Un mutamento di prospettiva ha investito l’epistemologia e la metodologia delle scienze sociali, nell’ultimo trentennio del novecento. Il dibattito e, più spesso, la polemica, fra quantitativi e qualitativi è stata superata dalle nuove posizioni assunte dalla sociologia e dalla filosofia della conoscenza. Se, infatti, fino agli anni settanta del secolo scorso, il confronto fra i due approcci alla ricerca verteva, per entrambe come retaggio del positivismo scientifico, sulla questione della verità e dell’oggettività, in questo secolo assistiamo a un ribaltamento epistemologico che riguarda il rapporto fra osservato e osservatore.In questo processo hanno avuto rilevanza molti fattori, collegati allo sviluppo delle società complesse e ai modelli culturali post o tardo moderni. Una grande spinta al mutamento di prospettiva viene direttamente dalla società. L’immaginario collettivo si è modificato, esaltando il valore dei soggetti e la qualità della vita, in opposizione al valore dei gruppi e alla logica della quantità nella vita individuale. La vita quotidiana è diventata oggetto di ricerca e, spesso, arena di conflitto fra interessi contrastanti: essa ha assunto, comunque, un ruolo molto meno marginale che nel passato. Le grandi ideologie e le utopie non rappresentano più il sentire collettivo e non sono più un referente per i soggetti sociali. I vissuti e le esperienze individuali sono divenuti cruciali e si sono imposti all’attenzione dei ricercatori, che hanno il compito di ricostruire gli orizzonti di senso delle micro come delle macro azioni sociali, recuperando la centralità delle interazioni soggettive, oscurate e compresse dagli approcci rigidamente quantitativi. Questo insieme, eterogeneo e talvolta contraddittorio, di trasformazioni della società e dei diversi saperi che cercano di comprenderla, operando svariate riduzioni di complessità, mette in discussione la separazione teorica tra la realtà oggettiva e la sua interpretazione, tra gli attori sociali e i loro osservatori. Come in vario modo denunciano i filoni culturali e di ricerca citati, tale distanza è apparente, è una mistificazione del linguaggio scientifico e analitico, è il risultato di una politica dell’identità e della ricerca compatibile con il pensiero ottocentesco e con gran parte del pensiero novecentesco, ma inadatta a misurarsi con la complessità delle società post o tardo moderne. I fenomeni non sono oggettivamente dati al di fuori di noi che li osserviamo, non lo sono più nelle scienze naturali, figurarsi nelle scienze umane e sociali che hanno come oggetto “soggetti di conoscenza” e non puri numeri o pure cose. La cosalizzazione dell’attore sociale, ancorché rivoluzionaria ai tempi di Durkheim, non è oggi più praticabile, senza ridurre la conoscenza a un sapere superficiale e ideologicamente orientato. Il riconoscimento di quel che avviene nelle scienze naturali, che il risultato della ricerca viene creato in modo interattivo dalla relazione fra il ricercatore e il fenomeno osservato e che, quindi, l’osservazione modifica l’oggetto, deve essere esteso alle scienze sociale, pena la non comprensione dei fenomeni considerati cruciali nelle società complesse. Il processo della conoscenza è frutto di una relazione, e non separabile da essa, fra osservatore e attori, sia che questa relazione sia gestita attraverso un questionario quantitativo, sia che sia gestita attraverso un impresa etnografica.
Tedeschi, E. (2004). Metodi qualitativi in sociologia: osservazione etnografica, protocolli etnografici, tecniche visuali.
Metodi qualitativi in sociologia: osservazione etnografica, protocolli etnografici, tecniche visuali
TEDESCHI, Enrica
2004-01-01
Abstract
Un mutamento di prospettiva ha investito l’epistemologia e la metodologia delle scienze sociali, nell’ultimo trentennio del novecento. Il dibattito e, più spesso, la polemica, fra quantitativi e qualitativi è stata superata dalle nuove posizioni assunte dalla sociologia e dalla filosofia della conoscenza. Se, infatti, fino agli anni settanta del secolo scorso, il confronto fra i due approcci alla ricerca verteva, per entrambe come retaggio del positivismo scientifico, sulla questione della verità e dell’oggettività, in questo secolo assistiamo a un ribaltamento epistemologico che riguarda il rapporto fra osservato e osservatore.In questo processo hanno avuto rilevanza molti fattori, collegati allo sviluppo delle società complesse e ai modelli culturali post o tardo moderni. Una grande spinta al mutamento di prospettiva viene direttamente dalla società. L’immaginario collettivo si è modificato, esaltando il valore dei soggetti e la qualità della vita, in opposizione al valore dei gruppi e alla logica della quantità nella vita individuale. La vita quotidiana è diventata oggetto di ricerca e, spesso, arena di conflitto fra interessi contrastanti: essa ha assunto, comunque, un ruolo molto meno marginale che nel passato. Le grandi ideologie e le utopie non rappresentano più il sentire collettivo e non sono più un referente per i soggetti sociali. I vissuti e le esperienze individuali sono divenuti cruciali e si sono imposti all’attenzione dei ricercatori, che hanno il compito di ricostruire gli orizzonti di senso delle micro come delle macro azioni sociali, recuperando la centralità delle interazioni soggettive, oscurate e compresse dagli approcci rigidamente quantitativi. Questo insieme, eterogeneo e talvolta contraddittorio, di trasformazioni della società e dei diversi saperi che cercano di comprenderla, operando svariate riduzioni di complessità, mette in discussione la separazione teorica tra la realtà oggettiva e la sua interpretazione, tra gli attori sociali e i loro osservatori. Come in vario modo denunciano i filoni culturali e di ricerca citati, tale distanza è apparente, è una mistificazione del linguaggio scientifico e analitico, è il risultato di una politica dell’identità e della ricerca compatibile con il pensiero ottocentesco e con gran parte del pensiero novecentesco, ma inadatta a misurarsi con la complessità delle società post o tardo moderne. I fenomeni non sono oggettivamente dati al di fuori di noi che li osserviamo, non lo sono più nelle scienze naturali, figurarsi nelle scienze umane e sociali che hanno come oggetto “soggetti di conoscenza” e non puri numeri o pure cose. La cosalizzazione dell’attore sociale, ancorché rivoluzionaria ai tempi di Durkheim, non è oggi più praticabile, senza ridurre la conoscenza a un sapere superficiale e ideologicamente orientato. Il riconoscimento di quel che avviene nelle scienze naturali, che il risultato della ricerca viene creato in modo interattivo dalla relazione fra il ricercatore e il fenomeno osservato e che, quindi, l’osservazione modifica l’oggetto, deve essere esteso alle scienze sociale, pena la non comprensione dei fenomeni considerati cruciali nelle società complesse. Il processo della conoscenza è frutto di una relazione, e non separabile da essa, fra osservatore e attori, sia che questa relazione sia gestita attraverso un questionario quantitativo, sia che sia gestita attraverso un impresa etnografica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.