Che si passeggi per le strade di New York, Mosca, Pechino, Roma o altre grandi città contemporanee, sempre più spesso si incontrano muri che ospitano “opere banali o geniali, piccole come francobolli o grandi centinaia di metri quadri, realizzate nel cuore della notte con cuore palpitante, a proprio rischio e pericolo, oppure al contrario profumatamente pagate da amministrazioni comunali in commissioni pubbliche portate avanti in tutta sicurezza.” (D. Dogheria, 2015, p.13). Tutte queste opere di dimensioni e stili tanto vari quanto lo sono le immagini in esse rappresentate e i messaggi veicolati, rientrano nella vasta galassia ormai comunemente denominata Street Art. Secondo la definizione ricorrente attribuita a John Fekner, diventata ormai un ritornello, si considera Street Art “tutta l’arte in strada che non è graffiti-writing” (Lewisohn, 2008, p.23). In ogni modo, al di là della confusione, del flou o addirittura delle contraddizioni dal punto di vista della definizione e dello stesso significato sociopolitico della Street art (che cos’è esattamente, indipendentemente delle diverse tecniche e dai diversi tipi di autori: writers, designers eccetera), è indubbio che essa intrattenga relazioni polimorfe con la realtà urbana. La dimensione geografica del fenomeno si esprime in particolar modo nell’uso specifico dello spazio “pubblico” e nella creazione di opere in situ, a priori inscindibilmente connesse a un determinato contesto territoriale. Tuttavia l’espressione inglese, nella sua semplicità sintattica, non rende immediatamente evidenti tre diversi aspetti in cui si declina questa realtà, in quanto si tratta allo stesso tempo di un’arte “della”, “nella” e “dalla” strada, le cui opere sono partecipative, “conversative” – per la loro capacità di innescare una sorta di dialogo visivo – e viventi, ovvero in permanente evoluzione poiché all’opera originaria possono essere aggiunti elementi da altri street artisti o writers: «the term Street Art cannot be defined conclusively since what it encompasses is constantly being negotiated (Bengtsen 2014, p.11). Questo contributo affronta la recente trasformazione del fenomeno Street Art in un significativo agente geografico, focalizzandosi su tre aspetti in particolare: la sua dimensione comunicativa nello spazio pubblico, le grandi potenzialità dell’arte di strada nei contrastati processi di riqualificazione urbana e infine i problematici effetti del suo grande successo in termini di turisticizzazione e museificazione.

Dumont, I. (2019). «“Street-artizzazione” delle città contemporanee: dalle periferie trascurate al museo globalizzato». In Franco Salvatori (a cura di), L’apporto della Geografia tra rivoluzioni e riforme (pp. 2777-2782). Roma : A.Ge.I.

«“Street-artizzazione” delle città contemporanee: dalle periferie trascurate al museo globalizzato»

Isabelle Dumont
2019-01-01

Abstract

Che si passeggi per le strade di New York, Mosca, Pechino, Roma o altre grandi città contemporanee, sempre più spesso si incontrano muri che ospitano “opere banali o geniali, piccole come francobolli o grandi centinaia di metri quadri, realizzate nel cuore della notte con cuore palpitante, a proprio rischio e pericolo, oppure al contrario profumatamente pagate da amministrazioni comunali in commissioni pubbliche portate avanti in tutta sicurezza.” (D. Dogheria, 2015, p.13). Tutte queste opere di dimensioni e stili tanto vari quanto lo sono le immagini in esse rappresentate e i messaggi veicolati, rientrano nella vasta galassia ormai comunemente denominata Street Art. Secondo la definizione ricorrente attribuita a John Fekner, diventata ormai un ritornello, si considera Street Art “tutta l’arte in strada che non è graffiti-writing” (Lewisohn, 2008, p.23). In ogni modo, al di là della confusione, del flou o addirittura delle contraddizioni dal punto di vista della definizione e dello stesso significato sociopolitico della Street art (che cos’è esattamente, indipendentemente delle diverse tecniche e dai diversi tipi di autori: writers, designers eccetera), è indubbio che essa intrattenga relazioni polimorfe con la realtà urbana. La dimensione geografica del fenomeno si esprime in particolar modo nell’uso specifico dello spazio “pubblico” e nella creazione di opere in situ, a priori inscindibilmente connesse a un determinato contesto territoriale. Tuttavia l’espressione inglese, nella sua semplicità sintattica, non rende immediatamente evidenti tre diversi aspetti in cui si declina questa realtà, in quanto si tratta allo stesso tempo di un’arte “della”, “nella” e “dalla” strada, le cui opere sono partecipative, “conversative” – per la loro capacità di innescare una sorta di dialogo visivo – e viventi, ovvero in permanente evoluzione poiché all’opera originaria possono essere aggiunti elementi da altri street artisti o writers: «the term Street Art cannot be defined conclusively since what it encompasses is constantly being negotiated (Bengtsen 2014, p.11). Questo contributo affronta la recente trasformazione del fenomeno Street Art in un significativo agente geografico, focalizzandosi su tre aspetti in particolare: la sua dimensione comunicativa nello spazio pubblico, le grandi potenzialità dell’arte di strada nei contrastati processi di riqualificazione urbana e infine i problematici effetti del suo grande successo in termini di turisticizzazione e museificazione.
2019
978-88-942641-2-8
Dumont, I. (2019). «“Street-artizzazione” delle città contemporanee: dalle periferie trascurate al museo globalizzato». In Franco Salvatori (a cura di), L’apporto della Geografia tra rivoluzioni e riforme (pp. 2777-2782). Roma : A.Ge.I.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/355184
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