Il saggio prende in esame in alcuni casi esemplari a che punto la dialettica tra progetto e segno, tra immediatezza e pianificazione, tra slancio utopico e pragmatismo produttivo, abbia contribuito a ridefinire nella teoria e nella pratica architettonica novecentesca, soprattutto nel passaggio cruciale tra modernismo ed epoca postmoderna, lo spaziotempo della città. L’intento è misurare come l’immaginario collettivo e la dimensione politica siano diventati nella cosmologia postmodernista materiali da costruzione allo stesso titolo dell’acciaio e del cemento, entrando in conflitto con l’aspirazione dell’avanguardia a identificare nel nuovo ambiente urbano l’anticipazione sensibile di una nuova, emancipata forma della vita. Se la città modernista si era potuta presentare come il tentativo di progettare un nuovo ambiente urbano che avrebbe a sua volta innescato un mutamento reale della vita, la nascita di una nuova umanità, un tempo della pienezza, l’habitat postmoderno appare al contrario costitutivamente attraversato dall’entropia, sospeso tra la tendenza a dissolversi in uno junkspace e il tentativo di accogliere e organizzare in forma critica le temporalità conflittuali che lo abitano.
Chiodi, S. (2018). Around the clock. Architettura tra utopia e entropia. In Achille Bonito Oliva (a cura di), Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo (pp. 54-77). Milano : Electa.
Around the clock. Architettura tra utopia e entropia
stefano chiodi
2018-01-01
Abstract
Il saggio prende in esame in alcuni casi esemplari a che punto la dialettica tra progetto e segno, tra immediatezza e pianificazione, tra slancio utopico e pragmatismo produttivo, abbia contribuito a ridefinire nella teoria e nella pratica architettonica novecentesca, soprattutto nel passaggio cruciale tra modernismo ed epoca postmoderna, lo spaziotempo della città. L’intento è misurare come l’immaginario collettivo e la dimensione politica siano diventati nella cosmologia postmodernista materiali da costruzione allo stesso titolo dell’acciaio e del cemento, entrando in conflitto con l’aspirazione dell’avanguardia a identificare nel nuovo ambiente urbano l’anticipazione sensibile di una nuova, emancipata forma della vita. Se la città modernista si era potuta presentare come il tentativo di progettare un nuovo ambiente urbano che avrebbe a sua volta innescato un mutamento reale della vita, la nascita di una nuova umanità, un tempo della pienezza, l’habitat postmoderno appare al contrario costitutivamente attraversato dall’entropia, sospeso tra la tendenza a dissolversi in uno junkspace e il tentativo di accogliere e organizzare in forma critica le temporalità conflittuali che lo abitano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.