Il lavoro didattico e la mostra prendono avvio da un duplice presupposto. Il primo è che, per esistere, ogni paesaggio richiede di essere attivato, abbia cioè bisogno di azioni. Lo conferma lo stesso etimo della parola paesaggio, un “sostantivo di azione”, unione della parola paese con il suffisso ‐aggio che in italiano serve a formare nomi a partire dal verbo corrispondente. Il paesaggio viene attivato da azioni percettive e da atti di coscienza: è prima di tutto frutto di meccanismi di riconoscimento culturale. Al contempo, il paesaggio è esito di azioni costruttive, gesti e interventi che si compiono concretamente sui luoghi, trasformandoli. Insistere sulla necessità che il paesaggio debba essere attivato, attraverso una sensibilità ricettiva e attenta (competenza di ascolto e di sguardo) e un’attitudine inventiva (competenza di anticipazione, anche quando si tratti di “conservare”), significa affermare che il paesaggio non possa essere interpretato se non in termini proiettivi. Ogni paesaggio, di qualsivoglia carattere, temperamento, qualità, estensione, origine, è, inevitabilmente, progetto: tali sono il saper vedere e il saper anticipare. Il secondo presupposto riguarda la relazione tra le idee di paesaggio e di spazio pubblico. Lo spazio pubblico è tradizionalmente inteso come il sistema dei luoghi urbani codificati, ad esempio, nelle categorie della piazza, della strada, del parco, del giardino urbano. Nella contemporaneità, questo sistema di luoghi si è arricchito di un’inaudita molteplicità di temi: tralasciando la classificazione tassonomica della tradizione e volgendosi all’evidenza dei fenomeni e dei comportamenti che riguardano gli spazi dell’abitare all’aperto collettivo, è facile verificare l’attuale ampiezza dello spettro di significati della locuzione “spazio pubblico”. Anche grazie alla forte anticipazione diagnostica svolta in questa direzione da sguardi complementari a quello del progettista - lo sguardo degli artisti e dei fotografi, ad esempio -, negli ultimi anni abbiamo acquisito la consapevolezza del potenziale pubblico di luoghi che, al di là del proprio assetto proprietario, divengono sede della vita condivisa delle comunità, spesso con livelli elevati di mutevolezza e impermanenza delle geografie funzionali, comportamentali, amministrative e tipologiche. Da questo allargamento di senso, deriva una possibile contiguità semantica tra le idee di progetto dello spazio pubblico e di paesaggio. Luoghi in genere non associati all’orizzonte tematico del progetto dello spazio pubblico – campagne incerte ai margini urbani, luoghi residuali, parcheggi, depositi, le infrastrutture e i lordi bordi, siti produttivi in dismissione, risarcimenti ambientali, osservatori, opere di landart, installazioni effimere … – hanno manifestato vocazioni di accoglienza rispetto ai riti delle comunità e dimostrato che i luoghi “centrali” e identitari della vita collettiva non sono più da ricercare solo nella città che conosciamo, ma sono sempre più spesso insospettabili eterotopie, dove progetto del paesaggio e progetto dello spazio pubblico trovano ragioni di necessaria e virtuosa collimazione. Pertanto la mostra propone di rivolgersi tanto al paesaggio quanto allo spazio pubblico in termini di azioni, superando ogni intento classificatorio su base tipologica, con il desiderio di contribuire a spalancare l’orizzonte tematico del progetto. A ogni studente è stato chiesto di proporre una riflessione su una delle innumerevoli azioni - tecniche e intellettuali, giuridiche ed estetiche - che presiedono ad attivare i territori abitati come paesaggi, proponendone ed esplorandone diverse accezioni, attraverso opere e progetti con una spiccata pluralità di temi e di scale. Il risultato è un vocabolario di voci verbali, inevitabilmente parziale, per il progetto del paesaggio e dello spazio pubblico contemporanei: il “Vocabolazionario”. Scopo ultimo è verificare l’idea che il progetto di paesaggio sia la consapevole configurazione dello spazio aperto ad uso del vissuto, la creazione di uno spazio inclusivo, comprensivo della totalità dell'esistenza, della vita attiva di una comunità, in ciò includendo e amplificando l’ambizione di ciò che dovrebbe essere ogni spazio autenticamente pubblico. Voci verbali Adattare, Addomesticare, Affacciarsi, Assecondare, Attraversare, Collegare, Colonizzare, Coltivare, Confinare, Confrontare, Contenere, Continuare, Coreografare , Delimitare, Derogare, Estraniare, Estrudere, Giustapporre, Illuminare, Impressionare, Incidere, Inquadrare, Inscenare, Interagire, Iscrivere, Isolare, Limitare, Marcare, Mediare, Mimetizzare, Modellare, Mutuare, Narrare, Negoziare, Opporre, Percepire, Percorrere, Piegare, Proporzionare, Punteggiare, Recintare, Riciclare, Ritmare, Riutilizzare, Scavare, Scoprire, Simulare, Sorprendere, Stratificare, Sublimare, Svelare, Sviare, Tatuare, Trasfigurare.
Metta, A. (2013). Vocabolazionario. 50 Voci verbali per il progetto dello spazio pubblico.
