Mai più ristampata dopo il 1832, anno della sua pubblicazione alla macchia e dell'edizione spuria e gravemente scorretta di Lugano, la Corrispondenza di Monteverde di Francesco Torti rivede la luce in questi due volumi curati da Giancarlo Rati, che ne ha emendato il testo corredandolo di un ricco apparato di note. Si debbono al curatore anche l'Introduzione, la Nota al testo, la Notizia biografica e l'ampia Notizia bibliografica, divisa in Opere di F. Torti e Bibliografia critica sul Torti. Nell'Introduzione Rati fa il punto sull'ideologia e sullo stile dell'opera, cogliendone la genesi nell'illuminismo pieno di zelo del suo autore, impegnato da prima nella polemica contro il purismo linguistico e quindi, coerentemente con la sua fede in una letteratura utile, nella denuncia delle contraddizioni tra la politica e la morale negli Stati europei moderni e in particolare nello Stato Pontificio.Protagonista della Corrispondenza di Monteverde, romanzo epistolare ma anche trattato morale sul tema per eccellenza illuministico dell'umana felicità, è infatti don Sisto Orfei, prototipo del prete di ispirazione sociale e sostanziale controfigura dello scrittore. Parroco di un borgo dell'arretrato Stato Pontificio (Monteverde non è che Bevagna, la patria del Torti) negli anni del passaggio dalla Rivoluzione francese alla Restaurazione, don Sisto si adopera con forza per sollevare i suoi parrocchiani dalla miseria e dall'ingiustizia delle leggi in vigore. Si batte, in particolare, per trasformare in opifici due conventi che i suoi superiori vorrebbero a tutti i costi ripristinare; sostiene moralmente alcune famiglie di aristocratici favorendo le unioni matrimoniali. Confutate, nella corrispondenza con il priore di San Gallo, le concezioni epicuree, stoiche e peripatetiche sulla felicità, egli ritiene infatti che quest'ultima sia fondata sull'esercizio delle affezioni naturali e quindi in primo luogo sulla famiglia.Malgrado la sua perfetta ortodossia, l'opera, stroncata da Monaldo Leopardi in ben sette articoli su 'La Voce della ragione' di Modena fu condannata dalla Congregazione dell'Indice con Decreto del 29 gennaio 1835. Inammissibile dovette apparire all'autorità ecclesiastica ' come sottolinea il curatore di questo testo opportunamente sottratto all'oblio ' l'insistente polemica contro l'elevato numero dei chiostri, le istituzioni fidecomissari, il giudice monocratico, l'uso della lingua latina nei tribunali e nei Codici: storture tutte rilevate nello Stato Pontificio.Assemblaggio di lettere, anzi vero e proprio 'romanzo epistolare', la Corrispondenza di Monteverde di F. Torti si inserisce a pieno titolo nella storia della fortuna di Rousseau in Italia e non è priva di rilevanza nel contesto della prosa narrativa italiana del primo Ottocento.
Rati, G. (2002). Francesco Torti, Corrispondenza di Monteverde o lettere morali sulla felicità dell?uomo, e sugli ostacoli che essa incontra nelle contradizioni fra la politica e la morale.. Perugia : Fabrizio Fabbri Editore.
Francesco Torti, Corrispondenza di Monteverde o lettere morali sulla felicità dell?uomo, e sugli ostacoli che essa incontra nelle contradizioni fra la politica e la morale.
RATI, Giancarlo
2002-01-01
Abstract
Mai più ristampata dopo il 1832, anno della sua pubblicazione alla macchia e dell'edizione spuria e gravemente scorretta di Lugano, la Corrispondenza di Monteverde di Francesco Torti rivede la luce in questi due volumi curati da Giancarlo Rati, che ne ha emendato il testo corredandolo di un ricco apparato di note. Si debbono al curatore anche l'Introduzione, la Nota al testo, la Notizia biografica e l'ampia Notizia bibliografica, divisa in Opere di F. Torti e Bibliografia critica sul Torti. Nell'Introduzione Rati fa il punto sull'ideologia e sullo stile dell'opera, cogliendone la genesi nell'illuminismo pieno di zelo del suo autore, impegnato da prima nella polemica contro il purismo linguistico e quindi, coerentemente con la sua fede in una letteratura utile, nella denuncia delle contraddizioni tra la politica e la morale negli Stati europei moderni e in particolare nello Stato Pontificio.Protagonista della Corrispondenza di Monteverde, romanzo epistolare ma anche trattato morale sul tema per eccellenza illuministico dell'umana felicità, è infatti don Sisto Orfei, prototipo del prete di ispirazione sociale e sostanziale controfigura dello scrittore. Parroco di un borgo dell'arretrato Stato Pontificio (Monteverde non è che Bevagna, la patria del Torti) negli anni del passaggio dalla Rivoluzione francese alla Restaurazione, don Sisto si adopera con forza per sollevare i suoi parrocchiani dalla miseria e dall'ingiustizia delle leggi in vigore. Si batte, in particolare, per trasformare in opifici due conventi che i suoi superiori vorrebbero a tutti i costi ripristinare; sostiene moralmente alcune famiglie di aristocratici favorendo le unioni matrimoniali. Confutate, nella corrispondenza con il priore di San Gallo, le concezioni epicuree, stoiche e peripatetiche sulla felicità, egli ritiene infatti che quest'ultima sia fondata sull'esercizio delle affezioni naturali e quindi in primo luogo sulla famiglia.Malgrado la sua perfetta ortodossia, l'opera, stroncata da Monaldo Leopardi in ben sette articoli su 'La Voce della ragione' di Modena fu condannata dalla Congregazione dell'Indice con Decreto del 29 gennaio 1835. Inammissibile dovette apparire all'autorità ecclesiastica ' come sottolinea il curatore di questo testo opportunamente sottratto all'oblio ' l'insistente polemica contro l'elevato numero dei chiostri, le istituzioni fidecomissari, il giudice monocratico, l'uso della lingua latina nei tribunali e nei Codici: storture tutte rilevate nello Stato Pontificio.Assemblaggio di lettere, anzi vero e proprio 'romanzo epistolare', la Corrispondenza di Monteverde di F. Torti si inserisce a pieno titolo nella storia della fortuna di Rousseau in Italia e non è priva di rilevanza nel contesto della prosa narrativa italiana del primo Ottocento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.