Kathoti kai proteron. Un contributo all'interpretazione di I.Iasos 219

This contribution offers a new edition and above all a new commentary of the fragmentary decree I.Iasos 219. Today it is the one remaining block of the at least three on which the psephisma originally had to be inscribed. Preserved are the final part of the motivation, the intentions that the community aimed to pursue through the decree, and the beginning of the deliberative proposal. From the motivation formula we deduce that at this time in Iasos, access to various sacred buildings was forbidden to anyone but priests and priestesses. The prohibition is most probably due to material damage to the buildings of worship, and the chronology of the text (beginning of the 2nd century BC) suggests that the damage may have been caused by an earthquake that had notoriously affected the whole area. The community aims above all to restore the previous religious and administrative practice, also by allowing citizens – even in the aforementioned emergency – to watch over the correct religious and administrative procedures concerning the sanctuaries, and finally to find both immediate resources for the restoration and other economic resources to be made available for ordinary and extraordinary sanctuary maintenance work to those who, in the future, will have to take care of the sanctuaries. This analysis, as well as a comparison with documents from Cos, allow the hypothesis that these resources could come from the sale of priesthoods.

Il contributo propone una nuova edizione e soprattutto un nuovo commento del frammentario decreto I.Iasos 219. Oggi resta soltanto uno degli almeno tre blocchi su cui in origine doveva estendersi lo psephisma: si conservano la parte finale della motivazione, le intenzioni che la comunità vuole perseguire attraverso il decreto e l’inizio della proposta deliberativa. Dalla motivazione desumiamo che in quel momento a Iasos vigeva un divieto di accesso a vari edifici sacri, esteso a chiunque, fatta eccezione per sacerdoti e sacerdotesse. Tale divieto dipende molto probabilmente da danni materiali agli edifici di culto e la cronologia del testo (inizio II sec. a.C.) suggerisce che i danni possano essere stati causati dal terremoto che allora notoriamente colpì tutta l’area. La comunità si prefigge innanzitutto di ripristinare la prassi consueta, anche consentendo ai cittadini di vegliare – pur nell’emergenza – sulle corrette procedure religiose e amministrative che concernono i santuari, e stabilisce di elaborare misure atte a reperire risorse immediate per il restauro e a mettere in condizione quanti in futuro avranno la responsabilità dei santuari di disporre dei mezzi economici per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Quanto resta della delibera e il confronto con documenti di Cos permette di avanzare l’ipotesi che tali risorse potessero provenire dalla vendita di sacerdozi.