di ridefinizione – la momentanea sospensione del quesito non sia inopportuna, e consenta invece un’opportuna ricostruzione critica delle rispettive narrative. Sembra inoltre venuto il momento di mettere in tensione il significato della narrativa che si è venuta sedimentando intorno alla due nozioni. Un ripensamento, come suggerisce questo volume, può servire a prendere le distanze dalla forte costituzione normativa che contraddistingue i due campi e a rintracciare qualche genuino elemento di interesse comune. In particolare, nelle diverse connotazioni che piano e sviluppo stanno assumendo nelle pratiche, forse non del tutto emerse ancora, ma che certo distinguono orientamenti significativamente diversi.
Cremaschi, M. (2012). Piano e sviluppo locale: un intreccio da dipanare. In V.F. Daniela De Leo (a cura di), Attualità dello sviluppo. Riflessioni in pratica per costruire progetti locali di qualità. MILANO : FrancoAngeli.
Piano e sviluppo locale: un intreccio da dipanare
CREMASCHI, Marco
2012-01-01
Abstract
A chi chieda se la pianificazione territoriale sostenga lo sviluppo locale si possono fornire diverse risposte. Va subito precisato che i due termini indicano preoccupazioni diverse, la prima sull’assetto e l’organizzazione; il secondo, sul cambiamento e le priorità. E poi ricordato che condividono una specifica mescolanza di elementi analitici e normativi: ciò che si trova in una situazione territoriale e nel suo divenire è, infatti, fortemente condizionato da quanto si ritenga debba organizzarsi e cambiare. Infine, va detto che il matrimonio tra piano e sviluppo non è mai stato consumato del tutto. Per lo meno, non tra una pianificazione che stenta a liberarsi dalla matrice tecnocratica e funzionalista che le ha dato un briciolo di gloria nel periodo centrale del ‘900; e un’idea di sviluppo locale insistentemente focalizzata sulle ricadute attese, in modo fin troppo ottimistico, dall’approccio olistico-comprensivo, garantito in modo un po’ ingenuo dal riferimento al territorio o al capitale sociale. Due narrative profondamente diverse, dunque, che non si sono mai integralmente congiunte pur condividendo il riferimento, per esempio, alla metafora organicista, che ha costituito per tutti e due una comoda soluzione dei maggiori problemi interpretativi, come pure un salvacondotto per celare maggiori conflitti tra attori e gruppi sull’uso delle risorse. Qui si suggerisce che – poiché sia l’uno che l’altro termine incorrono in un momento di ridefinizione – la momentanea sospensione del quesito non sia inopportuna, e consenta invece un’opportuna ricostruzione critica delle rispettive narrative. Sembra inoltre venuto il momento di mettere in tensione il significato della narrativa che si è venuta sedimentando intorno alla due nozioni. Un ripensamento, come suggerisce questo volume, può servire a prendere le distanze dalla forte costituzione normativa che contraddistingue i due campi e a rintracciare qualche genuino elemento di interesse comune. In particolare, nelle diverse connotazioni che piano e sviluppo stanno assumendo nelle pratiche, forse non del tutto emerse ancora, ma che certo distinguono orientamenti significativamente diversi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.