Il riferimento del titolo del libro ai «flussi di risorse» intende porre in rilievo la posizione di centralità ricoperta, nel contesto dei fenomeni imprenditoriali, dalla ricchezza futura e dalla ricchezza nel suo divenire, nella sua produzione e nella sua trasformazione. Una delle finalità dell’indagine è dimostrare che la considerazione della ricchezza in una prospettiva dinamica non appartiene solo al piano dei fatti e alla realtà economica, ma è recepita anche sul piano della disciplina giuridica e, in particolare, della disciplina delle operazioni di finanziamento. Per raggiungere questo obiettivo, il volume prende in esame una lunga serie di istituti, mettendo in luce i diversi modi in cui la considerazione dei flussi di risorse che attraversano l’impresa influenza la disciplina stabilita dall’ordinamento. Secondo la ricostruzione prospettata, l’analisi delle norme mostra in effetti che l’ordinamento considera e tutela l’esigenza di un corretto andamento dei flussi di risorse dell’attività imprenditoriale, che costituisce pertanto una chiave di interpretazione delle disposizioni sui fenomeni di finanziamento. Su un piano più specifico, lo studio si pone come obiettivo quello di individuare la disciplina delle operazioni di destinazione in blocco di un complesso di risorse a garanzia o rimborso del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale, con particolare riferimento ai complessi formati da elementi variabili in funzione del ciclo produttivo o da proventi o crediti futuri dell’attività finanziata. Nell’ambito di tali operazioni si annoverano sia fenomeni di natura puramente negoziale, come il pegno rotativo su un insieme di beni aziendali, il privilegio speciale previsto dall’art. 46 t.u.b., la cessione in blocco di crediti futuri ed il trust a scopo di garanzia su un complesso di risorse imprenditoriali, sia fenomeni disciplinati dal diritto societario, come i patrimoni destinati ad uno specifico affare, il merger leveraged buy-out ed i finanziamenti destinati dell’art. 2447-decies c.c. Nonostante i profili e le questioni peculiari che contraddistinguono ciascuna fattispecie, tali operazioni sono accomunate dall’impiego, ai fini del reperimento di mezzi finanziari, di un complesso di risorse in tutto o in parte future, inteso in maniera dinamica. A questo comune denominatore corrisponde, sul versante degli interessi coinvolti, il verificarsi di una comune tipologia di conflitto. Le operazioni di destinazione in blocco poste al servizio di finanziamenti imprenditoriali rinvengono invero un tratto unificante nell’idoneità ad asservire il funzionamento dell’impresa finanziata – con tutte le prestazioni strumentali che esso presuppone anche da parte di terzi – alla garanzia o al rimborso del rapporto finanziamento che assistono. Sul piano economico, questa particolare attitudine comporta tipicamente almeno due generi di rischi, tra loro connessi. Il primo tipo di rischio attiene proprio al funzionamento dell’impresa finanziata. In proposito, occorre partire dalla constatazione che le operazioni di destinazione in blocco di un compendio di risorse future o variabili in funzione del ciclo produttivo consentono di ottenere finanziamenti di proporzioni tali da influenzare la programmazione finanziaria complessiva dell’iniziativa finanziata, che può coincidere con l’attività generale dell’impresa o con una parte più o meno ampia della stessa. Si viene così a creare il pericolo che la programmazione finanziaria dell’iniziativa finisca per essere orientata, invece che alla prospettiva della continuità aziendale, alle esigenze di un pronto recupero dell’investimento da parte del finanziatore, con possibili ripercussioni negative sulle capacità di autofinanziamento e conservazione dell’equilibrio prima finanziario e poi economico dell’impresa. Tipicamente, l’effettività della garanzia del rimborso del finanziatore si fonda sul presupposto del funzionamento dell’attività finanziata, ma solo in un’ottica limitata alla durata programmata per il rapporto di finanziamento. La circostanza contribuisce a spiegare la scelta di individuare il filo conduttore dell’indagine nella dialettica tra le esigenze di funzionamento dell’attività del finanziatore e le esigenze di funzionamento ed equilibrio economico e finanziario dell’attività imprenditoriale finanziata, prescindendo peraltro da problemi in qualche modo contigui, come la questione della sottocapitalizzazione e gli interrogativi sull’efficienza delle garanzie reali, che, lungi dall’essere messa in discussione, viene assunta implicitamente come presupposto della ricerca. Il secondo tipo di rischi indotto dalle operazioni di destinazione indicate risiede nel pregiudizio che esse possono arrecare ai terzi creditori qualora l’impresa finanziata diventi insolvente. Tale pericolo di