Caratteristiche e funzionamento della “gabbia di inviluppo” Il punto di partenza nel sistema in oggetto è la costruzione di una gabbia, di un parallelepipedo ortogonale con larghezza, altezza e profondità (riferibili alle coordinate di X, Y e Z) variabili entro un massimo e un minimo: il massimo dipende dalla lunghezza degli elementi costitutivi della stessa gabbia, il minimo dal volume utile richiesto per il modello fisico della tensostruttura da ottenere all’interno della gabbia al netto della parte occupata dalle attrezzature illustrate in seguito (dinamometri e tenditori). Il volume minimo nella gabbia ed il volume di inviluppo della tensostruttura di progetto tendono a coincidere. Nella configurazione di base la gabbia ha bisogno dei 12 elementi o aste corrispondenti agli spigoli di un cubo o di un parallelepipedo, nel caso si decida di predisporre un volume utile per la modellazione fisica della struttura inferiore alla lunghezza delle aste. Per facilitare frequenti e rapidi intervento di montaggio, smontaggio o variazioni dimensionali della gabbia, il materiale più adatto per le aste risulta essere la lamiera metallica di ferro o acciaio che tramite piegatura consente di ottenere elementi profilati con sezione appropriata. In questa sede si fa riferimento ad elementi lunghi 2,00 metri, ottenuti da una lamiera di 2 mm di spessore, con una sezione a C di dimensioni 40 x 120 mm. È ovviamente possibile lavorare in dimensioni e spessori sia minori sia maggiori in relazione al prevedibile campo di impiego prevalente del sistema, con l’avvertenza che una gabbia più grande implica irrigidimenti, maggior peso e minore facilità di lavoro, una gabbia più piccola riduce il volume utile e rischia di ostacolare la corretta configurazione della struttura o misurazione degli sforzi. Se le aste sono sempre attaccate alle estremità, la gabbia assume la configurazione di un cubo con 2,00 metri di lato, se l’attacco si sposta lungo l’asta tendono a ridursi una o più di larghezza, altezza o profondità, ovviamente alle dimensioni ritenuti utili per l’inviluppo della tensostruttura in progetto. La connessione delle aste tra loro e la predisposizione dei punti di aggancio per cavi e membrane suggerisce l’impiego di una lamiera forata: un assetto sufficientemente performante è rappresentato da una sequenza di fori (Φ 8 mm) con un passo quadrato e 40 mm di interasse. Anche in questo caso una riduzione del numero dei fori aumenta il grado di rigidità del sistema, mentre una maggiore densità o frequenza tende a ridurre la resistenza delle aste. La sezione delle aste e la regolarità dei fori permettono di risolvere l’assemblaggio della gabbia con semplici bulloni, pur garantendo una grande varietà di assetti. Per evitare eventuali scostamenti dall’ortogonale (conseguenti alla necessaria tolleranza di foro e bullone) è opportuno inserire nell’intersezione tra due aste una piastra o mensola, piegata a L di dimensioni pari a 200 x 160 x 40 mm con due fori per connettersi ad un’asta ed un foro per l’altra. Le facce del cubo o parallelepipedo possono a loro volta essere frazionate in parti utilizzando ulteriori aste in lamiera forata di ferro o acciaio oppure, alternativamente, regoli scatolari in alluminio (da serrare con morsetti alla aste in ferro): le prime per predisporre ulteriori punti di aggancio della tensostruttura da modellare, i secondi per facilitare le operazioni di rilievo metrico degli assetti geometrici assunti da cavi e membrane in condizioni di regime. Sempre lungo le aste sono ancorati una serie di ganci oppure scorrono una serie di pattini su ciascuno dei quali è incernierato un dinamometro; a sua volta il tenditore è incernierato al dinamometro. Per fissare il gancio si stringe un dado, per il pattino basta serrare una manopola: il gancio ha il passo imposto dalla distanza dei fori tra loro, mentre il pattino permette anche spostamenti molto ridotti (e permette quindi un grado di precisione maggiore). Trattandosi in sostanza di due occhielli sia tra dinamometro ed asta sia tra tenditore e dinamometro, il movimento consentito dalle cerniere risulta teoricamente uguale o superiore ai 180 gradi rispetto a tutte e tre le coordinate cartesiane. All’altro estremo del tenditore è ancorato un cavo oppure un punto della membrana. L’inclinazione del dinamometro e del tenditore è determinata dalla risultante nello spazio degli sforzi esercitati da cavo o membrana. Vale però anche