il manifestomercoledì 13 aprile 2005Jean-Paul SartreLe ragioni della libertàclaudio tognonatoCent’anni fa, a Parigi, nasceva Jean-Paul Sartre, un protagonista indiscusso del secolo breve. Lo scrittore Bernard-Henri Lévy sostiene che quello che si è concluso è Le siècle de Sartre, ma ci sono anche altri pareri, molti personaggi importanti e soprattutto non è necessario “privatizzare” anche i secoli. In queste ultime settimane sono usciti articoli in giornali e riviste di ogni parte del mondo, forse troppi. In Italia la commemorazione non si è fatta attendere, Sartre è stato per lo più banalizzato e attaccato riducendo il suo pensiero a poche frasi e puntando su di esse tutta la artiglieria per demolirne ogni possibilità di recupero. Una prassi a cui ci ha abituato la società dello spettacolo, si fissa polarizzando e si ripete fino alla nausea annullando l’informazione. La saturazione è il nuovo nome della censura. A questo centenario della nascita domani si aggiunge un altro anniversario, il 15 aprile 1980, venticinque anni fa, moriva Sartre e una folla oceanica accompagnava la salma del filosofo al cimitero di Montparnasse. “È l’ultima manifestazione del ‘68” direbbe Claude Lanzman a Simone de Beauvoir. Oggi, vita e morte di Sartre sono due appuntamenti a cui i riflettori dell’oblio non possono mancare. Si festeggia anche per dimenticare. Come scriveva Jean Baudrillard: “la commemorazione è l’opposto della memoria”. Il manifesto non ha partecipato a queste celebrazioni, noi siamo dalla parte del torto, dalla parte di Sartre, dalla parte di colui che, molti anni fa, ha sostenuto anche la nascita di questo quotidiano. Perché nemmeno il pensiero di Sartre è un oggetto di venerazione, lo si legge, si discute, si critica e si usa per capire e cambiare la realtà. È un pensiero engagé che abita il mondo, un punto di vista che preme per costruire una società più umana, un pensiero irriverente in lotta contro il potere. Le cerimonie e i monumenti non trovano spazio in questa filosofia, così come non lo hanno trovato nella vita di Sartre che rifiutò ogni riconoscimento, perfino il premio Nobel di letteratura nel 1964. L’unico a farlo. Disse in un’ intervista a Le Nouvel Observateur dopo il suo scandaloso rifiuto: “Se avessi accettato il Nobel -anche se a Stoccolma avessi fatto un discorso insolente, il che sarebbe assurdo- sarei stato recuperato.” Sartre non accetta di essere parte di una logica che rifiuta, vuole restare il filosofo contro, lo scrittore che non vuole compromessi né false mediazioni, non vuole che si dica: “è uno dei nostri, finalmente l'abbiamo recuperato”. Il ruolo dell’intellettuale va oltre lo stendere libri, per Sartre conoscere è agire. “La funzione dello scrittore -dirà- è di far sì che nessuno possa ignorare il mondo o possa dirsi innocente”. L’intellettuale deve ogni qualvolta scegliere se mantenere in vita un mondo ingiusto o impegnarsi per cambiarlo. Non c’è spazio per la passività, chi si tira indietro per non prendere posizione sceglie di non partecipare. (...segue)
Tognonato, C.A. (2005). Jean-Paul Sartre: Le ragioni della libertà.
Jean-Paul Sartre: Le ragioni della libertà
TOGNONATO, CLAUDIO ALBERTO
2005-01-01
Abstract
il manifestomercoledì 13 aprile 2005Jean-Paul SartreLe ragioni della libertàclaudio tognonatoCent’anni fa, a Parigi, nasceva Jean-Paul Sartre, un protagonista indiscusso del secolo breve. Lo scrittore Bernard-Henri Lévy sostiene che quello che si è concluso è Le siècle de Sartre, ma ci sono anche altri pareri, molti personaggi importanti e soprattutto non è necessario “privatizzare” anche i secoli. In queste ultime settimane sono usciti articoli in giornali e riviste di ogni parte del mondo, forse troppi. In Italia la commemorazione non si è fatta attendere, Sartre è stato per lo più banalizzato e attaccato riducendo il suo pensiero a poche frasi e puntando su di esse tutta la artiglieria per demolirne ogni possibilità di recupero. Una prassi a cui ci ha abituato la società dello spettacolo, si fissa polarizzando e si ripete fino alla nausea annullando l’informazione. La saturazione è il nuovo nome della censura. A questo centenario della nascita domani si aggiunge un altro anniversario, il 15 aprile 1980, venticinque anni fa, moriva Sartre e una folla oceanica accompagnava la salma del filosofo al cimitero di Montparnasse. “È l’ultima manifestazione del ‘68” direbbe Claude Lanzman a Simone de Beauvoir. Oggi, vita e morte di Sartre sono due appuntamenti a cui i riflettori dell’oblio non possono mancare. Si festeggia anche per dimenticare. Come scriveva Jean Baudrillard: “la commemorazione è l’opposto della memoria”. Il manifesto non ha partecipato a queste celebrazioni, noi siamo dalla parte del torto, dalla parte di Sartre, dalla parte di colui che, molti anni fa, ha sostenuto anche la nascita di questo quotidiano. Perché nemmeno il pensiero di Sartre è un oggetto di venerazione, lo si legge, si discute, si critica e si usa per capire e cambiare la realtà. È un pensiero engagé che abita il mondo, un punto di vista che preme per costruire una società più umana, un pensiero irriverente in lotta contro il potere. Le cerimonie e i monumenti non trovano spazio in questa filosofia, così come non lo hanno trovato nella vita di Sartre che rifiutò ogni riconoscimento, perfino il premio Nobel di letteratura nel 1964. L’unico a farlo. Disse in un’ intervista a Le Nouvel Observateur dopo il suo scandaloso rifiuto: “Se avessi accettato il Nobel -anche se a Stoccolma avessi fatto un discorso insolente, il che sarebbe assurdo- sarei stato recuperato.” Sartre non accetta di essere parte di una logica che rifiuta, vuole restare il filosofo contro, lo scrittore che non vuole compromessi né false mediazioni, non vuole che si dica: “è uno dei nostri, finalmente l'abbiamo recuperato”. Il ruolo dell’intellettuale va oltre lo stendere libri, per Sartre conoscere è agire. “La funzione dello scrittore -dirà- è di far sì che nessuno possa ignorare il mondo o possa dirsi innocente”. L’intellettuale deve ogni qualvolta scegliere se mantenere in vita un mondo ingiusto o impegnarsi per cambiarlo. Non c’è spazio per la passività, chi si tira indietro per non prendere posizione sceglie di non partecipare. (...segue)I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.