Oggi più che mai l’emergenza climatica denuncia il ruolo degli esseri umani nel mondo vivente e l’inderogabile urgenza di occuparsene. I cittadini si mobilitano, si riappropriano della questione ambientale, sono disposti ad agire, a «farsi giardinieri» del pianeta, a prendersene cura. Restano però in attesa di nuove narrazioni collettive che rendano comprensibile e praticabile la transizione ecologica da compiere. Dal rinnovo dell’agricoltura urbana alla diffusione dei giardini condivisi, passando per il greenwashing dell’architettura e le sfide della «città selvatica», emergono nuove categorie di nature urbane, sullo sfondo di un rapporto più fertile tra città e natura, che chiama a ridiscutere le articolazioni tra centri, periferie, campagne, incolti. Tale sfida si affronta collettivamente e col sostegno di narrazioni federative che rendano comprensibile e praticabile la transizione ecologica da compiere. L’ecologia – ambientale, sociale, politica – non deve più apparire come un male necessario, ma come una nuova strada, per fiorire e vivere meglio. Ora che siamo più consapevoli del fatto che il pianeta è uno spazio finito in cui il mondo vivente nel suo insieme risulta interdipendente e che le risorse tendono a esaurirsi sotto la pressione dell’attività umana, il paragone con il giardino si impone come uno dei modi più efficaci e di maggiore ispirazione per riflettere sull’organizzazione del territorio, sulle modalità di produzione e sulla temporalità che noi giardinieri dobbiamo imparare a riadattare a quella del “genio naturale”». Gli autori italiani e francesi – paesaggisti, architetti, urbanisti, geografi, sociologi, filosofi, artisti – che dialogano in questo libro, esprimono attitudini e sensibilità diverse, ma condividono tutti una medesima convinzione: la necessità di inventare un modello di città che emerga dall’interazione responsabile e gioiosa tra tutte le forme del vivente, umanità compresa, in un ambiente – dal suolo al cielo, ai fenomeni atmosferici – nel quale siamo tutti collegati. «Bisogna coltivare il nostro giardino»: prendiamo alla lettera la metafora di Candide che conclude il famoso racconto di Voltaire, è tempo di osare nuovi paesaggi. Tre secoli e mezzo più tardi, la frase emblematica di Candide assume un’altra dimensione, in un contesto di emergenza climatica che rende evidente il ruolo degli esseri umani nel mondo vivente e l’inderogabile urgenza di occuparsene. La biodiversità è minacciata in ogni continente e in ogni paese. Da qui al 2050, tra il 38% e il 46% delle specie animali e vegetali potrebbe scomparire dal pianeta con ripercussioni tragiche per il nostro ambiente. Il 60% della popolazione mondiale nel 2030 vivrà nelle città, che già oggi sono responsabili del 70% delle emissioni globali di CO2. Ormai lo sappiamo tutti: il futuro del mondo vivente dipende da una nuova gestione, più responsabile, delle città, e siamo solo all’inizio di questo cambiamento. E se viceversa, il futuro delle città dipendesse da una nuova connessione, più rispettosa e creativa, con il mondo vivente? Osare nuovi paesaggi. Prendersi cura. Inselvatichire il mondo.

Metta, A. (a cura di). (2019). Coltiviamo il nostro giardino. Roma : Deriveapprodi.

Coltiviamo il nostro giardino

Annalisa Metta
2019-01-01

Abstract

Oggi più che mai l’emergenza climatica denuncia il ruolo degli esseri umani nel mondo vivente e l’inderogabile urgenza di occuparsene. I cittadini si mobilitano, si riappropriano della questione ambientale, sono disposti ad agire, a «farsi giardinieri» del pianeta, a prendersene cura. Restano però in attesa di nuove narrazioni collettive che rendano comprensibile e praticabile la transizione ecologica da compiere. Dal rinnovo dell’agricoltura urbana alla diffusione dei giardini condivisi, passando per il greenwashing dell’architettura e le sfide della «città selvatica», emergono nuove categorie di nature urbane, sullo sfondo di un rapporto più fertile tra città e natura, che chiama a ridiscutere le articolazioni tra centri, periferie, campagne, incolti. Tale sfida si affronta collettivamente e col sostegno di narrazioni federative che rendano comprensibile e praticabile la transizione ecologica da compiere. L’ecologia – ambientale, sociale, politica – non deve più apparire come un male necessario, ma come una nuova strada, per fiorire e vivere meglio. Ora che siamo più consapevoli del fatto che il pianeta è uno spazio finito in cui il mondo vivente nel suo insieme risulta interdipendente e che le risorse tendono a esaurirsi sotto la pressione dell’attività umana, il paragone con il giardino si impone come uno dei modi più efficaci e di maggiore ispirazione per riflettere sull’organizzazione del territorio, sulle modalità di produzione e sulla temporalità che noi giardinieri dobbiamo imparare a riadattare a quella del “genio naturale”». Gli autori italiani e francesi – paesaggisti, architetti, urbanisti, geografi, sociologi, filosofi, artisti – che dialogano in questo libro, esprimono attitudini e sensibilità diverse, ma condividono tutti una medesima convinzione: la necessità di inventare un modello di città che emerga dall’interazione responsabile e gioiosa tra tutte le forme del vivente, umanità compresa, in un ambiente – dal suolo al cielo, ai fenomeni atmosferici – nel quale siamo tutti collegati. «Bisogna coltivare il nostro giardino»: prendiamo alla lettera la metafora di Candide che conclude il famoso racconto di Voltaire, è tempo di osare nuovi paesaggi. Tre secoli e mezzo più tardi, la frase emblematica di Candide assume un’altra dimensione, in un contesto di emergenza climatica che rende evidente il ruolo degli esseri umani nel mondo vivente e l’inderogabile urgenza di occuparsene. La biodiversità è minacciata in ogni continente e in ogni paese. Da qui al 2050, tra il 38% e il 46% delle specie animali e vegetali potrebbe scomparire dal pianeta con ripercussioni tragiche per il nostro ambiente. Il 60% della popolazione mondiale nel 2030 vivrà nelle città, che già oggi sono responsabili del 70% delle emissioni globali di CO2. Ormai lo sappiamo tutti: il futuro del mondo vivente dipende da una nuova gestione, più responsabile, delle città, e siamo solo all’inizio di questo cambiamento. E se viceversa, il futuro delle città dipendesse da una nuova connessione, più rispettosa e creativa, con il mondo vivente? Osare nuovi paesaggi. Prendersi cura. Inselvatichire il mondo.
2019
978-88-6548-309-1
Metta, A. (a cura di). (2019). Coltiviamo il nostro giardino. Roma : Deriveapprodi.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/347771
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