La Natura come valore totalizzante è il messia tutto mondano dell’Antropocene. Questa idea di natura – in bilico tra devozione fatalista per l’imponderabile e scientismo deterministico neo-positivista – accondiscende all’indolenza delle nostre generazioni, ci rassicura e consola, complice del sottrarci a ogni possibilità (e responsabilità) di riscatto o di rilancio. Al contrario, la ‘Città selvatica’, questo mostro che ci disorienta e sorprende, ci sposta, inquieta, disturba, costringendoci a riposizionarci, dimostra che è possibile una via intermedia tra un’attitudine al gioco di rimessa con il destino – che celebra l’esautorazione della specie umana dai salvifici rimedi della natura – e la postura utilitaria dominante. Insieme, compongono indizi di un rinnovato modo di stare al mondo che trova nella ‘Città Selvatica’ una sintesi tanto configurativa quanto etica, fondata sulla complicità leale, non necessariamente elegiaca, ma eccitante e perturbante, tra tutti gli abitanti del pianeta, umani compresi. È una via che non può prescindere dal progetto come consapevole intenzione di dare forma desiderabile al mondo che abitiamo, finalmente affrancato da ogni ansia di controllo e disponibile ad accogliere l’accadere libero, biologico e sociale, pratico e affettivo della vita, in ogni sua forma.
Metta, A. (2019). Verso la città selvatica. In M.L.O. Annalisa Metta (a cura di), La città selvatica. Paesaggi urbani contemporanei (pp. 19-48). Melfi (PZ) : Libria.
Verso la città selvatica
Annalisa Metta
2019-01-01
Abstract
La Natura come valore totalizzante è il messia tutto mondano dell’Antropocene. Questa idea di natura – in bilico tra devozione fatalista per l’imponderabile e scientismo deterministico neo-positivista – accondiscende all’indolenza delle nostre generazioni, ci rassicura e consola, complice del sottrarci a ogni possibilità (e responsabilità) di riscatto o di rilancio. Al contrario, la ‘Città selvatica’, questo mostro che ci disorienta e sorprende, ci sposta, inquieta, disturba, costringendoci a riposizionarci, dimostra che è possibile una via intermedia tra un’attitudine al gioco di rimessa con il destino – che celebra l’esautorazione della specie umana dai salvifici rimedi della natura – e la postura utilitaria dominante. Insieme, compongono indizi di un rinnovato modo di stare al mondo che trova nella ‘Città Selvatica’ una sintesi tanto configurativa quanto etica, fondata sulla complicità leale, non necessariamente elegiaca, ma eccitante e perturbante, tra tutti gli abitanti del pianeta, umani compresi. È una via che non può prescindere dal progetto come consapevole intenzione di dare forma desiderabile al mondo che abitiamo, finalmente affrancato da ogni ansia di controllo e disponibile ad accogliere l’accadere libero, biologico e sociale, pratico e affettivo della vita, in ogni sua forma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.