pregiudizio non si riduce a quello insito in ogni ipotesi di garanzia reale o separazione patrimoniale – istituti che rendono legittima, rispettivamente, la traslazione del rischio di credito tramite la concessione di una prelazione a determinati creditori e la traslazione totale o parziale del rischio di credito o del rischio d’impresa mediante l’articolazione della responsabilità patrimoniale – ma risiede nella circostanza che il meccanismo predisposto a garanzia del rimborso del finanziatore beneficiario della destinazione assorbe deliberatamente il valore economico delle prestazioni compiute dai terzi creditori senza che a questi ultimi sia riconosciuto alcun corrispettivo per l’incremento del valore del complesso destinato. Si tratta di questioni che in altri ordinamenti sono state affrontate più che altro nell’ottica del pericolo di impedimento dell’attività del debitore (Knebelung) o dell’inganno in pregiudizio dei creditori (Gläubigerbenachteiligung, Gläubigertäuschung o Kredittäuschung) in violazione del principio di buona fede (la teoria più nota è probabilmente costituita dalla “dottrina dell’induzione del debitore all’inadempimento”, o Vertragsbruchslehre), ma che nel lavoro si sceglie di considerare sotto il particolare profilo del pregiudizio al normale e corretto funzionamento dell’iniziativa finanziata e dell’attività dei terzi creditori, intesi come operatori del mercato. In una prospettiva, quindi, ancora una volta essenzialmente imprenditoriale. Gli inconvenienti e i rischi presenti sul piano economico si riflettono in via inevitabile sul piano giuridico, dando luogo al problema intorno al quale si sviluppa l’intera ricerca, che consiste nel verificare se ed in quale misura l’ordinamento riconosca efficacia alle operazioni che comportano una destinazione globale delle principali risorse dell’impresa a favore di uno o più determinati finanziatori, con i rischi che ne discendono per l’iniziativa finanziata e per la generalità dei creditori. L’opera si articola in sei capitoli. Nel primo capitolo vengono illustrati il problema principale dell’indagine, il filo conduttore e il piano della ricerca, in modo da chiarire da subito il significato complessivo dello studio e anticipare le tappe del percorso che si intende seguire. Nel secondo capitolo, analizzando le regole stabilite per una lunga serie di operazioni di finanziamento, si intende dimostrare che la considerazione delle dinamiche dei flussi di risorse dell’iniziativa, e dunque delle esigenze di funzionamento dell’impresa, costituisce il perno intorno a cui ruota la disciplina giuridica dell’operazione. La dimostrazione mira al superamento di alcuni consolidati orientamenti giurisprudenziali tramite l’adozione di una prospettiva interpretativa analitica e normativistica, ritenuta necessaria per un’applicazione delle norme libera dalle sovrastrutture concettuali plasmate su disposizioni inerenti a fenomeni diversi da quelli da esaminare. Sul versante tecnico, l’adozione di questa prospettiva si traduce in una lettura fondata, invece che sulla titolarità e sulle vicende delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nell’operazione, sull’individuazione del valore giuridico in concreto riconosciuto all’atto di destinazione di risorse e, in particolare, sul giudizio relativo alla sua efficacia e alla sua opponibilità nei confronti dei terzi (ciò emerge soprattutto a partire dai paragrafi su pegno rotativo, cessione dei crediti futuri e mandato all’incasso a scopo di rimborso). Tale giudizio – si osserva – non è legato in via esclusiva all’eventuale compimento di certi adempimenti formali, ma discende da scelte di valore compiute dall’ordinamento, che devono essere identificate e tradotte in soluzioni applicative. Dal momento che le operazioni di destinazione prese in esame riguardano un insieme di risorse che in genere le parti considerano in blocco, nel terzo capitolo vengono precisati i diversi significati che l’espressione “operazione in blocco” può assumere a seconda che alluda alla rappresentazione dell’oggetto da parte dell’autoregolamento privato, al modo di atteggiarsi degli interessi sottostanti all’autoregolamento, oppure all’atteggiamento assunto dall’ordinamento nei confronti dell’oggetto del rapporto. Su questo piano, dopo avere inquadrato il problema delle operazioni di destinazione in blocco a scopo di garanzia o rimborso alla luce dei rapporti tra autonomia privata e ordinamento, dei principi costituzionali, delle alternative di politica del diritto e delle esperienze di altri sistemi giuridici, si osserva che, nei rapporti in cui le parti destinano a garanzia o rimborso di un finanziamento un complesso di risorse variabili in funzione del ciclo produttivo o un insieme di crediti o proventi dell’iniziativa finanziata, l’operazione, indipendentemente