Il teatro di Diokaisareia (odierna Uzuncaburç, Turchia) è ubicato nella zona centrale della città, a circa 100 m ad est dal tempio di Zeus Olbios. Per quanto in parte coperto dalla vegetazione e da alcune case moderne, il monumento rimase visibile sino all’arrivo dei primi viaggiatori europei che visitarono il sito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (Th. Bent, R. Heberdey e A. Wilhelm, G.L. Bell), ma esso fu alquanto trascurato nelle loro descrizioni, dal momento che l’attenzione in queste circostanze fu data soprattutto agli altri monumenti della città. Allo stesso modo, poche sono le informazioni edite nella principale pubblicazione su Diokaisareia, edita nel 1931 da parte di J. Keil e A. Wilhelm. A lungo dimenticato dall’attenzione scientifica, il teatro è stato oggetto di scavi nel 1993 da parte di S. Başal del museo di Silifke, al termine dei quali è stata liberata gran parte della cavea, raggiungendo il pavimento dell’orchestra in un limitato sondaggio ubicato a ridosso del balteus. In questa circostanza sono stati messi in luce numerosi elementi della decorazione architettonica che decoravano la frons scaenae, parte dei quali sono stati spostati dal luogo di ritrovamento per necessità legate al cantiere di scavo o per un tentativo di anastylosis. I risultati presentati in questa edizione derivano da una campagna di disegni condotta nel 2003 (cui è seguito un breve sopralluogo nel 2004), diretta da chi scrive, nel quadro del survey diretto da D. Wannagat. In assenza di dati di scavo, è stata data grande importanza alla documentazione grafica del monumento, al fine di ottenere la maggiore quantità possibile di informazioni utili alla ricostruzione del suo aspetto e delle sue caratteristiche principali. Il lavoro di documentazione è stato redatto in modo filologicamente estremamente accurato ed utilizzato per ricomposizioni grafiche di tipo sia tradizionale sia numerico, per poi essere usato come base per ricostruzioni virtuali realizzate su elementi precisi. In generale, nel teatro di Diokaisareia la cavea doveva essere ripartita in sette cunei da sei scalaria, mentre in senso verticale essa era divisa in due settori (summa e ima cavea) da una praecinctio, sulla quale si immettevano tre vomitoria. Per il settore superiore (giuntoci danneggiato) si è supposto che esso avesse sei file di sedili, mentre quello inferiore ne prevedeva diciassette, più una fila di sedili con schienale posta sullo stesso piano della praecinctio mediana. Parte di questi sono ancora in posto (o ricollocati in tempi recenti), mentre per i mancanti rimangono le linee guida incise sulla pavimentazione della praecinctio. Il rilievo di dettaglio di tutto il monumento e l’analisi delle tracce hanno consentito di evidenziare alcune peculiarità nella cavea. Significativa in questo senso è la singolare conformazione dei cunei laterali, i cui sedili non seguono l’andamento curvilineo delle altre file, ma sono organizzati in modo rettilineo, conferendo alla cavea una pianta non semicircolare, quanto piuttosto a ferro di cavallo. Ugualmente, la posizione dei vomitoria risulta essere non perfettamente simmetrica, verosimilmente a causa della necessità di ottimizzare i collegamenti tra l’interno e la viabilità esterna al monumento. L’attenzione data dall’architetto che progettò il teatro di Diokaisareia al fine di rendere il monumento il più funzionale possibile è rivelata anche da altri particolari. Tra questi, ad esempio, si è potuto riscontrare come di fronte ai vomitoria ed in corrispondenza delle alae le linee guida dei sedili con schienale sopra menzionati si interrompono, per essere sostituite da linee incise più ravvicinate. Questa diversità fa supporre che in questi settori non vi fossero sedili, ma parapetti, al fine di avere più spazio nei punti di maggiore movimento degli spettatori. Nella parte inferiore della cavea è stata riscontrato un piccolo “palco d’onore” (ricavato in una seconda fase tagliando alcuni sedili), destinato ad ospitare personalità di rilievo, quali – in via del tutto ipotetica – potrebbero essere stati i sacerdoti del Tempio di Zeus Olbios. Un altro dettaglio preso in considerazione nello studio della cavea è la presenza di fori che attraversano i sedili dalla superficie superiore alla fronte. Essi sono stati interpretati come i fori di fissaggio delle corde che mettevano in tensione il velum, il sistema necessario per riparare gli spettatori dal sole e rendere così la cavea più confortevole. Per quanto riguarda gli ingressi al teatro, oltre ai sopra menzionati vomitoria, la presenza di una piccola parte di un arco ubicato nel lato orientale del monumento fa supporre l’esistenza di un aditus, un passaggio coperto di comunicazione tra l’orchestra e l’esterno del teatro, conferendo pertanto al teatro un aspetto più “romano” che “greco”. La parte più problematica del teatro è il settore della scaena, solo parzialmente messa in luce. Dalle poche strutture possibile è stato possibile ricostruire un proscaenium a pianta trapezoidale, il cui pavimento doveva essere costituito da assi di legno sorrette da travature incastrate nel pulpitum. Non rimane alcuna evidenza della frons scaenae, il cui muro di fondo fu con tutta probabilità spoliato in età tardo antica. Ciò nonostante, l’analisi degli elementi della decorazione architettonica ha permesso di ricostruire una fronte articolata con due nicchie centrali, su un solo ordine architettonico e munita di cinque valvae, secondo la consueta tradizione dei teatri dell’Asia Minore. La presenza di una parte dell’iscrizione dedicatoria, che data il teatro di Diokaisareia al 164 d.C., costituisce un elemento molto importante da diversi punti di vista. La datazione precisa (su basi epigrafiche) di un consistente apparato decorativo non è molto frequente nei teatri asiatici. Tale circostanza consente di valutare quali fossero le caratteristiche e le tendenze decorative presenti in Cilicia nella seconda metà del II sec. d.C. e, al tempo stesso, costituisce un nuovo punto di riferimento per confronti. Le indicazioni più rilevanti emerse in questo studio sono soprattutto le capacità degli scalpellini locali, pronti a recepire modelli ispiratori esterni (da individuarsi con tutta probabilità nella vicina Pamphylia, piuttosto che in Siria), ma al tempo stesso abili a proporre motivi o composizioni sulla pietra locale, il calcare.

