Il ricorso alla desaparición forzada da parte di attori chiave del conflitto armato interno in El Salvador ha rappresentato la prosecuzione di una pratica già diffusa negli anni Settanta, rinvigorita e perfezionata attraverso l’affiancamento con le operazioni militari ufficiali e dunque condotta con una certa sistematicità, la quale, sebbene non abbia raggiunto nel complesso livelli di meticolosità ed efficienza equiparabili a quelli raggiunti nell’ambito dei sistemi repressivi delle dittature militari del Cono Sud o di altri conflitti armati interni, ha costituito un elemento cardine di una strategia del terrore particolarmente atroce e spietata. Una strategia articolata, finalizzata all’annichilimento di chiunque fosse di volta in volta classificato come avversario, a prescindere dalla sua militanza o adesione a organizzazioni connotate politicamente, legittimata attraverso la riproposizione di un discorso propagandistico riconducibile per molti versi alla Doctrina de la Seguridad Nacional e incentrato sulla necessità della lotta al nemico interno ai fini della tutela della stabilità e dell’integrità del paese dalla minaccia espansionistica sovietica e di altre forze destabilizzanti attive nella regione. Una tattica della tierra arrasada, nell’ambito della quale il ricorso alla desaparición consentiva di affiancare alla repressione tangibile una repressione occultata, rinnegata, poco nota e anche per questo a lungo non indagata. A dispetto della notorietà di casi di desaparición forzada e, in generale, del ricorso a questa pratica, ampiamente diffusa nel paese e fuori, il fenomeno non è stato infatti oggetto di indagini adeguate, complice prima l’amnistia e il conseguente consolidamento dell’impunità per i crimini compiuti durante il conflitto e poi la difficoltà di reperire prove che consentissero di ricostruire i singoli casi. La difficoltà di raccolta di documentazione ha costituito, e continua a costituire, un limite che ostacola il lavoro di ricerca scientifica su questo specifico aspetto del conflitto, che risulta ancora uno dei meno studiati, soprattutto in ambito storiografico. Obiettivo di questo lavoro è dunque quello di contribuire alla riflessione storiografica sulle modalità di ricorso alla desaparición forzada durante il conflitto attraverso l’analisi dell’apporto fornito da organismi salvadoregni e internazionali alla denuncia e alla conoscenza del fenomeno, dallo scoppio della guerra civile ad oggi. Per questa via, si intende anche porre in relazione le desapariciones con gli altri atti di violenza verificatisi durante la guerra, il radicamento dell’odio nella società salvadoregna, l’impunità per i responsabili di questa tipologia di crimine e l’esito in definitiva fallimentare del processo di riconciliazione nazionale e di pace, sebbene sulla valutazione negativa del processo di democratizzazione, come si vedrà, non esista un accordo unanime a livello storiografico.
Fotia, L. (2020). L’odio negato. La desaparición forzada e la guerra civile in El Salvador. In Laura Fotia (a cura di), Le politiche dell'odio nel Novecento americano (pp. 217-239). Roma : Nova Delphi Academia.
L’odio negato. La desaparición forzada e la guerra civile in El Salvador
fotia
2020-01-01
Abstract
Il ricorso alla desaparición forzada da parte di attori chiave del conflitto armato interno in El Salvador ha rappresentato la prosecuzione di una pratica già diffusa negli anni Settanta, rinvigorita e perfezionata attraverso l’affiancamento con le operazioni militari ufficiali e dunque condotta con una certa sistematicità, la quale, sebbene non abbia raggiunto nel complesso livelli di meticolosità ed efficienza equiparabili a quelli raggiunti nell’ambito dei sistemi repressivi delle dittature militari del Cono Sud o di altri conflitti armati interni, ha costituito un elemento cardine di una strategia del terrore particolarmente atroce e spietata. Una strategia articolata, finalizzata all’annichilimento di chiunque fosse di volta in volta classificato come avversario, a prescindere dalla sua militanza o adesione a organizzazioni connotate politicamente, legittimata attraverso la riproposizione di un discorso propagandistico riconducibile per molti versi alla Doctrina de la Seguridad Nacional e incentrato sulla necessità della lotta al nemico interno ai fini della tutela della stabilità e dell’integrità del paese dalla minaccia espansionistica sovietica e di altre forze destabilizzanti attive nella regione. Una tattica della tierra arrasada, nell’ambito della quale il ricorso alla desaparición consentiva di affiancare alla repressione tangibile una repressione occultata, rinnegata, poco nota e anche per questo a lungo non indagata. A dispetto della notorietà di casi di desaparición forzada e, in generale, del ricorso a questa pratica, ampiamente diffusa nel paese e fuori, il fenomeno non è stato infatti oggetto di indagini adeguate, complice prima l’amnistia e il conseguente consolidamento dell’impunità per i crimini compiuti durante il conflitto e poi la difficoltà di reperire prove che consentissero di ricostruire i singoli casi. La difficoltà di raccolta di documentazione ha costituito, e continua a costituire, un limite che ostacola il lavoro di ricerca scientifica su questo specifico aspetto del conflitto, che risulta ancora uno dei meno studiati, soprattutto in ambito storiografico. Obiettivo di questo lavoro è dunque quello di contribuire alla riflessione storiografica sulle modalità di ricorso alla desaparición forzada durante il conflitto attraverso l’analisi dell’apporto fornito da organismi salvadoregni e internazionali alla denuncia e alla conoscenza del fenomeno, dallo scoppio della guerra civile ad oggi. Per questa via, si intende anche porre in relazione le desapariciones con gli altri atti di violenza verificatisi durante la guerra, il radicamento dell’odio nella società salvadoregna, l’impunità per i responsabili di questa tipologia di crimine e l’esito in definitiva fallimentare del processo di riconciliazione nazionale e di pace, sebbene sulla valutazione negativa del processo di democratizzazione, come si vedrà, non esista un accordo unanime a livello storiografico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.