da quanto stabilito nell’autoregolamento privato, si fonda in via oggettiva sulla necessità del funzionamento dell’iniziativa, che entra a fare parte, con tutte le sue implicazioni, degli elementi che l’ordinamento si trova a valutare ai fini della disciplina del rapporto. Il valore giuridico dell’operazione compiuta è mediato dal valore giuridico dell’attività d’impresa. I principi applicabili alle operazioni di destinazione in blocco a favore del finanziatore vengono desunti, per un verso, dalle norme sul trasferimento di azienda e, per altro verso, dalle norme sulla prededuzione dei crediti sorti per l’esercizio dell’impresa nell’ambito di una procedura concorsuale. I due istituti implicano infatti un riconoscimento della rilevanza giuridica del nesso funzionale che lega ciascun complesso di risorse imprenditoriali ai debiti strumentali al suo funzionamento. Questa rilevanza – secondo la lettura proposta – è espressione di un giudizio di valore dell’ordinamento che dà luogo, sul piano normativo ed interpretativo, ad un principio generale di diritto dell’impresa capace di incidere sull’opponibilità dell’operazione di destinazione del complesso (le tecniche interpretative idonee a rendere concretamente applicabile il principio saranno poi indicate nell’ultimo capitolo). Il quarto capitolo individua la disciplina di diverse operazioni in blocco, allo scopo di verificare se e fino a che punto il principio generale individuato emerga dalla stessa o possa contribuire alla sua definizione. L’indagine indica i limiti che connotano il pegno rotativo su un complesso di beni aziendali e il privilegio convenzionale dell’art. 46 t.u.b. sul piano dell’opponibilità ai terzi; mette in rilievo le particolarità di regime che possono distinguere le cessioni in blocco di crediti futuri derivanti da un’iniziativa imprenditoriale rispetto alle altre cessioni di crediti futuri; identifica le effettive possibilità operative del trust in garanzia su un insieme di beni aziendali; esclude la possibilità di impiegare i patrimoni destinati ad uno specifico affare per attribuire ad un determinato finanziatore o gruppo di finanziatori una prelazione opponibile anche nei confronti dei creditori dell’affare; sottolinea il significato finanziario dell’istituto e le implicazioni sistematiche della destinazione del patrimonio separato alla realizzazione di una certa iniziativa economica; e da ultimo, analizza il merger leveraged buy-out non più, come nel primo capitolo, dal punto di vista del confronto con i limiti posti all’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, bensì dal punto di vista della disciplina del rapporto di finanziamento esterno finalizzato all’acquisizione del controllo della società bersaglio, confermando le peculiarità del fenomeno sia in ordine ai connotati della fattispecie, sia in ordine alla difficoltà di individuare rimedi, diversi dalle azioni di responsabilità per l’eventuale violazione delle prescrizioni dell’art. 2501-bis c.c., idonei a tutelare il funzionamento dell’impresa. Il quinto capitolo è dedicato alla disciplina societaria e concorsuale dei finanziamenti destinati ad uno specifico affare, dettata dall’art. 2447-decies c.c. e dall’art. 72-ter legge fall. L’esposizione prende le mosse da una lettura della destinazione, della separazione e della responsabilità patrimoniale che valorizza il significato della destinazione del finanziamento allo specifico affare, concepito dalla norma in termini di attività. Tale lettura, non priva di interesse anche su un piano più generale, presenta rilevanti implicazioni sotto diversi aspetti: l’aspetto del regime delle risorse fornite dal finanziatore; l’aspetto della dinamica dell’operazione e dei rapporti con i vari creditori; l’aspetto della separazione patrimoniale dei proventi (che si rivela notevolmente diversa dalle altre ipotesi di separazione patrimoniale conosciute dall’ordinamento); e l’idoneità dell’affare a mantenere una sfera di autonomia dall’attività generale della società anche nell’ipotesi di insolvenza di quest’ultima. Il sesto capitolo porta a compimento i discorsi avviati nel primo e nel terzo capitolo e, raccogliendo i risultati della ricerca, illustra i riflessi che la considerazione dei tre fattori «autoregolamento», «impresa» e «mercato» da parte dall’ordinamento può comportare sul piano del trattamento giuridico delle operazioni in blocco poste al servizio del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale. Il contributo specifico della monografia è costituito innanzi tutto dalle soluzioni raggiunte nella ricostruzione della disciplina dei singoli fenomeni studiati, soluzioni a volte circoscritte alla rilettura in una particolare ottica di risultati già acquisiti da dottrina o giurisprudenza (si allude ai paragrafi su sconto bancario, credito documentario