The plays discussed in the five chapters (plus ‘Prologue’) of this volume are King Lear, Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline, The Tempest. At the centre of Maria Del Sapio Garbero’s argument is the 'transfiguration' of the female body, as a way for Shakespeare to overcome the bleak vision of the great tragedies, as it marks the passage from King Lear to the romances. What is suggested as being at the core of Shakespeare’s preoccupations in the late plays is the representation of the daughter as a figure which while being connected with an uncanny maternal body may be envisioned as a mediating agency towards the achievement of a “good” mimesis. Unexplored links with Renaissance visual arts are established all along the volume in order to elucidate the pervasiveness of such a theme in European imagination as well as its relation with motives such as death, resurrection, and reconciliation. As a whole the volume shows how such a re-visioning of the female body works on both the sanitization of Shakespeare’s late family plots and the Bard’s recovery of female ‘grace’ as the lost goodness of representation. This view is substantiated by Nietzsche's complex conceptualization of the 'naive artist' and his forceful reading of the bipartite structuring of Raphael's Transfiguration. TABLE OF CONTENTS. Prologo: tempeste in un baule; I. Le figlie cattive di Lear; II. Sul veliero di Pericles in fuga dall'incesto; III. Perdita e la piega del materno; IV. Imogen o il cerchio rapito; V. Miranda o l'educazione della sposa.

Partendo dal King Lear, e seguendo una linea che si snoda in modo emblematico in Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline, The Tempest, il volume (con i suoi cinque capitoli + un prologo) esamina il percorso drammaturgico che, attraverso la figura femminile, conduce la scrittura shakespeariana dal ‘tragico’ al ‘romanzesco’ degli ultimi drammi, dove a prevalere è la trama parentale, nella particolare triangolazione di padre, madre figlia. Centrale nella lente interpretativa del volume è la riconcettualizzazione del corpo femminile quale modo per superare la visione negativa delle grandi tragedie; una negatività che dopo aver modellato l’Amleto, tocca il suo apice nel King Lear, dove il femminile è, appunto, evento catastrofico, tempesta. Segno di un invadente principio femminile che nel King Lear è tutt’uno con una notte che acceca, con una origine che insorge ‘soffocante’ dal di dentro, e che solo per poco riesce ad essere distanziato attraverso il balsamo rappresentato da Cordelia, la tempesta ritorna nei romances, come evento (reale e metaforico) che strappa il corpo delle figlie al ‘materno’, così segnando il prevalere di un’istanza separatrice, presupposto per il percorso penitenziale dei padri e per l’apparizione della trama antitragica legata alla figlia salvifica. Nodale nell’ipotesi messa a fuoco in questo volume è dunque la rappresentazione di una figura filiale che, mentre continua ad essere memoria perturbante del corpo materno nell’immaginario tragico shakespeariano, si avvia ad essere riconcepita come figura redentiva e dunque tramite per il raggiungimento di una “buona” mimesi nei romances. Tale ipotesi di lavoro viene esplorata anche attraverso il supporto delle arti visive. Rapporti finora inesplorati con l’arte visiva del Rinascimento corroborano la pervasività di tali temi nella cultura europea e la relazione che essi hanno con i motivi romanzeschi di morte, rinascita e riconciliazione. Il suggerimento nietzschiano di un’arte ‘apollinea’, ‘ingenuamente’ tesa verso una pacificata visione della vicenda umana, – ‘illusione liberatrice’ che egli vede realizzata appieno nella Trasfigurazione di Raffaello (uno degli ‘ingenui immortali’) –, trova ampio impiego nel volume in relazione ad una stessa bipartizione tragicomica dei romances shakespeariani. Ma a resuscitare nei romances (Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline) è un trasfigurato/trasfigurante corpo femminile. Nell’insieme il volume mostra come la ri-figurazione del corpo femminile nei tardi drammi shakespeariani lavori (nel senso ‘ingenuo’ definito da Nietzsche) sia in funzione di una redenta trama familiare che in funzione di una riconquistata ‘grazia’ della rappresentazione. INDICE. Prologo: tempeste in un baule; I. Le figlie cattive di Lear; II. Sul veliero di Pericles in fuga dall'incesto; III. Perdita e la piega del materno; IV. Imogen o il cerchio rapito; V. Miranda o l'educazione della sposa.

DEL SAPIO, M. (2005). Il bene ritrovato. Le figlie di Shakespeare dal King Lear ai romances. ROMA : Bulzoni Editore.