Vocabolazionario. 50 Voci verbali per il progetto dello spazio pubblico
METTA, ANNALISA
2013-01-01
Abstract
Il lavoro didattico e la mostra prendono avvio da un duplice presupposto. Il primo è che, per esistere, ogni paesaggio richiede di essere attivato, abbia cioè bisogno di azioni. Lo conferma lo stesso etimo della parola paesaggio, un “sostantivo di azione”, unione della parola paese con il suffisso ‐aggio che in italiano serve a formare nomi a partire dal verbo corrispondente. Il paesaggio viene attivato da azioni percettive e da atti di coscienza: è prima di tutto frutto di meccanismi di riconoscimento culturale. Al contempo, il paesaggio è esito di azioni costruttive, gesti e interventi che si compiono concretamente sui luoghi, trasformandoli. Insistere sulla necessità che il paesaggio debba essere attivato, attraverso una sensibilità ricettiva e attenta (competenza di ascolto e di sguardo) e un’attitudine inventiva (competenza di anticipazione, anche quando si tratti di “conservare”), significa affermare che il paesaggio non possa essere interpretato se non in termini proiettivi. Ogni paesaggio, di qualsivoglia carattere, temperamento, qualità, estensione, origine, è, inevitabilmente, progetto: tali sono il saper vedere e il saper anticipare. Il secondo presupposto riguarda la relazione tra le idee di paesaggio e di spazio pubblico. Lo spazio pubblico è tradizionalmente inteso come il sistema dei luoghi urbani codificati, ad esempio, nelle categorie della piazza, della strada, del parco, del giardino urbano. Nella contemporaneità, questo sistema di luoghi si è arricchito di un’inaudita molteplicità di temi: tralasciando la classificazione tassonomica della tradizione e volgendosi all’evidenza dei fenomeni e dei comportamenti che riguardano gli spazi dell’abitare all’aperto collettivo, è facile verificare l’attuale ampiezza dello spettro di significati della locuzione “spazio pubblico”. Anche grazie alla forte anticipazione diagnostica svolta in questa direzione da sguardi complementari a quello del progettista - lo sguardo degli artisti e dei fotografi, ad esempio -, negli ultimi anni abbiamo acquisito la consapevolezza del potenziale pubblico di luoghi che, al di là del proprio assetto proprietario, divengono sede della vita condivisa delle comunità, spesso con livelli elevati di mutevolezza e impermanenza delle geografie funzionali, comportamentali, amministrative e tipologiche. Da questo allargamento di senso, deriva una possibile contiguità semantica tra le idee di progetto dello spazio pubblico e di paesaggio. Luoghi in genere non associati all’orizzonte tematico del progetto dello spazio pubblico – campagne incerte ai margini urbani, luoghi residuali, parcheggi, depositi, le infrastrutture e i lordi bordi, siti produttivi in dismissione, risarcimenti ambientali, osservatori, opere di landart, installazioni effimere … – hanno manifestato vocazioni di accoglienza rispetto ai riti delle comunità e dimostrato che i luoghi “centrali” e identitari della vita collettiva non sono più da ricercare solo nella città che conosciamo, ma sono sempre più spesso insospettabili eterotopie, dove progetto del paesaggio e progetto dello spazio pubblico trovano ragioni di necessaria e virtuosa collimazione. Pertanto la mostra propone di rivolgersi tanto al paesaggio quanto allo spazio pubblico in termini di azioni, superando ogni intento classificatorio su base tipologica, con il desiderio di contribuire a spalancare l’orizzonte tematico del progetto. A ogni studente è stato chiesto di proporre una riflessione su una delle innumerevoli azioni - tecniche e intellettuali, giuridiche ed estetiche - che presiedono ad attivare i territori abitati come paesaggi, proponendone ed esplorandone diverse accezioni, attraverso opere e progetti con una spiccata pluralità di temi e di scale. Il risultato è un vocabolario di voci verbali, inevitabilmente parziale, per il progetto del paesaggio e dello spazio pubblico contemporanei: il “Vocabolazionario”. Scopo ultimo è verificare l’idea che il progetto di paesaggio sia la consapevole configurazione dello spazio aperto ad uso del vissuto, la creazione di uno spazio inclusivo, comprensivo della totalità dell'esistenza, della vita attiva di una comunità, in ciò includendo e amplificando l’ambizione di ciò che dovrebbe essere ogni spazio autenticamente pubblico. Voci verbali Adattare, Addomesticare, Affacciarsi, Assecondare, Attraversare, Collegare, Colonizzare, Coltivare, Confinare, Confrontare, Contenere, Continuare, Coreografare , Delimitare, Derogare, Estraniare, Estrudere, Giustapporre, Illuminare, Impressionare, Incidere, Inquadrare, Inscenare, Interagire, Iscrivere, Isolare, Limitare, Marcare, Mediare, Mimetizzare, Modellare, Mutuare, Narrare, Negoziare, Opporre, Percepire, Percorrere, Piegare, Proporzionare, Punteggiare, Recintare, Riciclare, Ritmare, Riutilizzare, Scavare, Scoprire, Simulare, Sorprendere, Stratificare, Sublimare, Svelare, Sviare, Tatuare, Trasfigurare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.