confermato, apertura di credito, sull’anticipazione bancaria e pegno irregolare), e altre volte caratterizzate invece dall’approfondimento o dalla tendenza al superamento di interpretazioni attualmente diffuse (si allude ai paragrafi su pegno rotativo, cessione dei crediti futuri, mandato irrevocabile all’incasso, cartolarizzazione dei crediti, pegno di complessi di beni aziendali, privilegio speciale a garanzia di finanziamenti a medio o lungo termine a favore di imprese, trust in funzione di garanzia, patrimoni destinati ad uno specifico affare, merger leveraged buy-out, finanziamenti destinati). Tra le conclusioni a cui si perviene possono essere ricordate l’opponibilità del patto di rotatività della garanzia, l’impossibilità per gli organi del fallimento dell’impresa finanziata dal cessionario o mandatario di sciogliere o ritenere inopponibile la cessione di crediti futuri e il mandato esclusivo all’incasso notificato al terzo debitore, l’esclusione del merger leveraged buy-out dall’ambito di applicazione dei limiti posti in materia di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, l’ammissibilità del pegno costituito con forme di “spossessamento attenuato”, l’ammissibilità del trust in garanzia su un insieme di beni aziendali, la separazione patrimoniale delle somme fornite a titolo di finanziamento di uno specifico affare e, ancora, l’impossibilità per gli organi del fallimento della società che abbia ricevuto il finanziamento destinato di impedire o interrompere l’esecuzione dell’affare trascurando le soluzioni eventualmente individuate dal finanziatore per continuare l’operazione senza costi aggiuntivi per la massa. A livello più generale, uno dei contributi principali del lavoro consiste nella proposta di individuare la disciplina applicabile alle operazioni di finanziamento tenendo in considerazione valutazioni normative inerenti ad una pluralità di piani diversi: il piano dell’autoregolamento privato, il piano dell’attività d’impresa, il piano del mercato coinvolto. L’idea è quella di impiegare le esperienze maturate negli studi sull’autonomia dei privati, sul rilievo giuridico del mercato e soprattutto sulla rilevanza giuridica dell’attività d’impresa allo scopo di dare attuazione concreta all’orientamento teorico secondo cui il testo delle disposizioni di legge ha carattere contingente e storicamente definito e deve pertanto essere letto alla luce del sistema di principi e valori accolti e desumibili dall’ordinamento, i quali, pur essendo anch’essi storicamente determinati, sono espressione di scelte politiche e giudizi di valore di respiro certamente più ampio di quelli cristallizzati nelle singole disposizioni. In base alla ricostruzione seguita, la questione delle operazioni di destinazione in blocco al servizio del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale, che si inquadra tra i problemi del finanziamento dell’impresa, è affrontata dall’ordinamento, sullo sfondo del testo delle singole disposizioni, non in una chiave individualistica, incentrata sul singolo atto o rapporto e sugli interessi dei relativi protagonisti, bensì in una prospettiva che tiene della pluralità degli interessi che ruotano intorno alle imprese coinvolte e delle istanze obbiettive che presiedono al funzionamento delle stesse. All’interno di questo panorama, la ricerca ritiene possibile individuare una dialettica tra norme sui profili negoziali dell’attività economica, volte a lasciare ampio spazio all’autonomia dei privati, e principi di diritto dell’impresa e del mercato, che mirano in genere a contemperare la libertà di iniziativa di ciascun operatore con quella degli altri, al fine di evitare pregiudizi al corretto funzionamento del sistema economico. In un’analoga prospettiva si colloca altresì la conclusione secondo cui le norme che ammettono o predispongono particolari meccanismi di tutela a garanzia dell’investimento compiuto dal finanziatore, essendo dirette al fine di favorire il compimento di determinate operazioni di finanziamento dell’impresa, non stabiliscono una tutela a tutti i costi del finanziatore in quanto tale, ma sono orientate allo scopo di consentire la realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale destinataria del finanziamento e vanno pertanto interpretate alla luce di tale ratio. Una conclusione con la quale, ricollegandosi implicitamente al dibattito sui rapporti tra tutela dell’attività d’impresa e tutela dell’investimento finanziario che anima anche gli studi sull’interesse sociale delle società per azioni, si prende decisamente posizione a favore della tesi della strumentalità della tutela dell’investimento finanziario rispetto alla tutela del corretto svolgimento dell’attività d’impresa.

DI MARCELLO, T. (2010). Flussi di risorse e finanziamento dell'impresa. MILANO : Giuffrè.