Spanu, M. (2011). The Theatre of Diokaisareia. Berlin : Walter De Gruyter Gmbh & Co..

The Theatre of Diokaisareia

SPANU, MARCELLO
2011-01-01

Abstract

Il teatro di Diokaisareia (odierna Uzuncaburç, Turchia) è ubicato nella zona centrale della città, a circa 100 m ad est dal tempio di Zeus Olbios. Per quanto in parte coperto dalla vegetazione e da alcune case moderne, il monumento rimase visibile sino all’arrivo dei primi viaggiatori europei che visitarono il sito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (Th. Bent, R. Heberdey e A. Wilhelm, G.L. Bell), ma esso fu alquanto trascurato nelle loro descrizioni, dal momento che l’attenzione in queste circostanze fu data soprattutto agli altri monumenti della città. Allo stesso modo, poche sono le informazioni edite nella principale pubblicazione su Diokaisareia, edita nel 1931 da parte di J. Keil e A. Wilhelm. A lungo dimenticato dall’attenzione scientifica, il teatro è stato oggetto di scavi nel 1993 da parte di S. Başal del museo di Silifke, al termine dei quali è stata liberata gran parte della cavea, raggiungendo il pavimento dell’orchestra in un limitato sondaggio ubicato a ridosso del balteus. In questa circostanza sono stati messi in luce numerosi elementi della decorazione architettonica che decoravano la frons scaenae, parte dei quali sono stati spostati dal luogo di ritrovamento per necessità legate al cantiere di scavo o per un tentativo di anastylosis. I risultati presentati in questa edizione derivano da una campagna di disegni condotta nel 2003 (cui è seguito un breve sopralluogo nel 2004), diretta da chi scrive, nel quadro del survey diretto da D. Wannagat. In assenza di dati di scavo, è stata data grande importanza alla documentazione grafica del monumento, al fine di ottenere la maggiore quantità possibile di informazioni utili alla ricostruzione del suo aspetto e delle sue caratteristiche principali. Il lavoro di documentazione è stato redatto in modo filologicamente estremamente accurato ed utilizzato per ricomposizioni grafiche di tipo sia tradizionale sia numerico, per poi essere usato come base per ricostruzioni virtuali realizzate su elementi precisi. In generale, nel teatro di Diokaisareia la cavea doveva essere ripartita in sette cunei da sei scalaria, mentre in senso verticale essa era divisa in due settori (summa e ima cavea) da una praecinctio, sulla quale si immettevano tre vomitoria. Per il settore superiore (giuntoci danneggiato) si è supposto che esso avesse sei file di sedili, mentre quello inferiore ne prevedeva diciassette, più una fila di sedili con schienale posta sullo stesso piano della praecinctio mediana. Parte di questi sono ancora in posto (o ricollocati in tempi recenti), mentre per i mancanti rimangono le linee guida incise sulla pavimentazione della praecinctio. Il rilievo di dettaglio di tutto il monumento e l’analisi delle tracce hanno consentito di evidenziare alcune peculiarità nella cavea. Significativa in questo senso è la singolare conformazione dei cunei laterali, i cui sedili non seguono l’andamento curvilineo delle altre file, ma sono organizzati in modo rettilineo, conferendo alla cavea una pianta non semicircolare, quanto piuttosto a ferro di cavallo. Ugualmente, la posizione dei vomitoria risulta essere non perfettamente simmetrica, verosimilmente a causa della necessità di