“L’Europa moderna ha vissuto solo nel movimento, non è esistita che nell’accelerazione del divenire.” Edgard Morin Seppur faticosamente i paesi dell’Unione europea hanno intrapreso un lento cammino verso una maggiore integrazione delle loro politiche migratorie. La data di riferimento è il 1° maggio del 1999 quando il Trattato di Amsterdam è entrato ufficialmente in vigore. Nell’arco di cinque anni le decisioni in materia d’immigrazione e d’asilo, oggetto di decisioni intergovernative tra i paesi dell’Unione, dovrebbero diventare materia comunitarizzata, oggetto di codecisione e maggioranza qualificata. Siamo ad un bivio e forse all’inizio di un’auspicata “cooperazione rafforzata” anche in materia migratoria. In verità, alcuni segnali di una maggior volontà di cooperazione si erano già manifestati in una serie di iniziative adottate dal Consiglio dell’Unione in tempi recenti. Si pensi, per esempio, alla costituzione di una Task Force “Asilo e immigrazione” nell’ambito del Segretariato Generale della Commissione e all’azione comune del 19 marzo 1998 che istituisce un programma di formazione, di scambi e di cooperazione nei settori delle politiche dell’asilo, dell’immigrazione e dell’attraversamento delle frontiere esterne dall’omerico nome di Odysseus. L’approdo alla cooperazione rafforzata sembra più raggiungibile, anche in seguito alla decisione del Consiglio dell’Unione di istituire, nel giugno del 1997 a Vienna, un Osservatorio europeo dei fenomeni razzisti e xenofobi. L’obiettivo dichiarato dell’Osservatorio è di fornire all’Unione e agli Stati membri dati oggettivi, attendibili e confrontabili su scala europea per quanto concerne il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo, onde migliorare lo scambio di informazioni e di esperienze. Ritorneremo tra breve su questi temi, ora vorremmo mettere in luce alcune tendenze generali nell’evoluzione delle politiche migratorie registrate nell’anno in corso. A tal fine, nell’attesa dell’auspicata comunitarizzazione, è necessario volgerci all’interno dei singoli paesi per cercare di individuare i temi emergenti di questo fine millennio. Ci rifacciamo in particolare ad un documento da noi stilato nei primi mesi dell’anno e aggiornato in continuazione su “Processi migratori e politiche migratorie in Europa”, disponibile presso il Centro di documentazione della Fondazione Cariplo-I.S.MU. Passando in rassegna le schede dei singoli paesi dell’Unione, il dato che emerge con più evidenza è che il corrente anno è stato contraddistinto da tentativi dall’esito diverso di riformare la legge sulla cittadinanza. Così, alcune aperture verso istanze più progressiste, sono state poi vanificate da soluzioni di compromesso come, per esempio, nel caso tedesco. Nel complesso, il quadro restrittivo delineatosi dall’inizio degli anni ’90 risulta di poco mutato. Il perdurare della stagnazione economica in diversi paesi dell’Unione e gli alti tassi di disoccupazione continuano a rappresentare forti disincentivi all’apertura delle frontiere, nonostante il sempre crescente fabbisogno di manodopera per lo svolgimento di mansioni “non gradite” ai lavoratori europei. Alla chiusura delle porte ai nuovi arrivati si accompagnano i tentativi di regolarizzazione ed integrazione dei figli di coloro che i confini li hanno attraversati in tempi “meno sospetti”, quando i governi dei paesi dell’Europa settentrionale erano ben lieti di firmare accordi bilaterali per l’immissione di manodopera dall’Europa meridionale o dalla sponda sud del Mediterraneo. In quest’ambito si collocano il caso tedesco e francese.
Ruspini, P. (2000). I paesi dell’Unione europea. In Fondazione Cariplo ISMU (a cura di), Quinto Rapporto sulle Migrazioni 1999 (pp. 213-219). MILANO - ITA : FrancoAngeli.
I paesi dell’Unione europea
RUSPINI P
2000-01-01
Abstract
“L’Europa moderna ha vissuto solo nel movimento, non è esistita che nell’accelerazione del divenire.” Edgard Morin Seppur faticosamente i paesi dell’Unione europea hanno intrapreso un lento cammino verso una maggiore integrazione delle loro politiche migratorie. La data di riferimento è il 1° maggio del 1999 quando il Trattato di Amsterdam è entrato ufficialmente in vigore. Nell’arco di cinque anni le decisioni in materia d’immigrazione e d’asilo, oggetto di decisioni intergovernative tra i paesi dell’Unione, dovrebbero diventare materia comunitarizzata, oggetto di codecisione e maggioranza qualificata. Siamo ad un bivio e forse all’inizio di un’auspicata “cooperazione rafforzata” anche in materia migratoria. In verità, alcuni segnali di una maggior volontà di cooperazione si erano già manifestati in una serie di iniziative adottate dal Consiglio dell’Unione in tempi recenti. Si pensi, per esempio, alla costituzione di una Task Force “Asilo e immigrazione” nell’ambito del Segretariato Generale della Commissione e all’azione comune del 19 marzo 1998 che istituisce un programma di formazione, di scambi e di cooperazione nei settori delle politiche dell’asilo, dell’immigrazione e dell’attraversamento delle frontiere esterne dall’omerico nome di Odysseus. L’approdo alla cooperazione rafforzata sembra più raggiungibile, anche in seguito alla decisione del Consiglio dell’Unione di istituire, nel giugno del 1997 a Vienna, un Osservatorio europeo dei fenomeni razzisti e xenofobi. L’obiettivo dichiarato dell’Osservatorio è di fornire all’Unione e agli Stati membri dati oggettivi, attendibili e confrontabili su scala europea per quanto concerne il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo, onde migliorare lo scambio di informazioni e di esperienze. Ritorneremo tra breve su questi temi, ora vorremmo mettere in luce alcune tendenze generali nell’evoluzione delle politiche migratorie registrate nell’anno in corso. A tal fine, nell’attesa dell’auspicata comunitarizzazione, è necessario volgerci all’interno dei singoli paesi per cercare di individuare i temi emergenti di questo fine millennio. Ci rifacciamo in particolare ad un documento da noi stilato nei primi mesi dell’anno e aggiornato in continuazione su “Processi migratori e politiche migratorie in Europa”, disponibile presso il Centro di documentazione della Fondazione Cariplo-I.S.MU. Passando in rassegna le schede dei singoli paesi dell’Unione, il dato che emerge con più evidenza è che il corrente anno è stato contraddistinto da tentativi dall’esito diverso di riformare la legge sulla cittadinanza. Così, alcune aperture verso istanze più progressiste, sono state poi vanificate da soluzioni di compromesso come, per esempio, nel caso tedesco. Nel complesso, il quadro restrittivo delineatosi dall’inizio degli anni ’90 risulta di poco mutato. Il perdurare della stagnazione economica in diversi paesi dell’Unione e gli alti tassi di disoccupazione continuano a rappresentare forti disincentivi all’apertura delle frontiere, nonostante il sempre crescente fabbisogno di manodopera per lo svolgimento di mansioni “non gradite” ai lavoratori europei. Alla chiusura delle porte ai nuovi arrivati si accompagnano i tentativi di regolarizzazione ed integrazione dei figli di coloro che i confini li hanno attraversati in tempi “meno sospetti”, quando i governi dei paesi dell’Europa settentrionale erano ben lieti di firmare accordi bilaterali per l’immissione di manodopera dall’Europa meridionale o dalla sponda sud del Mediterraneo. In quest’ambito si collocano il caso tedesco e francese.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.