Il processo di scrittura non è un’attività naturale dell’uomo che può essere appresa spontaneamente attraverso l’imitazione, ma una tecnica artificiale che mette in gioco ed esige complessi meccanismi antropologici. Rispetto a quella orale, la comunicazione scritta, intesa nel senso tradizionale del termine (altra natura possiedono le pratiche scrittorie digitali e multimediali, in cui strumenti, tecnica, supporto, propagazione del messaggio appaiono profondamente mutati), presenta innegabili punti di forza: è il mezzo più potente per registrare e depositare la conoscenza umana, rendendola accessibile; può assolvere a funzioni di pubblica utilità; può essere creatrice di istituzioni; consente una lunga pianificazione nella sua fase processuale. Al contempo, però, una volta licenziato un testo scritto è un prodotto compiuto e definitivo. E poiché non può essere chiarito, spiegato e commentato in tempo reale dal suo autore, può dare luogo a fraintendimenti e a manipolazioni se non presenta un adeguato grado di esplicitezza. A orientare l’attività interpretativa del destinatario concorrono, nei testi più accurati, alcuni settori del paratesto: prefazioni, postfazioni, avvertimenti, autocommenti, note illustrative, lettere dedicatorie, che mirano a orientare l’attività interpretativa del destinatario. Il contributo esamina le prefazioni e le lettere dedicatorie poste in apertura ad alcuni dizionari editi in Italia nell’Ottocento, secolo di straordinaria fioritura lessicografica.
Consales, I. (2017). • Perché scrivere dizionari. La prefazione nella lessicografia ottocentesca, in Perché scrivere. Motivazioni, scelte, risultati. Atti del Convegno Internazionale (Univerzita Palackého v Olomouci, Olomouc, 27-28 marzo 2015), a cura di F. Bianco/ J. Špička, Firenze, Cesati, 2017, pp. 383-394. ISBN 978-88-7667-670-3. In Š. Bianco (a cura di), Perché scrivere. Motivazioni, scelte, risultati. Atti del Convegno Internazionale (Univerzita Palackého v Olomouci, Olomouc, 27-28 marzo 2015) (pp. 383-394). Firenze : Cesati.
• Perché scrivere dizionari. La prefazione nella lessicografia ottocentesca, in Perché scrivere. Motivazioni, scelte, risultati. Atti del Convegno Internazionale (Univerzita Palackého v Olomouci, Olomouc, 27-28 marzo 2015), a cura di F. Bianco/ J. Špička, Firenze, Cesati, 2017, pp. 383-394. ISBN 978-88-7667-670-3
Ilde Consales
2017-01-01
Abstract
Il processo di scrittura non è un’attività naturale dell’uomo che può essere appresa spontaneamente attraverso l’imitazione, ma una tecnica artificiale che mette in gioco ed esige complessi meccanismi antropologici. Rispetto a quella orale, la comunicazione scritta, intesa nel senso tradizionale del termine (altra natura possiedono le pratiche scrittorie digitali e multimediali, in cui strumenti, tecnica, supporto, propagazione del messaggio appaiono profondamente mutati), presenta innegabili punti di forza: è il mezzo più potente per registrare e depositare la conoscenza umana, rendendola accessibile; può assolvere a funzioni di pubblica utilità; può essere creatrice di istituzioni; consente una lunga pianificazione nella sua fase processuale. Al contempo, però, una volta licenziato un testo scritto è un prodotto compiuto e definitivo. E poiché non può essere chiarito, spiegato e commentato in tempo reale dal suo autore, può dare luogo a fraintendimenti e a manipolazioni se non presenta un adeguato grado di esplicitezza. A orientare l’attività interpretativa del destinatario concorrono, nei testi più accurati, alcuni settori del paratesto: prefazioni, postfazioni, avvertimenti, autocommenti, note illustrative, lettere dedicatorie, che mirano a orientare l’attività interpretativa del destinatario. Il contributo esamina le prefazioni e le lettere dedicatorie poste in apertura ad alcuni dizionari editi in Italia nell’Ottocento, secolo di straordinaria fioritura lessicografica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.