Nel dibattito disciplinare sulla città risulta assai diffusa la volontà di superare il dualismo centro-periferia. Questo contributo intende occuparsi, con riferimento a un caso nell’area romana, di questioni “altre” (forme dell’insediamento e forme dell’abitare), che caratterizzano di certo la “periferia” ma che non sono una sua esclusiva. Perché la periferia viene associata alla città incerta ? Questa definizione fornita da Agiér soddisfa un ampio spettro delle caratteristiche di quella parte di città che si identifica con le periferie. Quella di frontiera sembra la più attinente al nostro caso, potendosi applicare ad una sterminata area edificata a bassa densità che, negli ultimi decenni, ha inesorabilmente circondato le grandi città – e, purtroppo, non solo quelle grandi – andando a occupare territori quasi sempre ex agricoli e di cui, talvolta, mantiene la memoria. La scena romana è un vasto contenitore di periferie, diverse e disomogenee, generalmente ricettacolo di un degrado diffuso: nate a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale solo in parte seguendo il disegno complessivo di un piano urbanistico. Ripercorrerne la storia è particolarmente interessante ed efficace. La combinazione tra le scelte urbanistiche operate negli anni del Fascismo e gli effetti disastrosi della Guerra possono essere considerati i germi di un rigoglioso fiorire di periferie. Germe che si arricchisce del “concime” apportato dai grandi costruttori/speculatori che costruiscono la Roma contemporanea prima ancora del Piano Regolatore Generale del 1962, al quale, per forza di cose, viene affidato il difficile compito di affrontare l’emergenza abitativa. Negli ultimi trent’anni, Roma non ha registrato incrementi di popolazione, e tuttavia ha accresciuto la sua dimensione urbana con nuove espansioni “periferiche”. Sarà interessante indagare sulle possibili cause “istituzionali” e “tecniche” di tale fenomeno, esaminando i documenti di programmazione urbanistica e ripercorrendo le cronache politiche locali e nazionali fino a giungere ai giorni nostri, che attendono l’approvazione di un nuovo Piano Regolatore Generale dimensionato per circa 600.000 nuovi abitanti. E le cause socio-antropologiche: quelle per cui poco più di un terzo della popolazione del Comune di Roma vive sparpagliata su un territorio di oltre 100.000 ha, equivalente all’80% del totale della superficie comunale, quasi totalmente localizzato in aree esterne alla cintura del Grande Raccordo Anulare. Che la periferia e questo modello di vita urbana rappresentino davvero la reinvenzione della città, come afferma J. Kotkin (2006), imponendo una revisione della figura dell’urbanistica “demiurgo”? La vasta periferia che si estende a sud ovest del territorio del Comune di Roma è un caso sostanzialmente unico. Compresa tra i confini naturali del Tevere, della Pineta di Castel Fusano e della Tenuta di Castel Porziano, questo “satellite” abitato comprende zone come Ostia Antica, Acilia, Casal Palocco, Infernetto. Oltre 100mila abitanti su un area cinque volte più vasta della città di Ostia Lido che, però, conta lo stesso numero di abitanti. Si registra qui in modo acuto la compresenza tra due grandi famiglie di periferie: quelle “spontanee” e quelle “pianificate”. Le prime nate sulla spinta di diverse ondate di “emergenze” abitative, le seconde quasi tutte in attuazione del PRG del 1962. Il nuovo PRG 2003 di Roma, tuttavia, non sembra mettere in campo strategie incisive per il recupero delle periferie; così come non sembrano efficaci quegli interventi messi in atto grazie a programmi straordinari, privi però di un realistico quadro di coerenza. Eppure, come suggerito da alcuni sociologi urbani (ad es.: G. Martinotti), quasi sempre le periferie spontanee sono dotate di tracce consolidate di una “qualità” che in quelle pianificate è scarsa o del tutto assente.

Cerasoli, M. (2012). Tra città e campagna: periferie urbane degradate. Roma. La direzione verso il mare. In Descriptio Urbis. Measuring and representing the modern and contemporary city.