il principio inverso: a parità delle altre condizioni, spostando il punto di aggancio si modificano sia l’assetto geometrico di cavi e membrane (tanto da poter richiedere ulteriori aggiustamenti degli altri elementi della configurazione) sia le distribuzione delle tensioni. Sebbene non compresa nel dispositivo in questione, la simulazione dei carichi esterni, cui la tensostruttura stessa si suppone sia sottoposta, completa lo scenario di analisi e progetto. Allo scopo si possono usare sacchetti o materassini di sabbia, lastre di piombo ritagliate e sagomate, eccetera. Se il cavo è inizialmente fissato con il tenditore totalmente allentato, la pretensione potrà essere aumentata quando la struttura ha assunto la sua condizione o configurazione di regime proprio avvitando il tenditore. A titolo esemplificativo, si supponga di voler realizzare una struttura composta da tre cavi che si agganciano l’uno nell’altro ad una delle estremità, formando un triangolo nell’area di mezzeria della copertura. All’altra estremità i tre cavi dovranno essere agganciati alla gabbia. Poiché tre punti non allineati giacciono sempre sullo stesso piano, comunque siano disposti nello spazio gli agganci alla gabbia, i cavi tendono ad inflettersi per effetto della gravità nell’area di mezzeria, rendendo la struttura parzialmente labile o comunque non rigida. Si supponga allora di introdurre altri tre cavi che tirano dall’alto o dal basso (ovvero con inclinazioni diverse rispetto al piano descritto dai tre punti di aggancio dei cavi principali) i vertici del suddetto triangolo in modo da determinare le condizioni di piena stabilità della struttura tesa. Questi vertici si scosteranno dalla condizione di complanarità per effetto della tensione esercitata su di loro dai cavi ausiliari. Tanto la modulazione delle pretensioni attraverso l’avvitamento dei tenditori quanto l’inclinazione relativa dei tre cavi ausiliari modifica le condizioni di carico dei primi tre cavi. Lasciando fissi i primi tre punti di aggancio e spostando i secondi tre cambiano le tensioni che i cavi si trasmettono tra loro: confrontando i risultati ottenuti con configurazioni diverse si arriva a determinare la configurazione che offre le migliori prestazioni. Se si utilizzano dinamometri digitali con tecnologia bluetooth, i dati sono riportati in tempo reale nel computer ed organizzati in tabelle di comparazione delle soluzioni. Una volta raggiunta sperimentalmente la configurazione di regime (o per lo meno una configurazione ritenuta significativa nel corso dell’elaborazione progettuale) i riferimenti ortogonali offerti dalla gabbia facilitano il rilevamento metrico dei punti significativi, ovvero i punti di aggancio, le intersezioni di cavi nello spazio, le eventuali frecce di parabole/catenarie quando i cavi sono soggetti a significativi carichi uniformemente distribuiti. Il dato geometrico rilevato si offre come verifica e controllo dei modelli digitali che si possono costruire utilizzando applicazioni dedicate alla definizione della configurazione geometrica oppure al calcolo strutturale. È possibile anche sagomare le membrane senza aver preventivamente utilizzato il piano di taglio sulla base della mesh che approssima la superficie minima all’interno di un perimetro (caratteristica distintiva di una membrana tesa). Si supponga, sempre a titolo esemplificativo, di ancorare un pezzo di tessuto in un numero variabile di punti distribuiti lungo il bordo, avendo cura di diversificare le altezze di questi punti l’una dall’altra. Per ottenere la corrispondente configurazione di una membrana tesa bisogna indurre una contrazione nella parte centrale della superficie, ovvero del tessuto, attraverso sovrapposizioni parziali, che andranno attenuandosi progressivamente verso il bordo. A sua volta lungo il bordo si possono osservare, soprattutto nei punti più distanti dagli ancoraggi, aree non sollecitate che è opportuno ritagliare. Questa sagomatura del tessuto attraverso il modello fisico rappresenta una diversa procedura per definire il piano di taglio della membrana, necessario per la effettiva costruzione della tensostruttura in scala reale, che a differenza delle simulazioni numeriche tiene conto o interagisce con le specificità del materiale utilizzato (a cominciare da peso, rigidezza e spessore di tessuti, pellicole o altro).

Rossi, P.G., Rossi, P. (2009)Gabbia per lo studio delle strutture tese. . Brevetto No. RM2009A000399.

