Giuseppe Samonà può essere considerato un maestro? È un architetto che va citato o consigliato agli studenti dei laboratori di progettazione? In cosa consiste oggi il valore della sua architettura e dei suoi scritti? Per chi ha studiato architettura negli anni Novanta la figura di Giuseppe Samonà non è stata certo un riferimento, sarà capitato forse qualche volta di sentirlo nominare o di imbattersi casualmente in qualche suo progetto, per esempio nella visita a Gibellina Nuova da studente nel mio caso. Probabilmente la sua scomparsa era troppo recente e le sue opere troppo lontane dal minimalismo portoghese o dai clamori decostruttivisti, soprattutto la cultura architettonica italiana era troppo impegnata a studiare e celebrare la “città diffusa” e la morte dell’urbanistica per contemplare il pensiero teorico di Samonà. Capitava allora di imbattersi nei progetti iconici, quali la sofisticata proposta per la Camera dei Deputati a Roma o il monumentale teatro di Sciacca , lavori dai quali non emergeva una figura chiara, riconoscibile o rapportabile all’architettura del momento, ma anzi eclettica e misteriosa. Per chi studiava nelle facoltà romane in particolare la figura di Samonà era poco citata, vista la poca produzione nella capitale e la presenza dei mostri sacri romani a lui contemporanei: Libera, Ridolfi e Moretti. Una immagine in particolare della produzione di Samonà ci colpiva da studenti perché raffinata e sintetica e affine alle opere di land-art che ci affascinavano, si trattava del plastico di concorso per l’Università di Cagliari. Un bassorilievo in gesso che rappresentava l’ipotesi insediativa, una delicata grafia per una struttura territoriale poderosa.
Burrascano, M. (2020). La città e la struttura del territorio. Il concorso per l'università di Cagliari. In Laura Pujia (a cura di), Rileggere Samonà. roma : roma tre press.
La città e la struttura del territorio. Il concorso per l'università di Cagliari
marco burrascano
2020-01-01
Abstract
Giuseppe Samonà può essere considerato un maestro? È un architetto che va citato o consigliato agli studenti dei laboratori di progettazione? In cosa consiste oggi il valore della sua architettura e dei suoi scritti? Per chi ha studiato architettura negli anni Novanta la figura di Giuseppe Samonà non è stata certo un riferimento, sarà capitato forse qualche volta di sentirlo nominare o di imbattersi casualmente in qualche suo progetto, per esempio nella visita a Gibellina Nuova da studente nel mio caso. Probabilmente la sua scomparsa era troppo recente e le sue opere troppo lontane dal minimalismo portoghese o dai clamori decostruttivisti, soprattutto la cultura architettonica italiana era troppo impegnata a studiare e celebrare la “città diffusa” e la morte dell’urbanistica per contemplare il pensiero teorico di Samonà. Capitava allora di imbattersi nei progetti iconici, quali la sofisticata proposta per la Camera dei Deputati a Roma o il monumentale teatro di Sciacca , lavori dai quali non emergeva una figura chiara, riconoscibile o rapportabile all’architettura del momento, ma anzi eclettica e misteriosa. Per chi studiava nelle facoltà romane in particolare la figura di Samonà era poco citata, vista la poca produzione nella capitale e la presenza dei mostri sacri romani a lui contemporanei: Libera, Ridolfi e Moretti. Una immagine in particolare della produzione di Samonà ci colpiva da studenti perché raffinata e sintetica e affine alle opere di land-art che ci affascinavano, si trattava del plastico di concorso per l’Università di Cagliari. Un bassorilievo in gesso che rappresentava l’ipotesi insediativa, una delicata grafia per una struttura territoriale poderosa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.