Una ricerca decennale trasmette al pubblico i fatti di Alessandro nella loro autentica e spettacolare grandezza, che supera ogni fantasia proposta a quel titolo dai romanzi o dal cinema: oggetto di numerose recensioni, il libro ha procurato all’autore il Premio internazionale Cardarelli-Tarquinia 2004, sezione Archeologia. Quando Alessandro diede il comando di avanzare (334 a. C.), accese un fuoco che ancora arde nella coscienza dell’umanità. Gli scritti greci, latini e in disparate lingue orientali sulle sue gesta vengono continuamente approfonditi e discussi. Anche le immagini del sovrano vantano studi particolari e repertori. Mancava la sintesi tra i due rami della tradizione. Questa oggi mostra che nulla è meno prevedibile del passato: attraverso l’originalità degli accostamenti scopriamo un volto nuovo del personaggio che sembrava tanto esplorato. Punto di forza è la consapevolezza del diverso valore dei monumenti figurati rispetto alla letteratura. Le ricostruzioni degli storici soffrono per la carenza di testi contemporanei alla vicenda. A confondere le cose, si aggiunge il fatto che insieme col figlio di Filippo nasceva il suo mito: nel quarto secolo dell’era cristiana, il Romanzo di Alessandro tramutava la realtà in finzione, come i media dei nostri anni. Ma nell’interpretare la produzione artistica, la debolezza dei risultati era meno giustificata, poiché abbiamo una sequenza ininterrotta di opere dal vissuto di Alessandro alla tarda antichità: si trattava di selezionarle, portando sul tema il metodo collaudato attraverso il Forum di Storia dell’arte antica all’Università di Roma Tre. Al di là del carattere originale e della qualità stilistica, assunti altre volte dall’autore a riferimento nel riscrivere la storia dell’arte classica ed ellenistica, si è valorizzato il contenuto narrativo e simbolico. Ciascun soggetto viene filologicamente riconosciuto quale illustrazione di un momento o un aspetto propagandistico dell’avventura che portò il Macedone a un dominio intercontinentale. La corte di Pella aveva imposto il prodigio di un dio che in forma di serpente si sarebbe congiunto a Olimpiade perché concepisse il presunto figlio di Filippo. Gli artisti accreditarono la rappresentazione, accentuando il carattere divino quando il principe pervenne al potere con un’ambizione che dilagava nell’ansia di superare ogni regola. In Aristotele l’emozione apparteneva al rito: l’allievo ne anima la storia, e più non congederà la passione che accende ogni sua immagine. Nel racconto figurato la rivoluzione del sacro transita nel sociale, nella guerra e nel sembiante dell’uomo. Il regno assume la potenza del mistero. Il giovane re distrugge Tebe, patria terrena di Dioniso ed Eracle, ai quali rimontava la portentosa dinastia degli Argeadi: assumendone gli attributi nelle rappresentazioni pittoriche e plastiche, sarà terzo dopo di loro al consesso celeste “per le imprese realizzate in tutto il mondo”. L’eroe chiede riconoscibilità visiva e tangibile: vicino a tutti, è la forza che convince le ambascerie, supera ogni resistenza, distrugge secolari compagini statali, asserisce il regime universale. Il monarca confisca l’espressione del proprio ritratto, facendone interpreti per editto Apelle nella pittura, Lisippo nel bronzo, Pirgotele nell’incisione delle gemme. L’icona classica diventa simbolo perentorio della conquista e articolo di fede politica. L’invenzione erompe nel gesto pressante e imperioso del vincitore.

Moreno, P. (2004). Alessandro Magno, Immagini come storia.. Roma : Libreria dello Stato, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

Alessandro Magno, Immagini come storia.

MORENO, Paolo
2004-01-01

Abstract

Una ricerca decennale trasmette al pubblico i fatti di Alessandro nella loro autentica e spettacolare grandezza, che supera ogni fantasia proposta a quel titolo dai romanzi o dal cinema: oggetto di numerose recensioni, il libro ha procurato all’autore il Premio internazionale Cardarelli-Tarquinia 2004, sezione Archeologia. Quando Alessandro diede il comando di avanzare (334 a. C.), accese un fuoco che ancora arde nella coscienza dell’umanità. Gli scritti greci, latini e in disparate lingue orientali sulle sue gesta vengono continuamente approfonditi e discussi. Anche le immagini del sovrano vantano studi particolari e repertori. Mancava la sintesi tra i due rami della tradizione. Questa oggi mostra che nulla è meno prevedibile del passato: attraverso l’originalità degli accostamenti scopriamo un volto nuovo del personaggio che sembrava tanto esplorato. Punto di forza è la consapevolezza del diverso valore dei monumenti figurati rispetto alla letteratura. Le ricostruzioni degli storici soffrono per la carenza di testi contemporanei alla vicenda. A confondere le cose, si aggiunge il fatto che insieme col figlio di Filippo nasceva il suo mito: nel quarto secolo dell’era cristiana, il Romanzo di Alessandro tramutava la realtà in finzione, come i media dei nostri anni. Ma nell’interpretare la produzione artistica, la debolezza dei risultati era meno giustificata, poiché abbiamo una sequenza ininterrotta di opere dal vissuto di Alessandro alla tarda antichità: si trattava di selezionarle, portando sul tema il metodo collaudato attraverso il Forum di Storia dell’arte antica all’Università di Roma Tre. Al di là del carattere originale e della qualità stilistica, assunti altre volte dall’autore a riferimento nel riscrivere la storia dell’arte classica ed ellenistica, si è valorizzato il contenuto narrativo e simbolico. Ciascun soggetto viene filologicamente riconosciuto quale illustrazione di un momento o un aspetto propagandistico dell’avventura che portò il Macedone a un dominio intercontinentale. La corte di Pella aveva imposto il prodigio di un dio che in forma di serpente si sarebbe congiunto a Olimpiade perché concepisse il presunto figlio di Filippo. Gli artisti accreditarono la rappresentazione, accentuando il carattere divino quando il principe pervenne al potere con un’ambizione che dilagava nell’ansia di superare ogni regola. In Aristotele l’emozione apparteneva al rito: l’allievo ne anima la storia, e più non congederà la passione che accende ogni sua immagine. Nel racconto figurato la rivoluzione del sacro transita nel sociale, nella guerra e nel sembiante dell’uomo. Il regno assume la potenza del mistero. Il giovane re distrugge Tebe, patria terrena di Dioniso ed Eracle, ai quali rimontava la portentosa dinastia degli Argeadi: assumendone gli attributi nelle rappresentazioni pittoriche e plastiche, sarà terzo dopo di loro al consesso celeste “per le imprese realizzate in tutto il mondo”. L’eroe chiede riconoscibilità visiva e tangibile: vicino a tutti, è la forza che convince le ambascerie, supera ogni resistenza, distrugge secolari compagini statali, asserisce il regime universale. Il monarca confisca l’espressione del proprio ritratto, facendone interpreti per editto Apelle nella pittura, Lisippo nel bronzo, Pirgotele nell’incisione delle gemme. L’icona classica diventa simbolo perentorio della conquista e articolo di fede politica. L’invenzione erompe nel gesto pressante e imperioso del vincitore.
2004
88-240-1301-5
Moreno, P. (2004). Alessandro Magno, Immagini come storia.. Roma : Libreria dello Stato, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/268732
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