Il volume – una novità assoluta nella storiografia italiana - ricostruisce le modalità di rigenerazione della fertilità della terra nell'Italia meridionale nei secoli XIX e XX, dall'agricoltura organica all'agricoltura industriale. Propaggine peninsulare distesa nelle acque del Mediterraneo, il Mezzogiorno è rimasto estraneo, per effetto della sua aridità climatica, a quella "rivoluzione agricola ecocompatibile" o "produttivistico-ambientale", fondata sul nesso foraggere-allevamento, che nelle regioni del Nord Europa ha inaugurato l'Età contemporanea. La crescita demografica ottocentesca si è tradotta in un crescente aumento della pressione sulla risorsa terra, generando, accanto ad inconsulti processi di agrarizzazione di vaste superfici a pascolo e a bosco, rilevanti fenomeni di depauperamento della fertilità dei terreni adibiti a coltura. In questo contesto, dominato dall’adozione di pratiche colturali spossanti e dal limitato apporto di concime organico, dovuto sia alle relativamente ridotte dimensioni del patrimonio zootecnico che all'assoluta prevalenza dell'allevamento brado, facevano accezione le campagne intorno a Napoli, la Campania felix degli antichi, caratterizzate, grazie anche al rilevante impiego di rifiuti cittadini prodotti dal forte addensamento demografico, da un uso conservativo della fertilità dei terreni. Ma anche nel restante Mezzogiorno non sono mancate iniziative, proprio nel corso del XIX secolo, in direzione di un più razionale uso agricolo dei suoli. A parte l'operosità contadina, instancabile nel far ricorso a tutto ciò che sulla base della conoscenza empirica veniva ritenuto utile al mantenimento e al miglioramento produttivo della terra, specie se in proprietà, soprattutto tra tardo e Ottocento e inizi Novecento, anche in coincidenza con la grande emigrazione transoceanica e l'allentamento della pressione demografica sulla terra, innovazioni agronomiche di più o meno larga incidenza, tendenti a preservare la fertilità dei terreni, hanno qua e là stagliato le campagne del Mezzogiorno. Nell'Italia meridionale la concimazione chimica si è manifestata con ritardo rispetto alle regioni del Nord Europa e della stessa Italia settentrionale. Ostacolato in parte dalla stessa aridità climatica e in particolare dalla sua estrema variabilità, oltre che dalla carente viabilità interna e dagli elevati costi di trasporto, l'impiego dei concimi chimici, soprattutto quelli azotati, è rimasto fino a primissimi anni del secondo dopoguerra entro limiti relativamente contenuti. E proprio tra le due guerre, il riacutizzarsi della pressione demografica sulla terra, l'estensione della cerealicoltura, stimolata e sostenuta dalla politica agraria del fascismo, e addirittura la contrazione del già debole patrimonio zootecnico, hanno nuovamente innescato nel Mezzogiorno, pur in un quadro alquanto diversificato, un accentuato e largo processo di depauperamento della fertilità dei suoli. Nella seconda metà del Novecento la "grande trasformazione" ha radicalmente modificato i caratteri socio-economici dell’agricoltura meridionale e ridisegnato la sua stessa geografia territoriale, restringendo fortemente lo stesso spazio agricolo. E la rapida avanzata della chimica (concimi e prodotti fitosanitari), liberata degli ostacoli che l’avevano fino ad allora frenata, accompagnata dal rapido e massiccio esodo dalle campagne, dalla crescente meccanizzazione e dalla semplificazione e specializzazione dei sistemi colturali, è stata uno dei tratti identificativi della radicale trasformazione dell’agricoltura. Ad essa, oltre che ai progressi della genetica, sono in certa misura riconducibili gli inediti e a volte spettacolari incrementi produttivi che anche nel Sud hanno accompagnato lo sviluppo dell’agricoltura industriale. Ma il nuovo sentiero tecnologico, se da un lato ha originato inediti avanzamenti produttivi, dall’altro ha prodotto, soprattutto nelle aree basso-collinari e nelle pianure costiere maggiormente interessate dalla modernizzazione agricola produttivistica, fenomeni non meno larghi, e ben più profondi e duraturi, di alterazione della struttura dei suoli e di impoverimento della loro fertilità, oltre che di più ampio degrado ambientale.

Tino, P. (2010). Le radici della vita. Storia della fertilità della terra nel Mezzogiorno (secoli XIX-XX). ROMA : XL edizioni.