Il bene ritrovato. Le figlie di Shakespeare dal King Lear ai romances

DEL SAPIO, Maria
2005-01-01

Abstract

The plays discussed in the five chapters (plus ‘Prologue’) of this volume are King Lear, Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline, The Tempest. At the centre of Maria Del Sapio Garbero’s argument is the 'transfiguration' of the female body, as a way for Shakespeare to overcome the bleak vision of the great tragedies, as it marks the passage from King Lear to the romances. What is suggested as being at the core of Shakespeare’s preoccupations in the late plays is the representation of the daughter as a figure which while being connected with an uncanny maternal body may be envisioned as a mediating agency towards the achievement of a “good” mimesis. Unexplored links with Renaissance visual arts are established all along the volume in order to elucidate the pervasiveness of such a theme in European imagination as well as its relation with motives such as death, resurrection, and reconciliation. As a whole the volume shows how such a re-visioning of the female body works on both the sanitization of Shakespeare’s late family plots and the Bard’s recovery of female ‘grace’ as the lost goodness of representation. This view is substantiated by Nietzsche's complex conceptualization of the 'naive artist' and his forceful reading of the bipartite structuring of Raphael's Transfiguration. TABLE OF CONTENTS. Prologo: tempeste in un baule; I. Le figlie cattive di Lear; II. Sul veliero di Pericles in fuga dall'incesto; III. Perdita e la piega del materno; IV. Imogen o il cerchio rapito; V. Miranda o l'educazione della sposa.
2005
88-8319-985-5
Partendo dal King Lear, e seguendo una linea che si snoda in modo emblematico in Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline, The Tempest, il volume (con i suoi cinque capitoli + un prologo) esamina il percorso drammaturgico che, attraverso la figura femminile, conduce la scrittura shakespeariana dal ‘tragico’ al ‘romanzesco’ degli ultimi drammi, dove a prevalere è la trama parentale, nella particolare triangolazione di padre, madre figlia. Centrale nella lente interpretativa del volume è la riconcettualizzazione del corpo femminile quale modo per superare la visione negativa delle grandi tragedie; una negatività che dopo aver modellato l’Amleto, tocca il suo apice nel King Lear, dove il femminile è, appunto, evento catastrofico, tempesta. Segno di un invadente principio femminile che nel King Lear è tutt’uno con una notte che acceca, con una origine che insorge ‘soffocante’ dal di dentro, e che solo per poco riesce ad essere distanziato attraverso il balsamo rappresentato da Cordelia, la tempesta ritorna nei romances, come evento (reale e metaforico) che strappa il corpo delle figlie al ‘materno’, così segnando il prevalere di un’istanza separatrice, presupposto per il percorso penitenziale dei padri e per l’apparizione della trama antitragica legata alla figlia salvifica. Nodale nell’ipotesi messa a fuoco in questo volume è dunque la rappresentazione di una figura filiale che, mentre continua ad essere memoria perturbante del corpo materno nell’immaginario tragico shakespeariano, si avvia ad essere riconcepita come figura redentiva e dunque tramite per il raggiungimento di una “buona” mimesi nei romances. Tale ipotesi di lavoro viene esplorata anche attraverso il supporto delle arti visive. Rapporti finora inesplorati con l’arte visiva del Rinascimento corroborano la pervasività di tali temi nella cultura europea e la relazione che essi hanno con i motivi romanzeschi di morte, rinascita e riconciliazione. Il suggerimento nietzschiano di un’arte ‘apollinea’, ‘ingenuamente’ tesa verso una pacificata visione della vicenda umana, – ‘illusione liberatrice’ che egli vede realizzata appieno nella Trasfigurazione di Raffaello (uno degli ‘ingenui immortali’) –, trova ampio impiego nel volume in relazione ad una stessa bipartizione tragicomica dei romances shakespeariani. Ma a resuscitare nei romances (Pericles, The Winter’s Tale, Cymbeline) è un trasfigurato/trasfigurante corpo femminile. Nell’insieme il volume mostra come la ri-figurazione del corpo femminile nei tardi drammi shakespeariani lavori (nel senso ‘ingenuo’ definito da Nietzsche) sia in funzione di una redenta trama familiare che in funzione di una riconquistata ‘grazia’ della rappresentazione. INDICE. Prologo: tempeste in un baule; I. Le figlie cattive di Lear; II. Sul veliero di Pericles in fuga dall'incesto; III. Perdita e la piega del materno; IV. Imogen o il cerchio rapito; V. Miranda o l'educazione della sposa.
DEL SAPIO, M. (2005). Il bene ritrovato. Le figlie di Shakespeare dal King Lear ai romances. ROMA : Bulzoni Editore.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/185908
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact