Il volume utilizza differenti cornici teoriche, che in gran parte si imperniano su quella filosofica, per concentrarsi sulle figure e sul tema della spazialità nell’immaginario narrativo di autori che, in diversi periodi storici e in altrettanto diversi generi letterari, si sono confrontati con l'irruzione del moderno quale "coscienza della storicità del proprio presente e, soprattutto, di progresso, di superamento dei limiti di volta in volta incontrati" (Bodei 2016: 137). Quando importanti rivolgimenti epocali e scoperte geografiche, scientifiche o tecnologiche ampliano i confini della conoscenza, mettendo a dura prova la tenuta delle 'mappe cognitive' di jamesoniana memoria, le storie - esse stesse 'mappe' secondo una lettura spaziale del plot - e i loro luoghi e spazi testuali, che tendono a farsi oscuri e labirintici, si fanno carico di esprimere simbolicamente il significato di tali profondi, ansiogeni mutamenti. Spesso, come nel caso della tarda opera shakespeariana "The Tempest" (1610-11), abbondano immagini e figure retoriche tese a traslare in un dominio concettuale già noto, come quello geografico e odeporico, termini e saperi ancora poco praticati o troppo astratti, come quelli introdotti dalla nuova filosofia baconiana (che nel saggio è utilizzata come chiave di lettura del dramma), dando vita a una dialettica stratificata tra 'vecchio' e 'nuovo' mondo. Altre volte, come nel caso del radiodramma novecentesco "All That Fall" (1957) di Samuel Beckett, il non sentirsi più ‘a casa’ in un mondo trasfigurato da eventi traumatici come quelli bellici e da una serie di altri sconvolgimenti, come il collasso spazio-temporale causato dalla simultaneità dei nuovi mezzi di trasporto e comunicazione, si traduce nella rappresentazione di luoghi sempre più sprovvisti di punti di ancoraggio per la definizione della soggettività dei personaggi e, quindi, per la configurazione del binomio figure-sfondo che è alla base del narrare stesso. In altri casi, quando sono proprio la scrittura e la letteratura a essere minacciate dalla modernità, in particolare dai poderosi effetti prodotti dalla rivoluzione digitale tanto sullo 'spazio dello scrivere' quanto nell'intero campo delle 'humanities', la storia può diventare, come nel caso del romanzo "House of Leaves" (2000) di Mark Z. Danielewski, un luogo complesso e stratificato, in senso tanto intertestuale quanto multimodale e intermediale, per sperimentare nuove forme di narrazione, immaginare un nuovo tipo di testo-libro e interrogare l'ontologia stessa del letterario in un'ottica che sembra risentire fortemente sia dell'impronta beckettiana sia della riflessione blanchottiana.
Esposito, L. (2021). Oltre la mappa. Lo spazio delle storie nell'immaginario moderno: Shakespeare, Beckett, Danielewski. ITA : Edizioni Scientifiche Italiane.
Oltre la mappa. Lo spazio delle storie nell'immaginario moderno: Shakespeare, Beckett, Danielewski
Lucia Esposito
2021-01-01
Abstract
Il volume utilizza differenti cornici teoriche, che in gran parte si imperniano su quella filosofica, per concentrarsi sulle figure e sul tema della spazialità nell’immaginario narrativo di autori che, in diversi periodi storici e in altrettanto diversi generi letterari, si sono confrontati con l'irruzione del moderno quale "coscienza della storicità del proprio presente e, soprattutto, di progresso, di superamento dei limiti di volta in volta incontrati" (Bodei 2016: 137). Quando importanti rivolgimenti epocali e scoperte geografiche, scientifiche o tecnologiche ampliano i confini della conoscenza, mettendo a dura prova la tenuta delle 'mappe cognitive' di jamesoniana memoria, le storie - esse stesse 'mappe' secondo una lettura spaziale del plot - e i loro luoghi e spazi testuali, che tendono a farsi oscuri e labirintici, si fanno carico di esprimere simbolicamente il significato di tali profondi, ansiogeni mutamenti. Spesso, come nel caso della tarda opera shakespeariana "The Tempest" (1610-11), abbondano immagini e figure retoriche tese a traslare in un dominio concettuale già noto, come quello geografico e odeporico, termini e saperi ancora poco praticati o troppo astratti, come quelli introdotti dalla nuova filosofia baconiana (che nel saggio è utilizzata come chiave di lettura del dramma), dando vita a una dialettica stratificata tra 'vecchio' e 'nuovo' mondo. Altre volte, come nel caso del radiodramma novecentesco "All That Fall" (1957) di Samuel Beckett, il non sentirsi più ‘a casa’ in un mondo trasfigurato da eventi traumatici come quelli bellici e da una serie di altri sconvolgimenti, come il collasso spazio-temporale causato dalla simultaneità dei nuovi mezzi di trasporto e comunicazione, si traduce nella rappresentazione di luoghi sempre più sprovvisti di punti di ancoraggio per la definizione della soggettività dei personaggi e, quindi, per la configurazione del binomio figure-sfondo che è alla base del narrare stesso. In altri casi, quando sono proprio la scrittura e la letteratura a essere minacciate dalla modernità, in particolare dai poderosi effetti prodotti dalla rivoluzione digitale tanto sullo 'spazio dello scrivere' quanto nell'intero campo delle 'humanities', la storia può diventare, come nel caso del romanzo "House of Leaves" (2000) di Mark Z. Danielewski, un luogo complesso e stratificato, in senso tanto intertestuale quanto multimodale e intermediale, per sperimentare nuove forme di narrazione, immaginare un nuovo tipo di testo-libro e interrogare l'ontologia stessa del letterario in un'ottica che sembra risentire fortemente sia dell'impronta beckettiana sia della riflessione blanchottiana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.