Il libro affronta il tema delle origini storiche della finzione nel diritto da una prospettiva diversa da quella sinora assunta dalla storiografia. Anziché partire dal ruolo straordinario che giocarono le finzioni nel diritto romano e dalla conseguente dipendenza dei giuristi medievali e d’età moderna dal modello di finzione romanistico, prende infatti le mosse dalla tradizione cristiana e dal grande dibattito sulla finzione che ebbe luogo in epoca tardo-antica. Lo scontro tra Girolamo e Agostino sul concetto di finzione nelle Sacre Scritture lasciò in eredità al Medioevo occidentale un complesso strumentario ideologico nell’ambito del quale, da un lato, la finzione era fermamente condannata perché contraria alla veritas e in opposizione a una natura che, diversamente dal mondo classico, era reputata divina dal pensiero cristiano; dall’altro, veniva però esaltata come strumento d’accesso a una meta-realtà che consentiva di andare oltre i fatti concreti e di cogliere il senso più vero e invisibile delle cose. Proprio quest’ultimo significato positivo di finzione, che tanto quanto quello negativo affonda le sue radici nel pensiero agostiniano e nella prospettiva platonica di cui Agostino fu uno dei maggiori sostenitori, venne particolarmente valorizzato dalle scuole teologiche francesi della prima metà del XII secolo. In questo contesto assunse una rilevanza inedita la sfera della soggettività e dell’intenzione con cui si misurarono i più grandi teologi francesi, da Anselmo di Laon ad Abelardo a Pietro Lombardo. In particolare, la valorizzazione della dimensione interiore dell’uomo che per la prima volta venne profondamente dissociata da quella esteriore perché considerata superiore e non coincidente con la sfera delle azioni fu al centro della riflessione di Abelardo e divenne oggetto anche di condanne nella sua espressione più radicale. Un evento storico segnò in maniera indelebile il trasferimento dei dibattiti teologici cui si è sopra accennato al diritto canonico: l’assassino di Thomas Becket nel 1170. La decretale con cui il pontefice Alessandro III volle punire nel 1172 gli assassini di un omicidio compiuto da molti, desiderato da tanti e ordinato dal re d’Inghilterra, trasformò per la prima volta in reato la volontà di chi, pur non avendo materialmente commesso un omicidio, lo aveva desiderato profondamente, vi aveva acconsentito, non vi si era opposto. L’invenzione della finzione dei canoni risale a questi anni in cui, proprio la nuova capacità dei canoni di assolvere da reati involontari o di individuare responsabilità invisibili e indipendenti dai fatti cominciò ad essere classificata come una finzione. Una finzione che si configura come uno strumento logico e in quanto tale neutro, né positivo né negativo, libero dai connotati semantici negativi che per secoli avevano accompagnato molte forme di negazione della realtà proprio in virtù delle condanne agostiniane tardoantiche.

MENZINGER DI PREUSSENTHAL, S. (2023). Finzioni del diritto medievale. Macerata : Quodlibet.

Finzioni del diritto medievale

Sara Menzinger Di Preussenthal
2023-01-01

Abstract

Il libro affronta il tema delle origini storiche della finzione nel diritto da una prospettiva diversa da quella sinora assunta dalla storiografia. Anziché partire dal ruolo straordinario che giocarono le finzioni nel diritto romano e dalla conseguente dipendenza dei giuristi medievali e d’età moderna dal modello di finzione romanistico, prende infatti le mosse dalla tradizione cristiana e dal grande dibattito sulla finzione che ebbe luogo in epoca tardo-antica. Lo scontro tra Girolamo e Agostino sul concetto di finzione nelle Sacre Scritture lasciò in eredità al Medioevo occidentale un complesso strumentario ideologico nell’ambito del quale, da un lato, la finzione era fermamente condannata perché contraria alla veritas e in opposizione a una natura che, diversamente dal mondo classico, era reputata divina dal pensiero cristiano; dall’altro, veniva però esaltata come strumento d’accesso a una meta-realtà che consentiva di andare oltre i fatti concreti e di cogliere il senso più vero e invisibile delle cose. Proprio quest’ultimo significato positivo di finzione, che tanto quanto quello negativo affonda le sue radici nel pensiero agostiniano e nella prospettiva platonica di cui Agostino fu uno dei maggiori sostenitori, venne particolarmente valorizzato dalle scuole teologiche francesi della prima metà del XII secolo. In questo contesto assunse una rilevanza inedita la sfera della soggettività e dell’intenzione con cui si misurarono i più grandi teologi francesi, da Anselmo di Laon ad Abelardo a Pietro Lombardo. In particolare, la valorizzazione della dimensione interiore dell’uomo che per la prima volta venne profondamente dissociata da quella esteriore perché considerata superiore e non coincidente con la sfera delle azioni fu al centro della riflessione di Abelardo e divenne oggetto anche di condanne nella sua espressione più radicale. Un evento storico segnò in maniera indelebile il trasferimento dei dibattiti teologici cui si è sopra accennato al diritto canonico: l’assassino di Thomas Becket nel 1170. La decretale con cui il pontefice Alessandro III volle punire nel 1172 gli assassini di un omicidio compiuto da molti, desiderato da tanti e ordinato dal re d’Inghilterra, trasformò per la prima volta in reato la volontà di chi, pur non avendo materialmente commesso un omicidio, lo aveva desiderato profondamente, vi aveva acconsentito, non vi si era opposto. L’invenzione della finzione dei canoni risale a questi anni in cui, proprio la nuova capacità dei canoni di assolvere da reati involontari o di individuare responsabilità invisibili e indipendenti dai fatti cominciò ad essere classificata come una finzione. Una finzione che si configura come uno strumento logico e in quanto tale neutro, né positivo né negativo, libero dai connotati semantici negativi che per secoli avevano accompagnato molte forme di negazione della realtà proprio in virtù delle condanne agostiniane tardoantiche.
2023
978-88-229-2095-9
MENZINGER DI PREUSSENTHAL, S. (2023). Finzioni del diritto medievale. Macerata : Quodlibet.
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