Il saggio tematizza la questione del lavoro di genere in ambito domestico nelle varianti gratuito e quasi-servile. Per gratuita s’intende l’attività riproduttiva, non riconosciuta e non remunerata, assegnata sulla base della segregazione dei ruoli di genere. Per lavoro quasi servile intendiamo, invece, l’attività remunerata (generalmente poco), caratterizzata da forme intensive di sfruttamento e di dipendenza. Il tema di riflessione sotteso a tutto l’impianto è costituito dai processi di formazione di individualità inferiorizzate e rimanda all’analisi dei dispositivi di assoggettamento e di asservimento che presidiano la proliferazione di particolari soggetti produttivi, in quanto disposti al lavoro di cura. La nozione di economia domestica all’interno del grande settore di attività della cosiddetta produzione non osservata viene discussa con l’obiettivo di dar conto di alcuni effetti paradossali e distorsivi dipendenti dalle concezioni sull’economico e sul riproduttivo, legate all’assegnazione di ruoli sociali sulla linea di faglia del genere. Le trasformazioni contemporanee del sistema di regolazione del mercato del lavoro, la sua femminilizzazione quantitativa e qualitativa, il retrenchment e recalibration dei programmi di welfare, fanno emergere la progressiva familiarizzazione e informalizzazione del welfare domestico italiano. Un processo, questo, che è reso possibile dalla sostituzione del lavoro casalingo non riconosciuto delle donne autoctone con quello migrante. Le condizioni di lavoro e di vita di questa componente straniera sono analizzate alla luce delle trasformazioni dell’offerta di lavoro femminile dei più recenti movimenti migratori. Le mutazioni della domanda di lavoro domestico e la sua generalizzazione mostrano, anche negli anni della crisi ancora in corso, l’acuirsi di alcune forme di disagio già evidenziate dalla ricerca sul lavoro migrante, con particolare riferimento a quello domestico. Non vi è, infatti, riduzione delle disparità tra i generi, né più equa ripartizione dei compiti di cura familiari o il riallineamento dei tempi di vita tra i generi; piuttosto, si realizza uno slittamento attraverso l’asservimento di altre donne migranti. Un paradosso solo apparente: l’emancipazione si acquista attraverso l’esercizio del ruolo imprenditoriale, una donna che ne assume un’altra, già assoggettata e disponibile, perché la sostituisca nei lavori che rimangono assegnati alle donne. Non si riducono, quindi, neanche le disparità e lo sfruttamento dentro al genere, sulla linea dell’appartenenza nazionale e sociale, mentre si ampliano i vissuti di sofferenza e disagio nelle catene globali del lavoro di cura.

Carbone, V. (2018). Il disagio del lavoro d'amore. Segregazioni di genere nel welfare domestico e lavoro di cura delle donne immigrate. In M.F. Valeria Biasi (a cura di), FORME CONTEMPORANEE DEL DISAGIO (pp. 43-62). Roma : RomaTre Press.

Il disagio del lavoro d'amore. Segregazioni di genere nel welfare domestico e lavoro di cura delle donne immigrate

carbone vincenzo
2018-01-01

Abstract

Il saggio tematizza la questione del lavoro di genere in ambito domestico nelle varianti gratuito e quasi-servile. Per gratuita s’intende l’attività riproduttiva, non riconosciuta e non remunerata, assegnata sulla base della segregazione dei ruoli di genere. Per lavoro quasi servile intendiamo, invece, l’attività remunerata (generalmente poco), caratterizzata da forme intensive di sfruttamento e di dipendenza. Il tema di riflessione sotteso a tutto l’impianto è costituito dai processi di formazione di individualità inferiorizzate e rimanda all’analisi dei dispositivi di assoggettamento e di asservimento che presidiano la proliferazione di particolari soggetti produttivi, in quanto disposti al lavoro di cura. La nozione di economia domestica all’interno del grande settore di attività della cosiddetta produzione non osservata viene discussa con l’obiettivo di dar conto di alcuni effetti paradossali e distorsivi dipendenti dalle concezioni sull’economico e sul riproduttivo, legate all’assegnazione di ruoli sociali sulla linea di faglia del genere. Le trasformazioni contemporanee del sistema di regolazione del mercato del lavoro, la sua femminilizzazione quantitativa e qualitativa, il retrenchment e recalibration dei programmi di welfare, fanno emergere la progressiva familiarizzazione e informalizzazione del welfare domestico italiano. Un processo, questo, che è reso possibile dalla sostituzione del lavoro casalingo non riconosciuto delle donne autoctone con quello migrante. Le condizioni di lavoro e di vita di questa componente straniera sono analizzate alla luce delle trasformazioni dell’offerta di lavoro femminile dei più recenti movimenti migratori. Le mutazioni della domanda di lavoro domestico e la sua generalizzazione mostrano, anche negli anni della crisi ancora in corso, l’acuirsi di alcune forme di disagio già evidenziate dalla ricerca sul lavoro migrante, con particolare riferimento a quello domestico. Non vi è, infatti, riduzione delle disparità tra i generi, né più equa ripartizione dei compiti di cura familiari o il riallineamento dei tempi di vita tra i generi; piuttosto, si realizza uno slittamento attraverso l’asservimento di altre donne migranti. Un paradosso solo apparente: l’emancipazione si acquista attraverso l’esercizio del ruolo imprenditoriale, una donna che ne assume un’altra, già assoggettata e disponibile, perché la sostituisca nei lavori che rimangono assegnati alle donne. Non si riducono, quindi, neanche le disparità e lo sfruttamento dentro al genere, sulla linea dell’appartenenza nazionale e sociale, mentre si ampliano i vissuti di sofferenza e disagio nelle catene globali del lavoro di cura.
2018
9788894885774
Carbone, V. (2018). Il disagio del lavoro d'amore. Segregazioni di genere nel welfare domestico e lavoro di cura delle donne immigrate. In M.F. Valeria Biasi (a cura di), FORME CONTEMPORANEE DEL DISAGIO (pp. 43-62). Roma : RomaTre Press.
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