il manifestomercoledì 20 aprile 2005Sei secoli ai voli della morteUna Corte di Madrid condanna il torturatore argentino Scilingo a 640 anni di carcereAdolfo Scilingo era lì seduto, apparentemente impassibile davanti alla prospettiva che gli si apriva oggi come futuro. La Audiencia Nacional de Madrid, massima istanza penale della magistratura spagnola, lo dichiarava colpevole di 30 omicidi, torture e sequestro di persona. La somma e la gravità dei reati è resa evidente dalla condanna: 640 anni di prigione.Una sentenza storica, la prima sentenza contro un militare argentino in presenza, colpevole dichiarato di aver partecipato almeno in due occasioni ai “voli della morte” quando dall’Escuela de Meccanica de la Marina Argentina (Esma) venivano prelevati i prigionieri, caricati su aerei, narcotizzati e gettati ancora vivi in mezzo al mare. Erano gli anni della dittatura militare iniziata dal generale Jorge Videla nel 1976 e Adolfo Scilingo era un giovane marino che come tanti altri eseguiva gli ordini dei superiori: sequestrava, torturava, faceva scomparire i corpi buttandoli in mare. Tra i militari lo chiamavano “il volo”, si riunivano una volta la settimana e determinavano chi avrebbe partecipato al prossimo “volo”. Un giorno però c’è stato un incidente. Scilingo era sull’aereo carico di prigionieri, tutti erano stati narcotizzati, i corpi accasciati erano stati anche spogliati per evitare che i vestiti si gonfiassero e gli facessero restare a galla per molto tempo, tutto era stato programmato e arrivati al punto prefissato si aprì lo sportello posteriore dell’apparecchio e in due cominciarono i corpi inermi in mezzo al mare. Dirà Scilingo (Horacio Verbitsky, Il volo Feltrinelli 1996): “venivano gettati di sotto nudi, a uno a uno. Questa è la storia. Macabra ma reale e che nessuno può smentire. Non riesco a dimenticare l'immagine dei corpi nudi sistemati uno sopra l'altro nel corridoio dell'aereo come in un film sul nazismo” In realtà non è questo quello che Scilingo non riesce a dimenticare, un ricordo lo persegue “Il sottufficiale teneva giù con il piede una specie di porta oscillante, per lasciare uno spazio di 40 centimetri verso il vuoto. Da lì cominciavano subito dopo a scaricare i sovversivi. Data la situazione, nervoso com'ero, per poco con cado e vengo risucchiato dal vuoto. Sono scivolato e loro mi hanno ripreso”. Il suo vero dramma è questo sogno ricorrente, un incubo che per anni non lo abbandona: immagina di cadere insieme alle sue vittime. Nel 1995 Scilingo incontrerà Horacio Verbitsky, uno dei più noti giornalisti argentini, si libererà dell’incubo e racconterà tutto. Per tre mesi andranno avanti gli incontri. Scilingo non è un militare pentito e solo un anello debole delle Forze armate argentine, coese al punto di mantenere fino ad oggi nascosto il segreto sulla fine dei 30.000 desaparecidos. Scilingo si è liberato dal suo incubo, ma sono altre le cose che molti argentini non potranno mai dimenticare. Su quegli aerei viaggiarono amici e compagni che sognavano un mondo più giusto, giovani studenti, operai, perfino sacerdoti e suore i cui corpi finirono in mezzo al mare. Non potranno dimenticare che mai si è saputo nulla di loro, che mai le forze armate argentine hanno consegnato un elenco con i nomi delle loro vittime.

Tognonato, C.A. (2005). Sei secoli ai voli della morte.

Sei secoli ai voli della morte

TOGNONATO, CLAUDIO ALBERTO
2005-01-01

Abstract

il manifestomercoledì 20 aprile 2005Sei secoli ai voli della morteUna Corte di Madrid condanna il torturatore argentino Scilingo a 640 anni di carcereAdolfo Scilingo era lì seduto, apparentemente impassibile davanti alla prospettiva che gli si apriva oggi come futuro. La Audiencia Nacional de Madrid, massima istanza penale della magistratura spagnola, lo dichiarava colpevole di 30 omicidi, torture e sequestro di persona. La somma e la gravità dei reati è resa evidente dalla condanna: 640 anni di prigione.Una sentenza storica, la prima sentenza contro un militare argentino in presenza, colpevole dichiarato di aver partecipato almeno in due occasioni ai “voli della morte” quando dall’Escuela de Meccanica de la Marina Argentina (Esma) venivano prelevati i prigionieri, caricati su aerei, narcotizzati e gettati ancora vivi in mezzo al mare. Erano gli anni della dittatura militare iniziata dal generale Jorge Videla nel 1976 e Adolfo Scilingo era un giovane marino che come tanti altri eseguiva gli ordini dei superiori: sequestrava, torturava, faceva scomparire i corpi buttandoli in mare. Tra i militari lo chiamavano “il volo”, si riunivano una volta la settimana e determinavano chi avrebbe partecipato al prossimo “volo”. Un giorno però c’è stato un incidente. Scilingo era sull’aereo carico di prigionieri, tutti erano stati narcotizzati, i corpi accasciati erano stati anche spogliati per evitare che i vestiti si gonfiassero e gli facessero restare a galla per molto tempo, tutto era stato programmato e arrivati al punto prefissato si aprì lo sportello posteriore dell’apparecchio e in due cominciarono i corpi inermi in mezzo al mare. Dirà Scilingo (Horacio Verbitsky, Il volo Feltrinelli 1996): “venivano gettati di sotto nudi, a uno a uno. Questa è la storia. Macabra ma reale e che nessuno può smentire. Non riesco a dimenticare l'immagine dei corpi nudi sistemati uno sopra l'altro nel corridoio dell'aereo come in un film sul nazismo” In realtà non è questo quello che Scilingo non riesce a dimenticare, un ricordo lo persegue “Il sottufficiale teneva giù con il piede una specie di porta oscillante, per lasciare uno spazio di 40 centimetri verso il vuoto. Da lì cominciavano subito dopo a scaricare i sovversivi. Data la situazione, nervoso com'ero, per poco con cado e vengo risucchiato dal vuoto. Sono scivolato e loro mi hanno ripreso”. Il suo vero dramma è questo sogno ricorrente, un incubo che per anni non lo abbandona: immagina di cadere insieme alle sue vittime. Nel 1995 Scilingo incontrerà Horacio Verbitsky, uno dei più noti giornalisti argentini, si libererà dell’incubo e racconterà tutto. Per tre mesi andranno avanti gli incontri. Scilingo non è un militare pentito e solo un anello debole delle Forze armate argentine, coese al punto di mantenere fino ad oggi nascosto il segreto sulla fine dei 30.000 desaparecidos. Scilingo si è liberato dal suo incubo, ma sono altre le cose che molti argentini non potranno mai dimenticare. Su quegli aerei viaggiarono amici e compagni che sognavano un mondo più giusto, giovani studenti, operai, perfino sacerdoti e suore i cui corpi finirono in mezzo al mare. Non potranno dimenticare che mai si è saputo nulla di loro, che mai le forze armate argentine hanno consegnato un elenco con i nomi delle loro vittime.
2005
Tognonato, C.A. (2005). Sei secoli ai voli della morte.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/272409
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