Tra Quattrocento e Cinquecento l’Italia vantava una funzione rilevante nel panorama culturale europeo in quanto al reperimento, alla sistematizzazione e diffusione dei dati sui viaggi e le scoperte nelle Indie, orientali e occidentali. Forte era ancora la capacità di accedere alle informazione delle antiche Repubbliche marinare di Genova e Venezia, per non parlare poi di Firenze e ancora di Roma, Siena, Napoli, città che divennero centri di produzione, manoscritti e poi a stampa, di libri e carte. I raffinati prodotti italiani e le interessanti soluzioni tecnico-cartografiche resero possibile l’imporsi di veri e propri maestri in grado di emergere nel panorama di un secolo, il Cinquecento, dominato dalle figure e dalle opere di Ortelio e Mercatore. In questa operazione culturale di divulgazione – lo sappiamo – una funzione importantissima, addirittura fondamentale da un preciso momento e per un certo periodo in aree determinate del pianeta, lo ebbero gli scritti dei padri della Compagnia di Gesù di cui Martino Martini fu uno dei personaggi di primo piano per quanto riguarda gli scambi fra l’Occidente europeo e la Cina nel Seicento. Se nel Quattrocento le fonti cui i cartografi e geografi italiani si rifacevano erano i classici greci e romani e Marco Polo, esse vennero progressivamente affiancate nel Cinquecento dalle nuove fonti portoghesi e spagnole (cartografiche, letterarie). Alla metà del XVI secolo giunsero poi le lettere scritte dai missionari gesuiti (o dai loro informatori) e alcune brevi relazioni odeporiche, materiali da cui i nostri connazionali trassero informazioni da utilizzare nella compilazione dei loro testi, mentre le carte, sul finire del secolo, andarono sempre più allineandosi ai modelli fiamminghi.
D'Ascenzo, A. (2015). I geografi italiani e la costruzione dell’immagine dell’Asia orientale fra tardo Quattrocento e Cinquecento. In Elena Dai Prà (a cura di), La storia della cartografia e Martino Martini (pp. 47-67). Milano : Franco Angeli.
I geografi italiani e la costruzione dell’immagine dell’Asia orientale fra tardo Quattrocento e Cinquecento
D'ASCENZO, ANNALISA
2015-01-01
Abstract
Tra Quattrocento e Cinquecento l’Italia vantava una funzione rilevante nel panorama culturale europeo in quanto al reperimento, alla sistematizzazione e diffusione dei dati sui viaggi e le scoperte nelle Indie, orientali e occidentali. Forte era ancora la capacità di accedere alle informazione delle antiche Repubbliche marinare di Genova e Venezia, per non parlare poi di Firenze e ancora di Roma, Siena, Napoli, città che divennero centri di produzione, manoscritti e poi a stampa, di libri e carte. I raffinati prodotti italiani e le interessanti soluzioni tecnico-cartografiche resero possibile l’imporsi di veri e propri maestri in grado di emergere nel panorama di un secolo, il Cinquecento, dominato dalle figure e dalle opere di Ortelio e Mercatore. In questa operazione culturale di divulgazione – lo sappiamo – una funzione importantissima, addirittura fondamentale da un preciso momento e per un certo periodo in aree determinate del pianeta, lo ebbero gli scritti dei padri della Compagnia di Gesù di cui Martino Martini fu uno dei personaggi di primo piano per quanto riguarda gli scambi fra l’Occidente europeo e la Cina nel Seicento. Se nel Quattrocento le fonti cui i cartografi e geografi italiani si rifacevano erano i classici greci e romani e Marco Polo, esse vennero progressivamente affiancate nel Cinquecento dalle nuove fonti portoghesi e spagnole (cartografiche, letterarie). Alla metà del XVI secolo giunsero poi le lettere scritte dai missionari gesuiti (o dai loro informatori) e alcune brevi relazioni odeporiche, materiali da cui i nostri connazionali trassero informazioni da utilizzare nella compilazione dei loro testi, mentre le carte, sul finire del secolo, andarono sempre più allineandosi ai modelli fiamminghi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.