Gabbia per lo studio delle strutture tese

ROSSI, Piergiorgio
2009-01-01

Abstract

Caratteristiche e funzionamento della “gabbia di inviluppo” Il punto di partenza nel sistema in oggetto è la costruzione di una gabbia, di un parallelepipedo ortogonale con larghezza, altezza e profondità (riferibili alle coordinate di X, Y e Z) variabili entro un massimo e un minimo: il massimo dipende dalla lunghezza degli elementi costitutivi della stessa gabbia, il minimo dal volume utile richiesto per il modello fisico della tensostruttura da ottenere all’interno della gabbia al netto della parte occupata dalle attrezzature illustrate in seguito (dinamometri e tenditori). Il volume minimo nella gabbia ed il volume di inviluppo della tensostruttura di progetto tendono a coincidere. Nella configurazione di base la gabbia ha bisogno dei 12 elementi o aste corrispondenti agli spigoli di un cubo o di un parallelepipedo, nel caso si decida di predisporre un volume utile per la modellazione fisica della struttura inferiore alla lunghezza delle aste. Per facilitare frequenti e rapidi intervento di montaggio, smontaggio o variazioni dimensionali della gabbia, il materiale più adatto per le aste risulta essere la lamiera metallica di ferro o acciaio che tramite piegatura consente di ottenere elementi profilati con sezione appropriata. In questa sede si fa riferimento ad elementi lunghi 2,00 metri, ottenuti da una lamiera di 2 mm di spessore, con una sezione a C di dimensioni 40 x 120 mm. È ovviamente possibile lavorare in dimensioni e spessori sia minori sia maggiori in relazione al prevedibile campo di impiego prevalente del sistema, con l’avvertenza che una gabbia più grande implica irrigidimenti, maggior peso e minore facilità di lavoro, una gabbia più piccola riduce il volume utile e rischia di ostacolare la corretta configurazione della struttura o misurazione degli sforzi. Se le aste sono sempre attaccate alle estremità, la gabbia assume la configurazione di un cubo con 2,00 metri di lato, se l’attacco si sposta lungo l’asta tendono a ridursi una o più di larghezza, altezza o profondità, ovviamente alle dimensioni ritenuti utili per l’inviluppo della tensostruttura in progetto. La connessione delle aste tra loro e la predisposizione dei punti di aggancio per cavi e membrane suggerisce l’impiego di una lamiera forata: un assetto sufficientemente performante è rappresentato da una sequenza di fori (Φ 8 mm) con un passo quadrato e 40 mm di interasse. Anche in questo caso una riduzione del numero dei fori aumenta il grado di rigidità del sistema, mentre una maggiore densità o frequenza tende a ridurre la resistenza delle aste. La sezione delle aste e la regolarità dei fori permettono di risolvere l’assemblaggio della gabbia con semplici bulloni, pur garantendo una grande varietà di assetti. Per evitare eventuali scostamenti dall’ortogonale (conseguenti alla necessaria tolleranza di foro e bullone) è opportuno inserire nell’intersezione tra due aste una piastra o mensola, piegata a L di dimensioni pari a 200 x 160 x 40 mm con due fori per connettersi ad un’asta ed un foro per l’altra. Le facce del cubo o parallelepipedo possono a loro volta essere frazionate in parti utilizzando ulteriori aste in lamiera forata di ferro o acciaio oppure, alternativamente, regoli scatolari in alluminio (da serrare con morsetti alla aste in ferro): le prime per predisporre ulteriori punti di aggancio della tensostruttura da modellare, i secondi per facilitare le operazioni di rilievo metrico degli assetti geometrici assunti da cavi e membrane in condizioni di regime. Sempre lungo le aste sono ancorati una serie di ganci oppure scorrono una serie di pattini su ciascuno dei quali è incernierato un dinamometro; a sua volta il tenditore è incernierato al dinamometro. Per fissare il gancio si stringe un dado, per il pattino basta serrare una manopola: il gancio ha il passo imposto dalla distanza dei fori tra loro, mentre il pattino permette anche spostamenti molto ridotti (e permette quindi un grado di precisione maggiore). Trattandosi in sostanza di due occhielli sia tra dinamometro ed asta sia tra tenditore e dinamometro, il movimento consentito dalle cerniere risulta teoricamente uguale o superiore ai 180 gradi rispetto a tutte e tre le coordinate cartesiane. All’altro estremo del tenditore è ancorato un cavo oppure un punto della membrana. L’inclinazione del dinamometro e del tenditore è determinata dalla risultante nello spazio degli sforzi esercitati da cavo o membrana. Vale però anche il principio