Tra città e campagna: periferie urbane degradate. Roma. La direzione verso il mare

CERASOLI, MARIO
2012-01-01

Abstract

Nel dibattito disciplinare sulla città risulta assai diffusa la volontà di superare il dualismo centro-periferia. Questo contributo intende occuparsi, con riferimento a un caso nell’area romana, di questioni “altre” (forme dell’insediamento e forme dell’abitare), che caratterizzano di certo la “periferia” ma che non sono una sua esclusiva. Perché la periferia viene associata alla città incerta ? Questa definizione fornita da Agiér soddisfa un ampio spettro delle caratteristiche di quella parte di città che si identifica con le periferie. Quella di frontiera sembra la più attinente al nostro caso, potendosi applicare ad una sterminata area edificata a bassa densità che, negli ultimi decenni, ha inesorabilmente circondato le grandi città – e, purtroppo, non solo quelle grandi – andando a occupare territori quasi sempre ex agricoli e di cui, talvolta, mantiene la memoria. La scena romana è un vasto contenitore di periferie, diverse e disomogenee, generalmente ricettacolo di un degrado diffuso: nate a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale solo in parte seguendo il disegno complessivo di un piano urbanistico. Ripercorrerne la storia è particolarmente interessante ed efficace. La combinazione tra le scelte urbanistiche operate negli anni del Fascismo e gli effetti disastrosi della Guerra possono essere considerati i germi di un rigoglioso fiorire di periferie. Germe che si arricchisce del “concime” apportato dai grandi costruttori/speculatori che costruiscono la Roma contemporanea prima ancora del Piano Regolatore Generale del 1962, al quale, per forza di cose, viene affidato il difficile compito di affrontare l’emergenza abitativa. Negli ultimi trent’anni, Roma non ha registrato incrementi di popolazione, e tuttavia ha accresciuto la sua dimensione urbana con nuove espansioni “periferiche”. Sarà interessante indagare sulle possibili cause “istituzionali” e “tecniche” di tale fenomeno, esaminando i documenti di programmazione urbanistica e ripercorrendo le cronache politiche locali e nazionali fino a giungere ai giorni nostri, che attendono l’approvazione di un nuovo Piano Regolatore Generale dimensionato per circa 600.000 nuovi abitanti. E le cause socio-antropologiche: quelle per cui poco più di un terzo della popolazione del Comune di Roma vive sparpagliata su un territorio di oltre 100.000 ha, equivalente all’80% del totale della superficie comunale, quasi totalmente localizzato in aree esterne alla cintura del Grande Raccordo Anulare. Che la periferia e questo modello di vita urbana rappresentino davvero la reinvenzione della città, come afferma J. Kotkin (2006), imponendo una revisione della figura dell’urbanistica “demiurgo”? La vasta periferia che si estende a sud ovest del territorio del Comune di Roma è un caso sostanzialmente unico. Compresa tra i confini naturali del Tevere, della Pineta di Castel Fusano e della Tenuta di Castel Porziano, questo “satellite” abitato comprende zone come Ostia Antica, Acilia, Casal Palocco, Infernetto. Oltre 100mila abitanti su un area cinque volte più vasta della città di Ostia Lido che, però, conta lo stesso numero di abitanti. Si registra qui in modo acuto la compresenza tra due grandi famiglie di periferie: quelle “spontanee” e quelle “pianificate”. Le prime nate sulla spinta di diverse ondate di “emergenze” abitative, le seconde quasi tutte in attuazione del PRG del 1962. Il nuovo PRG 2003 di Roma, tuttavia, non sembra mettere in campo strategie incisive per il recupero delle periferie; così come non sembrano efficaci quegli interventi messi in atto grazie a programmi straordinari, privi però di un realistico quadro di coerenza. Eppure, come suggerito da alcuni sociologi urbani (ad es.: G. Martinotti), quasi sempre le periferie spontanee sono dotate di tracce consolidate di una “qualità” che in quelle pianificate è scarsa o del tutto assente.
2012
9788883681394
Cerasoli, M. (2012). Tra città e campagna: periferie urbane degradate. Roma. La direzione verso il mare. In Descriptio Urbis. Measuring and representing the modern and contemporary city.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/169979
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