Come documentano molti saggi contenuti in questo volume, il significato che attribuiamo al nostro essere uomini e donne, appartenenti ad una certa etnia e generazione, oltre a essere appreso attraverso il linguaggio, le interazioni sociali e il processo di socializzazione, è elaborato anche attraverso le diverse forme di mediazione simbolica dei prodotti culturali. In altri termini, noi “siamo” anche i libri che leggiamo, i musei che visitiamo, le canzoni che ascoltiamo, i film che vediamo. A completare il quadro degli artefatti culturali e mediali che contribuiscono a costruire il nostro immaginario, interviene anche la rappresentazione dell’identità soggettiva veicolata dal linguaggio pubblicitario e quella diffusa dai nuovi media (attraverso i siti web, i videogiochi). Nella contemporaneità, come si diceva, i media, e in particolare la fiction, il cinema, la pubblicità, detengono una sorta di monopolio sulla produzione di gran parte dell’immaginario sociale, al punto che per molti gruppi sociali immaginario mediale e sociale tendono a coincidere. Ma in che misura le rappresentazioni di genere e di etnia diffuse dai diversi tipi di fiction, dalle soap opera, dalle pubblicità sulla stampa e dagli spot televisivi sono in grado di influenzare i delicati processi di definizione della soggettività? Gli studi sociologici hanno negli ultimi decenni sempre più analizzato gli artefatti mediali a partire dalla dimensione di genere: il focus è stato quello del rapporto di reciproca influenza fra immagini di genere o etnia contenuti nei testi mediali, rappresentazioni sociali e processi di definizione della soggettività. Se i media funzionano come «tecnologie di genere» (van Zoonen, 1994), fornendo alcune delle risorse simboliche e cruciali per la produzione dei significati attribuiti alle differenze, è necessaria una riflessione sulle nuove forme di disuguaglianza espressiva e simbolica che caratterizzano la società contemporanea. Occorre fare riferimento ad una teoria dell’audience in grado di tenere conto in modo realistico sia degli ampi gradi di libertà di cui dispone lo spettatore nell’interpretare i testi, sia della sua capacità di identificarsi nelle immagini o nei modelli relazionali proposti dai testi mediali.
Luchetti, L., Tota, A.L. (2008). Gender advertisements e culture jamming: forme di sabotaggio dei repertori mediali. In Tota Anna Lisa (a cura di), Gender e media. Verso un immaginario sostenibile (pp. 211-240). ROMA : Meltemi Editore.
Gender advertisements e culture jamming: forme di sabotaggio dei repertori mediali
Lia Luchetti;Tota Anna Lisa
2008-01-01
Abstract
Come documentano molti saggi contenuti in questo volume, il significato che attribuiamo al nostro essere uomini e donne, appartenenti ad una certa etnia e generazione, oltre a essere appreso attraverso il linguaggio, le interazioni sociali e il processo di socializzazione, è elaborato anche attraverso le diverse forme di mediazione simbolica dei prodotti culturali. In altri termini, noi “siamo” anche i libri che leggiamo, i musei che visitiamo, le canzoni che ascoltiamo, i film che vediamo. A completare il quadro degli artefatti culturali e mediali che contribuiscono a costruire il nostro immaginario, interviene anche la rappresentazione dell’identità soggettiva veicolata dal linguaggio pubblicitario e quella diffusa dai nuovi media (attraverso i siti web, i videogiochi). Nella contemporaneità, come si diceva, i media, e in particolare la fiction, il cinema, la pubblicità, detengono una sorta di monopolio sulla produzione di gran parte dell’immaginario sociale, al punto che per molti gruppi sociali immaginario mediale e sociale tendono a coincidere. Ma in che misura le rappresentazioni di genere e di etnia diffuse dai diversi tipi di fiction, dalle soap opera, dalle pubblicità sulla stampa e dagli spot televisivi sono in grado di influenzare i delicati processi di definizione della soggettività? Gli studi sociologici hanno negli ultimi decenni sempre più analizzato gli artefatti mediali a partire dalla dimensione di genere: il focus è stato quello del rapporto di reciproca influenza fra immagini di genere o etnia contenuti nei testi mediali, rappresentazioni sociali e processi di definizione della soggettività. Se i media funzionano come «tecnologie di genere» (van Zoonen, 1994), fornendo alcune delle risorse simboliche e cruciali per la produzione dei significati attribuiti alle differenze, è necessaria una riflessione sulle nuove forme di disuguaglianza espressiva e simbolica che caratterizzano la società contemporanea. Occorre fare riferimento ad una teoria dell’audience in grado di tenere conto in modo realistico sia degli ampi gradi di libertà di cui dispone lo spettatore nell’interpretare i testi, sia della sua capacità di identificarsi nelle immagini o nei modelli relazionali proposti dai testi mediali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.