ottimizzare i collegamenti tra l’interno e la viabilità esterna al monumento. L’attenzione data dall’architetto che progettò il teatro di Diokaisareia al fine di rendere il monumento il più funzionale possibile è rivelata anche da altri particolari. Tra questi, ad esempio, si è potuto riscontrare come di fronte ai vomitoria ed in corrispondenza delle alae le linee guida dei sedili con schienale sopra menzionati si interrompono, per essere sostituite da linee incise più ravvicinate. Questa diversità fa supporre che in questi settori non vi fossero sedili, ma parapetti, al fine di avere più spazio nei punti di maggiore movimento degli spettatori. Nella parte inferiore della cavea è stata riscontrato un piccolo “palco d’onore” (ricavato in una seconda fase tagliando alcuni sedili), destinato ad ospitare personalità di rilievo, quali – in via del tutto ipotetica – potrebbero essere stati i sacerdoti del Tempio di Zeus Olbios. Un altro dettaglio preso in considerazione nello studio della cavea è la presenza di fori che attraversano i sedili dalla superficie superiore alla fronte. Essi sono stati interpretati come i fori di fissaggio delle corde che mettevano in tensione il velum, il sistema necessario per riparare gli spettatori dal sole e rendere così la cavea più confortevole. Per quanto riguarda gli ingressi al teatro, oltre ai sopra menzionati vomitoria, la presenza di una piccola parte di un arco ubicato nel lato orientale del monumento fa supporre l’esistenza di un aditus, un passaggio coperto di comunicazione tra l’orchestra e l’esterno del teatro, conferendo pertanto al teatro un aspetto più “romano” che “greco”. La parte più problematica del teatro è il settore della scaena, solo parzialmente messa in luce. Dalle poche strutture possibile è stato possibile ricostruire un proscaenium a pianta trapezoidale, il cui pavimento doveva essere costituito da assi di legno sorrette da travature incastrate nel pulpitum. Non rimane alcuna evidenza della frons scaenae, il cui muro di fondo fu con tutta probabilità spoliato in età tardo antica. Ciò nonostante, l’analisi degli elementi della decorazione architettonica ha permesso di ricostruire una fronte articolata con due nicchie centrali, su un solo ordine architettonico e munita di cinque valvae, secondo la consueta tradizione dei teatri dell’Asia Minore. La presenza di una parte dell’iscrizione dedicatoria, che data il teatro di Diokaisareia al 164 d.C., costituisce un elemento molto importante da diversi punti di vista. La datazione precisa (su basi epigrafiche) di un consistente apparato decorativo non è molto frequente nei teatri asiatici. Tale circostanza consente di valutare quali fossero le caratteristiche e le tendenze decorative presenti in Cilicia nella seconda metà del II sec. d.C. e, al tempo stesso, costituisce un nuovo punto di riferimento per confronti. Le indicazioni più rilevanti emerse in questo studio sono soprattutto le capacità degli scalpellini locali, pronti a recepire modelli ispiratori esterni (da individuarsi con tutta probabilità nella vicina Pamphylia, piuttosto che in Siria), ma al tempo stesso abili a proporre motivi o composizioni sulla pietra locale, il calcare.
2011
978-3-11-022221-0
Spanu, M. (2011). The Theatre of Diokaisareia. Berlin : Walter De Gruyter Gmbh & Co..
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