Flussi di risorse e finanziamento dell'impresa

DI MARCELLO, TOMMASO
2010-01-01

Abstract

Il riferimento del titolo del libro ai «flussi di risorse» intende porre in rilievo la posizione di centralità ricoperta, nel contesto dei fenomeni imprenditoriali, dalla ricchezza futura e dalla ricchezza nel suo divenire, nella sua produzione e nella sua trasformazione. Una delle finalità dell’indagine è dimostrare che la considerazione della ricchezza in una prospettiva dinamica non appartiene solo al piano dei fatti e alla realtà economica, ma è recepita anche sul piano della disciplina giuridica e, in particolare, della disciplina delle operazioni di finanziamento. Per raggiungere questo obiettivo, il volume prende in esame una lunga serie di istituti, mettendo in luce i diversi modi in cui la considerazione dei flussi di risorse che attraversano l’impresa influenza la disciplina stabilita dall’ordinamento. Secondo la ricostruzione prospettata, l’analisi delle norme mostra in effetti che l’ordinamento considera e tutela l’esigenza di un corretto andamento dei flussi di risorse dell’attività imprenditoriale, che costituisce pertanto una chiave di interpretazione delle disposizioni sui fenomeni di finanziamento. Su un piano più specifico, lo studio si pone come obiettivo quello di individuare la disciplina delle operazioni di destinazione in blocco di un complesso di risorse a garanzia o rimborso del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale, con particolare riferimento ai complessi formati da elementi variabili in funzione del ciclo produttivo o da proventi o crediti futuri dell’attività finanziata. Nell’ambito di tali operazioni si annoverano sia fenomeni di natura puramente negoziale, come il pegno rotativo su un insieme di beni aziendali, il privilegio speciale previsto dall’art. 46 t.u.b., la cessione in blocco di crediti futuri ed il trust a scopo di garanzia su un complesso di risorse imprenditoriali, sia fenomeni disciplinati dal diritto societario, come i patrimoni destinati ad uno specifico affare, il merger leveraged buy-out ed i finanziamenti destinati dell’art. 2447-decies c.c. Nonostante i profili e le questioni peculiari che contraddistinguono ciascuna fattispecie, tali operazioni sono accomunate dall’impiego, ai fini del reperimento di mezzi finanziari, di un complesso di risorse in tutto o in parte future, inteso in maniera dinamica. A questo comune denominatore corrisponde, sul versante degli interessi coinvolti, il verificarsi di una comune tipologia di conflitto. Le operazioni di destinazione in blocco poste al servizio di finanziamenti imprenditoriali rinvengono invero un tratto unificante nell’idoneità ad asservire il funzionamento dell’impresa finanziata – con tutte le prestazioni strumentali che esso presuppone anche da parte di terzi – alla garanzia o al rimborso del rapporto finanziamento che assistono. Sul piano economico, questa particolare attitudine comporta tipicamente almeno due generi di rischi, tra loro connessi. Il primo tipo di rischio attiene proprio al funzionamento dell’impresa finanziata. In proposito, occorre partire dalla constatazione che le operazioni di destinazione in blocco di un compendio di risorse future o variabili in funzione del ciclo produttivo consentono di ottenere finanziamenti di proporzioni tali da influenzare la programmazione finanziaria complessiva dell’iniziativa finanziata, che può coincidere con l’attività generale dell’impresa o con una parte più o meno ampia della stessa. Si viene così a creare il pericolo che la programmazione finanziaria dell’iniziativa finisca per essere orientata, invece che alla prospettiva della continuità aziendale, alle esigenze di un pronto recupero dell’investimento da parte del finanziatore, con possibili ripercussioni negative sulle capacità di autofinanziamento e conservazione dell’equilibrio prima finanziario e poi economico dell’impresa. Tipicamente, l’effettività della garanzia del rimborso del finanziatore si fonda sul presupposto del funzionamento dell’attività finanziata, ma solo in un’ottica limitata alla durata programmata per il rapporto di finanziamento. La circostanza contribuisce a spiegare la scelta di individuare il filo conduttore dell’indagine nella dialettica tra le esigenze di funzionamento dell’attività del finanziatore e le esigenze di funzionamento ed equilibrio economico e finanziario dell’attività imprenditoriale finanziata, prescindendo peraltro da problemi in qualche modo contigui, come la questione della sottocapitalizzazione e gli interrogativi sull’efficienza delle garanzie reali, che, lungi dall’essere messa in discussione, viene assunta implicitamente come presupposto della ricerca. Il secondo tipo di rischi indotto dalle operazioni di destinazione indicate risiede nel pregiudizio che esse possono arrecare ai terzi creditori qualora l’impresa