La variabilità del capitale sociale è tratto strutturale tipico delle società cooperative rappresentando il mezzo di attuazione del principio di «apertura solidaristica» dell’istituto verso coloro che in possesso dei requisiti mutualistici aspirano ad essere ammessi nella compagine sociale. L’esonero delle cooperative dall’obbligo di indicare nell’atto costitutivo l’ammontare del capitale sociale (previsto dall’art. 2520 c.c.) fa sì che l’emissione di nuove azioni o quote da offrire in sottoscrizione ai nuovi soci non necessita di alcun adeguamento dell’atto costitutivo rappresentando, dunque, una decisione rimessa alla esclusiva competenza dell’organo gestorio. L’individuazione, tuttavia, del concreto significato e della effettiva portata precettiva della regola di variabilità del capitale sociale è meno agevole allorquando si tratti di decidere delle variazioni del capitale non strumentali all’ingresso o all’uscita dei soci cooperatori. Poiché, infatti, nessuna disposizione rimette agli amministratori la competenza ad assumere anche le decisioni di aumento (a pagamento o gratuito) e di riduzione (per esuberanza o per perdite) del capitale sociale, non può escludersi la necessità di un obbligatorio coinvolgimento dell’assemblea dei soci (specie allorquando si tratti dell’emissione di azioni o quote di sovvenzione e/o di partecipazione cooperativa). Il presente volume è dedicato all’analisi di tali profili problematici e, di riflesso, al delicato equilibrio tra i poteri dell’assemblea dei soci e quelli dell’organo gestorio delle organizzazioni mutualistiche. Inevitabilmente, tuttavia, il tema finisce per coinvolgere il più generale tema della corporate governance delle società cooperative e, in particolare, il difficile equilibrio tra le regole di «democrazia gestionale» ed i rischi di degenerazione «tecnocratica» dell’istituto.
DI CECCO, G. (2002). Variabilità e modificazioni del capitale sociale nelle cooperative. NAPOLI : ESI - NAPOLI.
Variabilità e modificazioni del capitale sociale nelle cooperative
DI CECCO, GIUSTINO
2002-01-01
Abstract
La variabilità del capitale sociale è tratto strutturale tipico delle società cooperative rappresentando il mezzo di attuazione del principio di «apertura solidaristica» dell’istituto verso coloro che in possesso dei requisiti mutualistici aspirano ad essere ammessi nella compagine sociale. L’esonero delle cooperative dall’obbligo di indicare nell’atto costitutivo l’ammontare del capitale sociale (previsto dall’art. 2520 c.c.) fa sì che l’emissione di nuove azioni o quote da offrire in sottoscrizione ai nuovi soci non necessita di alcun adeguamento dell’atto costitutivo rappresentando, dunque, una decisione rimessa alla esclusiva competenza dell’organo gestorio. L’individuazione, tuttavia, del concreto significato e della effettiva portata precettiva della regola di variabilità del capitale sociale è meno agevole allorquando si tratti di decidere delle variazioni del capitale non strumentali all’ingresso o all’uscita dei soci cooperatori. Poiché, infatti, nessuna disposizione rimette agli amministratori la competenza ad assumere anche le decisioni di aumento (a pagamento o gratuito) e di riduzione (per esuberanza o per perdite) del capitale sociale, non può escludersi la necessità di un obbligatorio coinvolgimento dell’assemblea dei soci (specie allorquando si tratti dell’emissione di azioni o quote di sovvenzione e/o di partecipazione cooperativa). Il presente volume è dedicato all’analisi di tali profili problematici e, di riflesso, al delicato equilibrio tra i poteri dell’assemblea dei soci e quelli dell’organo gestorio delle organizzazioni mutualistiche. Inevitabilmente, tuttavia, il tema finisce per coinvolgere il più generale tema della corporate governance delle società cooperative e, in particolare, il difficile equilibrio tra le regole di «democrazia gestionale» ed i rischi di degenerazione «tecnocratica» dell’istituto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.