L’intervento si propone di interrogare il concetto di “rivoluzione”, seguendo l’ipotesi che l’uso che ne fa oggi il discorso neoliberale – in quanto ha sottratto l’iniziativa economica, politica e sociale alle forze di sinistra e orienta la trasformazione in senso conservatore – si cominci a delineare nel periodo tra le due guerre mondiali e in particolare nel contesto della Repubblica di Weimar. In effetti, l’utilizzo del termine “rivoluzione” in senso pre-moderno, cioè come “ritorno” e “ristabilimento” dell’ordine, può essere giustificato per gli autori della cosiddetta Konservative Revolution, quei pensatori di destra oppositori della Repubblica di Weimar. Un significato – questo del concetto di rivoluzione – alternativo rispetto a quello prevalente di “rottura, discontinuità, rovesciamento dell’ordine”, che si era affermato con le grandi rivoluzioni della modernità. Inoltre, in quegli stessi anni, Antonio Gramsci ha coniato l’espressione “rivoluzione passiva” (o “rivoluzione-restaurazione”) per definire l’iniziativa politica che finalizza la trasformazione alla conservazione dell’ordine. Infine, non è forse un caso che anche l’espressione Neoliberalismus sia stata coniata in quegli stessi anni nel dibattito giuridico di lingua tedesca per indicare non l’esasperazione del liberismo economico – come oggi frettolosamente s’intende – quanto piuttosto il superamento della forma liberale dello Stato. L’intervento, insomma, cercherà di comprendere se queste declinazioni – pur diverse – del concetto di rivoluzione, che vengono a determinarsi nel medesimo passaggio storico, compongono insieme una costellazione in grado di gettare luce sulla nostra attualità.
Gentili, D. (2019). Sull'idea di rivoluzione. Sulla controrivoluzione della Rivoluzione conservatrice. In M. Ponzi, G. Guerra, D. Padularosa (a cura di), Vivere in tempi di crisi. La Repubblica di Weimar: arte, politica, filosofia (pp. 285-294). Milano-Udine : Mimesis.
Sull'idea di rivoluzione. Sulla controrivoluzione della Rivoluzione conservatrice
Dario Gentili
2019-01-01
Abstract
L’intervento si propone di interrogare il concetto di “rivoluzione”, seguendo l’ipotesi che l’uso che ne fa oggi il discorso neoliberale – in quanto ha sottratto l’iniziativa economica, politica e sociale alle forze di sinistra e orienta la trasformazione in senso conservatore – si cominci a delineare nel periodo tra le due guerre mondiali e in particolare nel contesto della Repubblica di Weimar. In effetti, l’utilizzo del termine “rivoluzione” in senso pre-moderno, cioè come “ritorno” e “ristabilimento” dell’ordine, può essere giustificato per gli autori della cosiddetta Konservative Revolution, quei pensatori di destra oppositori della Repubblica di Weimar. Un significato – questo del concetto di rivoluzione – alternativo rispetto a quello prevalente di “rottura, discontinuità, rovesciamento dell’ordine”, che si era affermato con le grandi rivoluzioni della modernità. Inoltre, in quegli stessi anni, Antonio Gramsci ha coniato l’espressione “rivoluzione passiva” (o “rivoluzione-restaurazione”) per definire l’iniziativa politica che finalizza la trasformazione alla conservazione dell’ordine. Infine, non è forse un caso che anche l’espressione Neoliberalismus sia stata coniata in quegli stessi anni nel dibattito giuridico di lingua tedesca per indicare non l’esasperazione del liberismo economico – come oggi frettolosamente s’intende – quanto piuttosto il superamento della forma liberale dello Stato. L’intervento, insomma, cercherà di comprendere se queste declinazioni – pur diverse – del concetto di rivoluzione, che vengono a determinarsi nel medesimo passaggio storico, compongono insieme una costellazione in grado di gettare luce sulla nostra attualità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.