inverso: a parità delle altre condizioni, spostando il punto di aggancio si modificano sia l’assetto geometrico di cavi e membrane (tanto da poter richiedere ulteriori aggiustamenti degli altri elementi della configurazione) sia le distribuzione delle tensioni. Sebbene non compresa nel dispositivo in questione, la simulazione dei carichi esterni, cui la tensostruttura stessa si suppone sia sottoposta, completa lo scenario di analisi e progetto. Allo scopo si possono usare sacchetti o materassini di sabbia, lastre di piombo ritagliate e sagomate, eccetera. Se il cavo è inizialmente fissato con il tenditore totalmente allentato, la pretensione potrà essere aumentata quando la struttura ha assunto la sua condizione o configurazione di regime proprio avvitando il tenditore. A titolo esemplificativo, si supponga di voler realizzare una struttura composta da tre cavi che si agganciano l’uno nell’altro ad una delle estremità, formando un triangolo nell’area di mezzeria della copertura. All’altra estremità i tre cavi dovranno essere agganciati alla gabbia. Poiché tre punti non allineati giacciono sempre sullo stesso piano, comunque siano disposti nello spazio gli agganci alla gabbia, i cavi tendono ad inflettersi per effetto della gravità nell’area di mezzeria, rendendo la struttura parzialmente labile o comunque non rigida. Si supponga allora di introdurre altri tre cavi che tirano dall’alto o dal basso (ovvero con inclinazioni diverse rispetto al piano descritto dai tre punti di aggancio dei cavi principali) i vertici del suddetto triangolo in modo da determinare le condizioni di piena stabilità della struttura tesa. Questi vertici si scosteranno dalla condizione di complanarità per effetto della tensione esercitata su di loro dai cavi ausiliari. Tanto la modulazione delle pretensioni attraverso l’avvitamento dei tenditori quanto l’inclinazione relativa dei tre cavi ausiliari modifica le condizioni di carico dei primi tre cavi. Lasciando fissi i primi tre punti di aggancio e spostando i secondi tre cambiano le tensioni che i cavi si trasmettono tra loro: confrontando i risultati ottenuti con configurazioni diverse si arriva a determinare la configurazione che offre le migliori prestazioni. Se si utilizzano dinamometri digitali con tecnologia bluetooth, i dati sono riportati in tempo reale nel computer ed organizzati in tabelle di comparazione delle soluzioni. Una volta raggiunta sperimentalmente la configurazione di regime (o per lo meno una configurazione ritenuta significativa nel corso dell’elaborazione progettuale) i riferimenti ortogonali offerti dalla gabbia facilitano il rilevamento metrico dei punti significativi, ovvero i punti di aggancio, le intersezioni di cavi nello spazio, le eventuali frecce di parabole/catenarie quando i cavi sono soggetti a significativi carichi uniformemente distribuiti. Il dato geometrico rilevato si offre come verifica e controllo dei modelli digitali che si possono costruire utilizzando applicazioni dedicate alla definizione della configurazione geometrica oppure al calcolo strutturale. È possibile anche sagomare le membrane senza aver preventivamente utilizzato il piano di taglio sulla base della mesh che approssima la superficie minima all’interno di un perimetro (caratteristica distintiva di una membrana tesa). Si supponga, sempre a titolo esemplificativo, di ancorare un pezzo di tessuto in un numero variabile di punti distribuiti lungo il bordo, avendo cura di diversificare le altezze di questi punti l’una dall’altra. Per ottenere la corrispondente configurazione di una membrana tesa bisogna indurre una contrazione nella parte centrale della superficie, ovvero del tessuto, attraverso sovrapposizioni parziali, che andranno attenuandosi progressivamente verso il bordo. A sua volta lungo il bordo si possono osservare, soprattutto nei punti più distanti dagli ancoraggi, aree non sollecitate che è opportuno ritagliare. Questa sagomatura del tessuto attraverso il modello fisico rappresenta una diversa procedura per definire il piano di taglio della membrana, necessario per la effettiva costruzione della tensostruttura in scala reale, che a differenza delle simulazioni numeriche tiene conto o interagisce con le specificità del materiale utilizzato (a cominciare da peso, rigidezza e spessore di tessuti, pellicole o altro).
2009
Rossi, P.G., Rossi, P. (2009)Gabbia per lo studio delle strutture tese. . Brevetto No. RM2009A000399.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/193357
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact