Categoria giuridica civilistica non definita in alcuna norma, il ministro di culto va individuato mediante una operazione interpretativa complessa. Nella maggior parte dei casi si ricorre ad una interazione tra l’ordinamento confessionale di riferimento ed il diritto dello Stato. La qualificazione nominale del primo vale da presupposto di fatto necessario ma non sufficiente a sostanziare il ministro di culto, che abbisogna di una fonte ricettiva o ricognitiva di provenienza statuale. L’interazione si realizza per la chiesa cattolica ed i culti con Intesa in sede pattizia; le parti concordano e definiscono nel patto il ministro di culto o le modalità di identificazione ( in genere mediante certificazione della qualifica) ai fini della applicazione sia delle norme concordate che delle disposizione di diritto comune attinenti al ministro medesimo. Per i culti senza Intesa la interazione, solo in materia matrimoniale, coincide con la procedura di “approvazione” ai sensi della legge 1159/1929, abrogata per il resto dalla Costituzione. Al criterio di interazione si attengono tuttavia anche le norme comuni in materia di assistenza spirituale, in particolare in carcere ( più sfumato il raccordo nel caso di assistenza ospedaliera), sia la regolamentazione sull’ingresso di cittadini extracomunitari. Nel caso invece dei limiti e delle incompatibilità, così come del segreto ministeriale, la individuazione del ministro di culto è operata in via unilaterale dallo Stato, guardando alle oggettive funzioni esercitate, piuttosto che alla qualifica e denominazione confessionale del soggetto.

Benigni, R. (2006). La condizione giuridica dei ministri di culto. (Lineee evolutive tra diritto e prassi). FIRENZE : Università degli Studi di Firenze.

La condizione giuridica dei ministri di culto. (Lineee evolutive tra diritto e prassi)

BENIGNI, Rita
2006-01-01

Abstract

Categoria giuridica civilistica non definita in alcuna norma, il ministro di culto va individuato mediante una operazione interpretativa complessa. Nella maggior parte dei casi si ricorre ad una interazione tra l’ordinamento confessionale di riferimento ed il diritto dello Stato. La qualificazione nominale del primo vale da presupposto di fatto necessario ma non sufficiente a sostanziare il ministro di culto, che abbisogna di una fonte ricettiva o ricognitiva di provenienza statuale. L’interazione si realizza per la chiesa cattolica ed i culti con Intesa in sede pattizia; le parti concordano e definiscono nel patto il ministro di culto o le modalità di identificazione ( in genere mediante certificazione della qualifica) ai fini della applicazione sia delle norme concordate che delle disposizione di diritto comune attinenti al ministro medesimo. Per i culti senza Intesa la interazione, solo in materia matrimoniale, coincide con la procedura di “approvazione” ai sensi della legge 1159/1929, abrogata per il resto dalla Costituzione. Al criterio di interazione si attengono tuttavia anche le norme comuni in materia di assistenza spirituale, in particolare in carcere ( più sfumato il raccordo nel caso di assistenza ospedaliera), sia la regolamentazione sull’ingresso di cittadini extracomunitari. Nel caso invece dei limiti e delle incompatibilità, così come del segreto ministeriale, la individuazione del ministro di culto è operata in via unilaterale dallo Stato, guardando alle oggettive funzioni esercitate, piuttosto che alla qualifica e denominazione confessionale del soggetto.
2006
8880210904
Benigni, R. (2006). La condizione giuridica dei ministri di culto. (Lineee evolutive tra diritto e prassi). FIRENZE : Università degli Studi di Firenze.
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