Delinking è un concetto coniato all’interno degli studi economico-sociali e poi ridefinito come dispositivo epistemologico da alcuni esponenti latinoamericani del pensiero sociopolitico decoloniale. Questo termine è qui utilizzato per indicare una torsione progettuale utile ad identificare composizioni e assemblaggi tra differenze spaziali, sociali, ecologiche, articolata attorno ai concetti di ‘separazione relazionante’ e ‘dipendenza’ intesi come affetti politici operativi. I caratteri e le possibilità progettuali del delinking vengono messe alla prova attraverso ragionamenti progettuali sulla foresta considerata come il luogo più interessante per la messa alla prova delle nostre ipotesi. La foresta è luogo di conflitti, di interdipendenze e di relazioni parassite. È il luogo dell’intreccio ma soprattutto della divergenza, della dipendenza, dell’opacità. In questa situazione, più che in altri ambienti, si perde la presunzione che tutto sia controllabile. Il contributo di Annalisa Metta rilegge la foresta urbana in chiave critica. L’ipotesi di partenza è che il corrente successo della formula contenga il rischio della progressiva estrazione delle foreste dal campo del reale, per volgerle in una formula astratta e generica, passe-partout onnicomprensivo di tutte le forme con cui si manifestano le nature urbane, incapace di trattenerne ed esprimerne – letteralmente, di pronunziarne − le singolarità e le specificità, all’interno di un perdurante processo di semplificazione degli argomenti sul progetto di paesaggio, che per un verso lo ha reso tema pervasivo nella cultura di massa, sottraendolo alle nicchie dello specialismo, per l’altro l’ha ridotto a una sottile e sovrastrutturale patina cosmetica. Fare foreste e con esse città richiede la necessità di un progetto di architettura del paesaggio e con ciò di intercettare alcune questioni cruciali per la definizione dell’habitat contemporaneo e produrre significativi avanzamenti negli strumenti teorici, critici e operativi utili a un radicale rinnovamento del ruolo, delle attitudini e delle ambizioni dei paesaggi nel nostro tempo. Fare foreste di città è perciò una grande occasione. L’avanzamento ci pare possa riguardare soprattutto due ambiti di senso tra loro correlati. Il primo emana dall’inevitabile e costitutiva proiezione delle pratiche di arboricoltura in un orizzonte di medio-lungo termine, che chiede perciò di confrontarsi con una dimensione operante del tempo, in fase sia con i ritmi biologici del vivente sia con le partiture del metabolismo urbano. Il secondo concerne l’interazione con intenzionalità ulteriori a quella umana in un’accezione di multispecismo attivo che è sempre più centrale nei discorsi contemporanei in merito ai modi con cui si produce e si dice città. Alcune esperienze di progetti degli ultimi venticinque anni, come il bosco della Greenwich Pensinsula a Londra, l'Oerlier Park a Zurigo e la Metro Forest a Bangkok, sono utili per evidenziarne declinazioni possibili.

Metta, A. (2022). Qui, fuori. Fare foreste e città. In A.G. Antonio Di Campli (a cura di), Delinking. Lo spazio della coesistenza (pp. 105-123). Siracusa : LetteraVentidue.

Qui, fuori. Fare foreste e città

annalisa metta
2022-01-01

Abstract

Delinking è un concetto coniato all’interno degli studi economico-sociali e poi ridefinito come dispositivo epistemologico da alcuni esponenti latinoamericani del pensiero sociopolitico decoloniale. Questo termine è qui utilizzato per indicare una torsione progettuale utile ad identificare composizioni e assemblaggi tra differenze spaziali, sociali, ecologiche, articolata attorno ai concetti di ‘separazione relazionante’ e ‘dipendenza’ intesi come affetti politici operativi. I caratteri e le possibilità progettuali del delinking vengono messe alla prova attraverso ragionamenti progettuali sulla foresta considerata come il luogo più interessante per la messa alla prova delle nostre ipotesi. La foresta è luogo di conflitti, di interdipendenze e di relazioni parassite. È il luogo dell’intreccio ma soprattutto della divergenza, della dipendenza, dell’opacità. In questa situazione, più che in altri ambienti, si perde la presunzione che tutto sia controllabile. Il contributo di Annalisa Metta rilegge la foresta urbana in chiave critica. L’ipotesi di partenza è che il corrente successo della formula contenga il rischio della progressiva estrazione delle foreste dal campo del reale, per volgerle in una formula astratta e generica, passe-partout onnicomprensivo di tutte le forme con cui si manifestano le nature urbane, incapace di trattenerne ed esprimerne – letteralmente, di pronunziarne − le singolarità e le specificità, all’interno di un perdurante processo di semplificazione degli argomenti sul progetto di paesaggio, che per un verso lo ha reso tema pervasivo nella cultura di massa, sottraendolo alle nicchie dello specialismo, per l’altro l’ha ridotto a una sottile e sovrastrutturale patina cosmetica. Fare foreste e con esse città richiede la necessità di un progetto di architettura del paesaggio e con ciò di intercettare alcune questioni cruciali per la definizione dell’habitat contemporaneo e produrre significativi avanzamenti negli strumenti teorici, critici e operativi utili a un radicale rinnovamento del ruolo, delle attitudini e delle ambizioni dei paesaggi nel nostro tempo. Fare foreste di città è perciò una grande occasione. L’avanzamento ci pare possa riguardare soprattutto due ambiti di senso tra loro correlati. Il primo emana dall’inevitabile e costitutiva proiezione delle pratiche di arboricoltura in un orizzonte di medio-lungo termine, che chiede perciò di confrontarsi con una dimensione operante del tempo, in fase sia con i ritmi biologici del vivente sia con le partiture del metabolismo urbano. Il secondo concerne l’interazione con intenzionalità ulteriori a quella umana in un’accezione di multispecismo attivo che è sempre più centrale nei discorsi contemporanei in merito ai modi con cui si produce e si dice città. Alcune esperienze di progetti degli ultimi venticinque anni, come il bosco della Greenwich Pensinsula a Londra, l'Oerlier Park a Zurigo e la Metro Forest a Bangkok, sono utili per evidenziarne declinazioni possibili.
2022
9788862426244
Metta, A. (2022). Qui, fuori. Fare foreste e città. In A.G. Antonio Di Campli (a cura di), Delinking. Lo spazio della coesistenza (pp. 105-123). Siracusa : LetteraVentidue.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11590/422968
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