Cultura della vergogna e templi del pentimento. Forme di giustificazione nella letteratura adultera del 19. secolo Del tema dell’adulterio, già trattato nella mia monografia del 2005, questo saggio approfondisce un aspetto ulteriore, precedentemente non indagato in modo specifico, ovvero la dimensione culturale della vergogna. Nella rappresentazione delle adultere ottocentesche la funzione della vergogna acquista, infatti, particolare rilevanza tematica, nella declinazione del rapporto individuale e sociale di “colpa” e “pentimento”. Il conflitto tra matrimonio e sessualità determina sia il discorso sul senso dell’onore e dello scandalo, sia le relazioni tra i sessi e la codificazione di principi morali. Nella letteratura realista l’esclusione della sensualità dal canale coniugale cala il codice della passione esclusivamente nei legami extramatrimoniali, sui quali carica il peso dell’onta e della diffamazione. Gli effetti di questo slittamento istituzionale e semantico sono centrali per il romanzo dell’Ottocento europeo. Nella raffigurazione delle “donne perdute”, delle eroine colpevoli la trasgressione soggiace tuttavia a una strategia idealizzante che trova legittimità nell’esigenza inappagata di spontaneità, individualità, unicità e passionalità istintiva dei personaggi femminili. Le infedeli sono per lo più rappresentate come colpevoli senza colpa, innocenti peccatrici. La mancata osservanza della morale assume naturalmente tratti contradditori. Le istanze divergenti della passione soggettiva da un lato e dell’universalità della norma dall’altro si riverberano nella discrepanza tra una patetica dimensione sentimentale e il sistema prescrittivo e convenzionale del linguaggio. La colpa d’amore viene codificata, rappresentata e trasferita su un piano metaforico. L’infrazione risulta sublimata grazie a meccanismi regolativi di purificazione e pentimento, letterariamente condizionati da rituali ricorrenti. Di questa violazione dei confini il saggio analizza i seguenti punti attraverso modelli comportamentali di numerosi romanzi, prendendo le mosse dalla dimensione della vergogna e della gogna della Lettera scarlatta di Hawthorne: metaforizzazione della colpa, attivazione di meccanismi interni di giustificazione e di scusa rispetto a meccanismi esterni di denuncia e riprovazione morale, coscienza del rischio disonorante della passione (immagini di smisuratezza e sensualità prorompente) ed assenza del senso del peccato.
Fiandra, E. (2008). Schamkultur und Reuetempel. Formen der ‘Entschuldigung’ in der Ehebruchsliteratur des 19. Jahrhunderts. In Alexandra Pontzen e Heinz-Peter Preußer (a cura di), Schuld und Scham. Ritualisierte Verarbeitungsformen von Fehlverhalten. Von „Aias“ bis Abu Ghraib (pp. 127-138). HEIDELBERG : UNIVERSITATSVERLAG.
Schamkultur und Reuetempel. Formen der ‘Entschuldigung’ in der Ehebruchsliteratur des 19. Jahrhunderts
FIANDRA, Emilia
2008-01-01
Abstract
Cultura della vergogna e templi del pentimento. Forme di giustificazione nella letteratura adultera del 19. secolo Del tema dell’adulterio, già trattato nella mia monografia del 2005, questo saggio approfondisce un aspetto ulteriore, precedentemente non indagato in modo specifico, ovvero la dimensione culturale della vergogna. Nella rappresentazione delle adultere ottocentesche la funzione della vergogna acquista, infatti, particolare rilevanza tematica, nella declinazione del rapporto individuale e sociale di “colpa” e “pentimento”. Il conflitto tra matrimonio e sessualità determina sia il discorso sul senso dell’onore e dello scandalo, sia le relazioni tra i sessi e la codificazione di principi morali. Nella letteratura realista l’esclusione della sensualità dal canale coniugale cala il codice della passione esclusivamente nei legami extramatrimoniali, sui quali carica il peso dell’onta e della diffamazione. Gli effetti di questo slittamento istituzionale e semantico sono centrali per il romanzo dell’Ottocento europeo. Nella raffigurazione delle “donne perdute”, delle eroine colpevoli la trasgressione soggiace tuttavia a una strategia idealizzante che trova legittimità nell’esigenza inappagata di spontaneità, individualità, unicità e passionalità istintiva dei personaggi femminili. Le infedeli sono per lo più rappresentate come colpevoli senza colpa, innocenti peccatrici. La mancata osservanza della morale assume naturalmente tratti contradditori. Le istanze divergenti della passione soggettiva da un lato e dell’universalità della norma dall’altro si riverberano nella discrepanza tra una patetica dimensione sentimentale e il sistema prescrittivo e convenzionale del linguaggio. La colpa d’amore viene codificata, rappresentata e trasferita su un piano metaforico. L’infrazione risulta sublimata grazie a meccanismi regolativi di purificazione e pentimento, letterariamente condizionati da rituali ricorrenti. Di questa violazione dei confini il saggio analizza i seguenti punti attraverso modelli comportamentali di numerosi romanzi, prendendo le mosse dalla dimensione della vergogna e della gogna della Lettera scarlatta di Hawthorne: metaforizzazione della colpa, attivazione di meccanismi interni di giustificazione e di scusa rispetto a meccanismi esterni di denuncia e riprovazione morale, coscienza del rischio disonorante della passione (immagini di smisuratezza e sensualità prorompente) ed assenza del senso del peccato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.