L’11 gennaio 1972 Giuseppina, carismatica contadina, viene uccisa con due colpi di fucile a canne mozze. La sua popolarità comincia quindici anni prima, quando la donna aveva iniziato a parlare con la voce del nipote Alberto, morto in un tragico incidente, acquistando così fama di guaritrice: tramite lei, Alberto, che la devozione popolare aveva eletto a “beato”, poteva dispensare dall’aldilà consigli e suggerimenti, ma anche intervenire magicamente per risolvere problemi, soprattutto di salute. C’era, però, chi la considerava una truffatrice, fino al punto di ucciderla. La vita di Giuseppina è sempre stata un “caso”, prima e dopo la morte. Molti si sono affollati a dire la “verità” su questa donna, che ha parlato con voci multiple. Non solo quella del nipote, il “beato Alberto”, ma quelle del suo assassino, dei giudici e avvocati dei processi penali e civili; dei giornalisti che riempiranno le cronache scandalistiche di quegli anni; dei devoti, che continueranno ad avere fede nei suoi poteri; degli antropologi e psichiatri, che la eleggeranno a oggetto di studi; e persino del figlio, che parlerà per lei, con un memoriale autobiografico a cui affiderà la sua “verità” sulla madre. Questo libro è un’analisi di uno degli ultimi casi di possessione nel Mezzogiorno d’Italia, che ha come obiettivo “post-antropologico”, di salvare la memoria di Giuseppina suscitando il collasso di quell’enorme quantità di parole che l’hanno costruita, aggiogata e poi condannata.
Apolito, P. (2006). Con la voce di un altro. Storia di possessione, di parole e di violenza. NAPOLI : L'Ancora del Mediterraneo.
Con la voce di un altro. Storia di possessione, di parole e di violenza
APOLITO, PAOLO
2006-01-01
Abstract
L’11 gennaio 1972 Giuseppina, carismatica contadina, viene uccisa con due colpi di fucile a canne mozze. La sua popolarità comincia quindici anni prima, quando la donna aveva iniziato a parlare con la voce del nipote Alberto, morto in un tragico incidente, acquistando così fama di guaritrice: tramite lei, Alberto, che la devozione popolare aveva eletto a “beato”, poteva dispensare dall’aldilà consigli e suggerimenti, ma anche intervenire magicamente per risolvere problemi, soprattutto di salute. C’era, però, chi la considerava una truffatrice, fino al punto di ucciderla. La vita di Giuseppina è sempre stata un “caso”, prima e dopo la morte. Molti si sono affollati a dire la “verità” su questa donna, che ha parlato con voci multiple. Non solo quella del nipote, il “beato Alberto”, ma quelle del suo assassino, dei giudici e avvocati dei processi penali e civili; dei giornalisti che riempiranno le cronache scandalistiche di quegli anni; dei devoti, che continueranno ad avere fede nei suoi poteri; degli antropologi e psichiatri, che la eleggeranno a oggetto di studi; e persino del figlio, che parlerà per lei, con un memoriale autobiografico a cui affiderà la sua “verità” sulla madre. Questo libro è un’analisi di uno degli ultimi casi di possessione nel Mezzogiorno d’Italia, che ha come obiettivo “post-antropologico”, di salvare la memoria di Giuseppina suscitando il collasso di quell’enorme quantità di parole che l’hanno costruita, aggiogata e poi condannata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.