finanziata diventi insolvente. Tale pericolo di pregiudizio non si riduce a quello insito in ogni ipotesi di garanzia reale o separazione patrimoniale – istituti che rendono legittima, rispettivamente, la traslazione del rischio di credito tramite la concessione di una prelazione a determinati creditori e la traslazione totale o parziale del rischio di credito o del rischio d’impresa mediante l’articolazione della responsabilità patrimoniale – ma risiede nella circostanza che il meccanismo predisposto a garanzia del rimborso del finanziatore beneficiario della destinazione assorbe deliberatamente il valore economico delle prestazioni compiute dai terzi creditori senza che a questi ultimi sia riconosciuto alcun corrispettivo per l’incremento del valore del complesso destinato. Si tratta di questioni che in altri ordinamenti sono state affrontate più che altro nell’ottica del pericolo di impedimento dell’attività del debitore (Knebelung) o dell’inganno in pregiudizio dei creditori (Gläubigerbenachteiligung, Gläubigertäuschung o Kredittäuschung) in violazione del principio di buona fede (la teoria più nota è probabilmente costituita dalla “dottrina dell’induzione del debitore all’inadempimento”, o Vertragsbruchslehre), ma che nel lavoro si sceglie di considerare sotto il particolare profilo del pregiudizio al normale e corretto funzionamento dell’iniziativa finanziata e dell’attività dei terzi creditori, intesi come operatori del mercato. In una prospettiva, quindi, ancora una volta essenzialmente imprenditoriale. Gli inconvenienti e i rischi presenti sul piano economico si riflettono in via inevitabile sul piano giuridico, dando luogo al problema intorno al quale si sviluppa l’intera ricerca, che consiste nel verificare se ed in quale misura l’ordinamento riconosca efficacia alle operazioni che comportano una destinazione globale delle principali risorse dell’impresa a favore di uno o più determinati finanziatori, con i rischi che ne discendono per l’iniziativa finanziata e per la generalità dei creditori. L’opera si articola in sei capitoli. Nel primo capitolo vengono illustrati il problema principale dell’indagine, il filo conduttore e il piano della ricerca, in modo da chiarire da subito il significato complessivo dello studio e anticipare le tappe del percorso che si intende seguire. Nel secondo capitolo, analizzando le regole stabilite per una lunga serie di operazioni di finanziamento, si intende dimostrare che la considerazione delle dinamiche dei flussi di risorse dell’iniziativa, e dunque delle esigenze di funzionamento dell’impresa, costituisce il perno intorno a cui ruota la disciplina giuridica dell’operazione. La dimostrazione mira al superamento di alcuni consolidati orientamenti giurisprudenziali tramite l’adozione di una prospettiva interpretativa analitica e normativistica, ritenuta necessaria per un’applicazione delle norme libera dalle sovrastrutture concettuali plasmate su disposizioni inerenti a fenomeni diversi da quelli da esaminare. Sul versante tecnico, l’adozione di questa prospettiva si traduce in una lettura fondata, invece che sulla titolarità e sulle vicende delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nell’operazione, sull’individuazione del valore giuridico in concreto riconosciuto all’atto di destinazione di risorse e, in particolare, sul giudizio relativo alla sua efficacia e alla sua opponibilità nei confronti dei terzi (ciò emerge soprattutto a partire dai paragrafi su pegno rotativo, cessione dei crediti futuri e mandato all’incasso a scopo di rimborso). Tale giudizio – si osserva – non è legato in via esclusiva all’eventuale compimento di certi adempimenti formali, ma discende da scelte di valore compiute dall’ordinamento, che devono essere identificate e tradotte in soluzioni applicative. Dal momento che le operazioni di destinazione prese in esame riguardano un insieme di risorse che in genere le parti considerano in blocco, nel terzo capitolo vengono precisati i diversi significati che l’espressione “operazione in blocco” può assumere a seconda che alluda alla rappresentazione dell’oggetto da parte dell’autoregolamento privato, al modo di atteggiarsi degli interessi sottostanti all’autoregolamento, oppure all’atteggiamento assunto dall’ordinamento nei confronti dell’oggetto del rapporto. Su questo piano, dopo avere inquadrato il problema delle operazioni di destinazione in blocco a scopo di garanzia o rimborso alla luce dei rapporti tra autonomia privata e ordinamento, dei principi costituzionali, delle alternative di politica del diritto e delle esperienze di altri sistemi giuridici, si osserva che, nei rapporti in cui le parti destinano a garanzia o rimborso di un finanziamento un complesso di risorse variabili in funzione del ciclo produttivo o un insieme di crediti o proventi dell’iniziativa finanziata, l’operazione, indipendentemente