The belief that the work of the historian is to fulfill an ethical and civic function is certainly not rare within the Academy. The thread that runs through the essays reproduced in this volume refers to a different conception of the historical work, instead: though probably in the minority among the experts, we believe this conception, rejecting the idea that research must serve extra-scientific goals, to be equally legitimate. Accordingly, the historian, in the exercise of his profession, must repudiate any ethical-pedagogical suggestion; he should reject any blandishment and flattery from those who would want to commission him therapeutic tasks, aimed at regenerating and legitimizing political and institutional systems. The historian, if truly such, should not take part, in our opinion, in any process of nation building. Neither a creator of identity nor a promoter of civic virtues, he must indeed take the risk that his work may reveal an irreconcilable contradiction between his professional duties and the civic obligations deriving from belonging to a common citizenship.

La convinzione che il lavoro dello storico debba assolvere una irrinunciabile, salvifica funzione etico-civile non è certo rara nell’Accademia. Il filo rosso che attraversa i saggi riprodotti nel volume rimanda invece a un’altra concezione del lavoro storico, probabilmente minoritaria tra gli addetti ai lavori ma non per questo, riteniamo, meno legittima, concezione che rifiuta l’idea che l’attività di ricerca debba prefiggersi obiettivi extrascientifici. Secondo tale concezione, lo storico, nell’esercizio della sua professione, deve ripudiare ogni torsione funzionalista e strumentale della ricerca, ogni suggestione etico-pedagogica. Deve respingere ogni blandizia e lusinga provenienti da chi gli volesse commissionare compiti terapeutici, di rigenerazione e legittimazione di sistemi politico-istituzionali. Lo storico, se veramente tale, non deve partecipare, a parer nostro, ad alcun processo di nation building. Né costruttore di identità né dispensatore di virtù civiche, deve anzi correre il rischio che il proprio lavoro possa rivelare una contraddizione, insanabile, tra le esigenze della professione storica e i doveri civici discendenti dall’appartenenza a una comune cittadinanza.

Tedesco, L. (2016). Hitler era un cammello, anzi un elefante. L'uso etico-politico della storia. Alcuni episodi. Roma : Roma TrE-Press.

Hitler era un cammello, anzi un elefante. L'uso etico-politico della storia. Alcuni episodi

TEDESCO, LUCA
2016-01-01

Abstract

The belief that the work of the historian is to fulfill an ethical and civic function is certainly not rare within the Academy. The thread that runs through the essays reproduced in this volume refers to a different conception of the historical work, instead: though probably in the minority among the experts, we believe this conception, rejecting the idea that research must serve extra-scientific goals, to be equally legitimate. Accordingly, the historian, in the exercise of his profession, must repudiate any ethical-pedagogical suggestion; he should reject any blandishment and flattery from those who would want to commission him therapeutic tasks, aimed at regenerating and legitimizing political and institutional systems. The historian, if truly such, should not take part, in our opinion, in any process of nation building. Neither a creator of identity nor a promoter of civic virtues, he must indeed take the risk that his work may reveal an irreconcilable contradiction between his professional duties and the civic obligations deriving from belonging to a common citizenship.
2016
978-88-97524-65-6
La convinzione che il lavoro dello storico debba assolvere una irrinunciabile, salvifica funzione etico-civile non è certo rara nell’Accademia. Il filo rosso che attraversa i saggi riprodotti nel volume rimanda invece a un’altra concezione del lavoro storico, probabilmente minoritaria tra gli addetti ai lavori ma non per questo, riteniamo, meno legittima, concezione che rifiuta l’idea che l’attività di ricerca debba prefiggersi obiettivi extrascientifici. Secondo tale concezione, lo storico, nell’esercizio della sua professione, deve ripudiare ogni torsione funzionalista e strumentale della ricerca, ogni suggestione etico-pedagogica. Deve respingere ogni blandizia e lusinga provenienti da chi gli volesse commissionare compiti terapeutici, di rigenerazione e legittimazione di sistemi politico-istituzionali. Lo storico, se veramente tale, non deve partecipare, a parer nostro, ad alcun processo di nation building. Né costruttore di identità né dispensatore di virtù civiche, deve anzi correre il rischio che il proprio lavoro possa rivelare una contraddizione, insanabile, tra le esigenze della professione storica e i doveri civici discendenti dall’appartenenza a una comune cittadinanza.
Tedesco, L. (2016). Hitler era un cammello, anzi un elefante. L'uso etico-politico della storia. Alcuni episodi. Roma : Roma TrE-Press.
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