Le radici della vita. Storia della fertilità della terra nel Mezzogiorno (secoli XIX-XX)

TINO, Pietro
2010-01-01

Abstract

Il volume – una novità assoluta nella storiografia italiana - ricostruisce le modalità di rigenerazione della fertilità della terra nell'Italia meridionale nei secoli XIX e XX, dall'agricoltura organica all'agricoltura industriale. Propaggine peninsulare distesa nelle acque del Mediterraneo, il Mezzogiorno è rimasto estraneo, per effetto della sua aridità climatica, a quella "rivoluzione agricola ecocompatibile" o "produttivistico-ambientale", fondata sul nesso foraggere-allevamento, che nelle regioni del Nord Europa ha inaugurato l'Età contemporanea. La crescita demografica ottocentesca si è tradotta in un crescente aumento della pressione sulla risorsa terra, generando, accanto ad inconsulti processi di agrarizzazione di vaste superfici a pascolo e a bosco, rilevanti fenomeni di depauperamento della fertilità dei terreni adibiti a coltura. In questo contesto, dominato dall’adozione di pratiche colturali spossanti e dal limitato apporto di concime organico, dovuto sia alle relativamente ridotte dimensioni del patrimonio zootecnico che all'assoluta prevalenza dell'allevamento brado, facevano accezione le campagne intorno a Napoli, la Campania felix degli antichi, caratterizzate, grazie anche al rilevante impiego di rifiuti cittadini prodotti dal forte addensamento demografico, da un uso conservativo della fertilità dei terreni. Ma anche nel restante Mezzogiorno non sono mancate iniziative, proprio nel corso del XIX secolo, in direzione di un più razionale uso agricolo dei suoli. A parte l'operosità contadina, instancabile nel far ricorso a tutto ciò che sulla base della conoscenza empirica veniva ritenuto utile al mantenimento e al miglioramento produttivo della terra, specie se in proprietà, soprattutto tra tardo e Ottocento e inizi Novecento, anche in coincidenza con la grande emigrazione transoceanica e l'allentamento della pressione demografica sulla terra, innovazioni agronomiche di più o meno larga incidenza, tendenti a preservare la fertilità dei terreni, hanno qua e là stagliato le campagne del Mezzogiorno. Nell'Italia meridionale la concimazione chimica si è manifestata con ritardo rispetto alle regioni del Nord Europa e della stessa Italia settentrionale. Ostacolato in parte dalla stessa aridità climatica e in particolare dalla sua estrema variabilità, oltre che dalla carente viabilità interna e dagli elevati costi di trasporto, l'impiego dei concimi chimici, soprattutto quelli azotati, è rimasto fino a primissimi anni del secondo dopoguerra entro limiti relativamente contenuti. E proprio tra le due guerre, il riacutizzarsi della pressione demografica sulla terra, l'estensione della cerealicoltura, stimolata e sostenuta dalla politica agraria del fascismo, e addirittura la contrazione del già debole patrimonio zootecnico, hanno nuovamente innescato nel Mezzogiorno, pur in un quadro alquanto diversificato, un accentuato e largo processo di depauperamento della fertilità dei suoli. Nella seconda metà del Novecento la "grande trasformazione" ha radicalmente modificato i caratteri socio-economici dell’agricoltura meridionale e ridisegnato la sua stessa geografia territoriale, restringendo fortemente lo stesso spazio agricolo. E la rapida avanzata della chimica (concimi e prodotti fitosanitari), liberata degli ostacoli che l’avevano fino ad allora frenata, accompagnata dal rapido e massiccio esodo dalle campagne, dalla crescente meccanizzazione e dalla semplificazione e specializzazione dei sistemi colturali, è stata uno dei tratti identificativi della radicale trasformazione dell’agricoltura. Ad essa, oltre che ai progressi della genetica, sono in certa misura riconducibili gli inediti e a volte spettacolari incrementi produttivi che anche nel Sud hanno accompagnato lo sviluppo dell’agricoltura industriale. Ma il nuovo sentiero tecnologico, se da un lato ha originato inediti avanzamenti produttivi, dall’altro ha prodotto, soprattutto nelle aree basso-collinari e nelle pianure costiere maggiormente interessate dalla modernizzazione agricola produttivistica, fenomeni non meno larghi, e ben più profondi e duraturi, di alterazione della struttura dei suoli e di impoverimento della loro fertilità, oltre che di più ampio degrado ambientale.
2010
978-8860830296
Tino, P. (2010). Le radici della vita. Storia della fertilità della terra nel Mezzogiorno (secoli XIX-XX). ROMA : XL edizioni.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/185891
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