da quanto stabilito nell’autoregolamento privato, si fonda in via oggettiva sulla necessità del funzionamento dell’iniziativa, che entra a fare parte, con tutte le sue implicazioni, degli elementi che l’ordinamento si trova a valutare ai fini della disciplina del rapporto. Il valore giuridico dell’operazione compiuta è mediato dal valore giuridico dell’attività d’impresa. I principi applicabili alle operazioni di destinazione in blocco a favore del finanziatore vengono desunti, per un verso, dalle norme sul trasferimento di azienda e, per altro verso, dalle norme sulla prededuzione dei crediti sorti per l’esercizio dell’impresa nell’ambito di una procedura concorsuale. I due istituti implicano infatti un riconoscimento della rilevanza giuridica del nesso funzionale che lega ciascun complesso di risorse imprenditoriali ai debiti strumentali al suo funzionamento. Questa rilevanza – secondo la lettura proposta – è espressione di un giudizio di valore dell’ordinamento che dà luogo, sul piano normativo ed interpretativo, ad un principio generale di diritto dell’impresa capace di incidere sull’opponibilità dell’operazione di destinazione del complesso (le tecniche interpretative idonee a rendere concretamente applicabile il principio saranno poi indicate nell’ultimo capitolo). Il quarto capitolo individua la disciplina di diverse operazioni in blocco, allo scopo di verificare se e fino a che punto il principio generale individuato emerga dalla stessa o possa contribuire alla sua definizione. L’indagine indica i limiti che connotano il pegno rotativo su un complesso di beni aziendali e il privilegio convenzionale dell’art. 46 t.u.b. sul piano dell’opponibilità ai terzi; mette in rilievo le particolarità di regime che possono distinguere le cessioni in blocco di crediti futuri derivanti da un’iniziativa imprenditoriale rispetto alle altre cessioni di crediti futuri; identifica le effettive possibilità operative del trust in garanzia su un insieme di beni aziendali; esclude la possibilità di impiegare i patrimoni destinati ad uno specifico affare per attribuire ad un determinato finanziatore o gruppo di finanziatori una prelazione opponibile anche nei confronti dei creditori dell’affare; sottolinea il significato finanziario dell’istituto e le implicazioni sistematiche della destinazione del patrimonio separato alla realizzazione di una certa iniziativa economica; e da ultimo, analizza il merger leveraged buy-out non più, come nel primo capitolo, dal punto di vista del confronto con i limiti posti all’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, bensì dal punto di vista della disciplina del rapporto di finanziamento esterno finalizzato all’acquisizione del controllo della società bersaglio, confermando le peculiarità del fenomeno sia in ordine ai connotati della fattispecie, sia in ordine alla difficoltà di individuare rimedi, diversi dalle azioni di responsabilità per l’eventuale violazione delle prescrizioni dell’art. 2501-bis c.c., idonei a tutelare il funzionamento dell’impresa. Il quinto capitolo è dedicato alla disciplina societaria e concorsuale dei finanziamenti destinati ad uno specifico affare, dettata dall’art. 2447-decies c.c. e dall’art. 72-ter legge fall. L’esposizione prende le mosse da una lettura della destinazione, della separazione e della responsabilità patrimoniale che valorizza il significato della destinazione del finanziamento allo specifico affare, concepito dalla norma in termini di attività. Tale lettura, non priva di interesse anche su un piano più generale, presenta rilevanti implicazioni sotto diversi aspetti: l’aspetto del regime delle risorse fornite dal finanziatore; l’aspetto della dinamica dell’operazione e dei rapporti con i vari creditori; l’aspetto della separazione patrimoniale dei proventi (che si rivela notevolmente diversa dalle altre ipotesi di separazione patrimoniale conosciute dall’ordinamento); e l’idoneità dell’affare a mantenere una sfera di autonomia dall’attività generale della società anche nell’ipotesi di insolvenza di quest’ultima. Il sesto capitolo porta a compimento i discorsi avviati nel primo e nel terzo capitolo e, raccogliendo i risultati della ricerca, illustra i riflessi che la considerazione dei tre fattori «autoregolamento», «impresa» e «mercato» da parte dall’ordinamento può comportare sul piano del trattamento giuridico delle operazioni in blocco poste al servizio del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale. Il contributo specifico della monografia è costituito innanzi tutto dalle soluzioni raggiunte nella ricostruzione della disciplina dei singoli fenomeni studiati, soluzioni a volte circoscritte alla rilettura in una particolare ottica di risultati già acquisiti da dottrina o giurisprudenza (si allude ai paragrafi su sconto bancario, credito documentario confermato, apertura