Il volume analizza le interazioni tra il pensiero utopico e la critica sociologica che si è sviluppata nel corso dell’ultimo secolo, in particolare a seguito della pubblicazione dello studio di K. Mannheim nel 1929, Ideologia e utopia, in cui lo studioso distingue il pensiero “ideologico”, che tende alla rappresentazione idealizzata della realtà in cui si vive, dal pensiero “utopico”, che esprimerebbe invece la ricerca di un nuovo tipo di società. Il libro si articola in due parti: nella prima, l’introduzione si propone di analizzare le principali opere di natura utopica, utopistiche, nonché le critiche mosse dai sociologi alle varie elaborazioni utopiche, a partire dai classici dell’antichità greca, fino ai grandi antiutopisti del XX secolo; nella seconda si fornisce invece un percorso di lettura critica delle principali tematiche che attengono al ruolo del pensiero utopico in relazione all’evoluzione e allo sviluppo delle scienze sociali. La critica mossa in questo volume agli utopisti ha lo scopo di mettere in evidenza essenzialmente il carattere “chiuso” delle società utopiche, in quanto sono presentate come società “perfette”, statiche e non migliorabili, dove non vi è spazio per idee critiche, per il confronto e per sperimentazioni sociali di nuovi progetti di libertà. Non va dimenticato però anche la funzione critica che ha svolto l’utopia, in quanto si potrebbe riconoscere quasi sempre una sorta di genuinità, di generosità e di altruismo nell’azione dei soggetti che propongono progetti utopici. In altri termini, si potrebbe sostenere che l’utopia possiede sempre due volti: “è la critica di ciò che è, e la rappresentazione di ciò che dovrebbe essere”. In questo senso le utopie hanno avuto storicamente una funzione anticipatrice di tanti temi oggetto di analisi della sociologia e il loro merito consiste proprio nel fatto che, in opposizione all’idea conservatrice di un ordine stabilito, esse impediscono alla realtà esistente di tramutarsi in assoluta, concependola invece come una delle possibili “topie” (realtà esistente). Nell’ultimo secolo la letteratura utopica si è arricchita di opere ucroniche e distopiche, si sono affermati i principi dell’antiutopia e della dissoluzione dell’utopia, per queste ragioni la sociologia tende a marginalizzare l’utopia e a rendere “inutile socialmente” l’apporto del pensiero utopico all’evoluzione e allo sviluppo delle scienze sociali.
Cocozza, A. (2004). Utopia e sociologia. Una critica alle società chiuse,. ROMA : Armando Editore.
Utopia e sociologia. Una critica alle società chiuse,
COCOZZA, ANTONIO
2004-01-01
Abstract
Il volume analizza le interazioni tra il pensiero utopico e la critica sociologica che si è sviluppata nel corso dell’ultimo secolo, in particolare a seguito della pubblicazione dello studio di K. Mannheim nel 1929, Ideologia e utopia, in cui lo studioso distingue il pensiero “ideologico”, che tende alla rappresentazione idealizzata della realtà in cui si vive, dal pensiero “utopico”, che esprimerebbe invece la ricerca di un nuovo tipo di società. Il libro si articola in due parti: nella prima, l’introduzione si propone di analizzare le principali opere di natura utopica, utopistiche, nonché le critiche mosse dai sociologi alle varie elaborazioni utopiche, a partire dai classici dell’antichità greca, fino ai grandi antiutopisti del XX secolo; nella seconda si fornisce invece un percorso di lettura critica delle principali tematiche che attengono al ruolo del pensiero utopico in relazione all’evoluzione e allo sviluppo delle scienze sociali. La critica mossa in questo volume agli utopisti ha lo scopo di mettere in evidenza essenzialmente il carattere “chiuso” delle società utopiche, in quanto sono presentate come società “perfette”, statiche e non migliorabili, dove non vi è spazio per idee critiche, per il confronto e per sperimentazioni sociali di nuovi progetti di libertà. Non va dimenticato però anche la funzione critica che ha svolto l’utopia, in quanto si potrebbe riconoscere quasi sempre una sorta di genuinità, di generosità e di altruismo nell’azione dei soggetti che propongono progetti utopici. In altri termini, si potrebbe sostenere che l’utopia possiede sempre due volti: “è la critica di ciò che è, e la rappresentazione di ciò che dovrebbe essere”. In questo senso le utopie hanno avuto storicamente una funzione anticipatrice di tanti temi oggetto di analisi della sociologia e il loro merito consiste proprio nel fatto che, in opposizione all’idea conservatrice di un ordine stabilito, esse impediscono alla realtà esistente di tramutarsi in assoluta, concependola invece come una delle possibili “topie” (realtà esistente). Nell’ultimo secolo la letteratura utopica si è arricchita di opere ucroniche e distopiche, si sono affermati i principi dell’antiutopia e della dissoluzione dell’utopia, per queste ragioni la sociologia tende a marginalizzare l’utopia e a rendere “inutile socialmente” l’apporto del pensiero utopico all’evoluzione e allo sviluppo delle scienze sociali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.