di credito, sull’anticipazione bancaria e pegno irregolare), e altre volte caratterizzate invece dall’approfondimento o dalla tendenza al superamento di interpretazioni attualmente diffuse (si allude ai paragrafi su pegno rotativo, cessione dei crediti futuri, mandato irrevocabile all’incasso, cartolarizzazione dei crediti, pegno di complessi di beni aziendali, privilegio speciale a garanzia di finanziamenti a medio o lungo termine a favore di imprese, trust in funzione di garanzia, patrimoni destinati ad uno specifico affare, merger leveraged buy-out, finanziamenti destinati). Tra le conclusioni a cui si perviene possono essere ricordate l’opponibilità del patto di rotatività della garanzia, l’impossibilità per gli organi del fallimento dell’impresa finanziata dal cessionario o mandatario di sciogliere o ritenere inopponibile la cessione di crediti futuri e il mandato esclusivo all’incasso notificato al terzo debitore, l’esclusione del merger leveraged buy-out dall’ambito di applicazione dei limiti posti in materia di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, l’ammissibilità del pegno costituito con forme di “spossessamento attenuato”, l’ammissibilità del trust in garanzia su un insieme di beni aziendali, la separazione patrimoniale delle somme fornite a titolo di finanziamento di uno specifico affare e, ancora, l’impossibilità per gli organi del fallimento della società che abbia ricevuto il finanziamento destinato di impedire o interrompere l’esecuzione dell’affare trascurando le soluzioni eventualmente individuate dal finanziatore per continuare l’operazione senza costi aggiuntivi per la massa. A livello più generale, uno dei contributi principali del lavoro consiste nella proposta di individuare la disciplina applicabile alle operazioni di finanziamento tenendo in considerazione valutazioni normative inerenti ad una pluralità di piani diversi: il piano dell’autoregolamento privato, il piano dell’attività d’impresa, il piano del mercato coinvolto. L’idea è quella di impiegare le esperienze maturate negli studi sull’autonomia dei privati, sul rilievo giuridico del mercato e soprattutto sulla rilevanza giuridica dell’attività d’impresa allo scopo di dare attuazione concreta all’orientamento teorico secondo cui il testo delle disposizioni di legge ha carattere contingente e storicamente definito e deve pertanto essere letto alla luce del sistema di principi e valori accolti e desumibili dall’ordinamento, i quali, pur essendo anch’essi storicamente determinati, sono espressione di scelte politiche e giudizi di valore di respiro certamente più ampio di quelli cristallizzati nelle singole disposizioni. In base alla ricostruzione seguita, la questione delle operazioni di destinazione in blocco al servizio del finanziamento di un’iniziativa imprenditoriale, che si inquadra tra i problemi del finanziamento dell’impresa, è affrontata dall’ordinamento, sullo sfondo del testo delle singole disposizioni, non in una chiave individualistica, incentrata sul singolo atto o rapporto e sugli interessi dei relativi protagonisti, bensì in una prospettiva che tiene della pluralità degli interessi che ruotano intorno alle imprese coinvolte e delle istanze obbiettive che presiedono al funzionamento delle stesse. All’interno di questo panorama, la ricerca ritiene possibile individuare una dialettica tra norme sui profili negoziali dell’attività economica, volte a lasciare ampio spazio all’autonomia dei privati, e principi di diritto dell’impresa e del mercato, che mirano in genere a contemperare la libertà di iniziativa di ciascun operatore con quella degli altri, al fine di evitare pregiudizi al corretto funzionamento del sistema economico. In un’analoga prospettiva si colloca altresì la conclusione secondo cui le norme che ammettono o predispongono particolari meccanismi di tutela a garanzia dell’investimento compiuto dal finanziatore, essendo dirette al fine di favorire il compimento di determinate operazioni di finanziamento dell’impresa, non stabiliscono una tutela a tutti i costi del finanziatore in quanto tale, ma sono orientate allo scopo di consentire la realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale destinataria del finanziamento e vanno pertanto interpretate alla luce di tale ratio. Una conclusione con la quale, ricollegandosi implicitamente al dibattito sui rapporti tra tutela dell’attività d’impresa e tutela dell’investimento finanziario che anima anche gli studi sull’interesse sociale delle società per azioni, si prende decisamente posizione a favore della tesi della strumentalità della tutela dell’investimento finanziario rispetto alla tutela del corretto svolgimento dell’attività d’impresa.
2010
978-88-14-15506-2
DI MARCELLO, T. (2010). Flussi di risorse e finanziamento dell'impresa. MILANO : Giuffrè.
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