Una summa di saperi e di letteratura quasi ignorata nella cultura moderna e contemporanea, certamente più citata che letta. L’unica fabula che celebra la filologia e proprio dai filologi ‘bistrattata’ e ignorata. Bollato come ‘labirinto’ fin dal tardo medioevo, monstrum negativo, impenetrabile, raffazzonato e scritto in una lingua decaduta e con uno stile di fatto illeggibile, il "De nuptiis Philologiae" è in realtà opera complessa ma lineare e cristallina nel suo disegno. Esso mira consapevolmente al recupero della paideia classica, greca e latina, come strumento per giungere alla totalità della conoscenza attraverso l’indagine e le conoscenze particolari, sulla strada aperta dai filologi di Alessandria e, a Roma, da Varrone. Alla sua natura enciclopedica deve la straordinaria diffusione nel Medioevo europeo. La sua scrittura tende a farsi strumento peculiare dell’interpretazione e mimesi di tutti gli stili della letteratura nell’unità composita della satura, di tipo menippeo e ancora varroniano, nell’alternanza di versi e prosa. Il progetto editoriale, diretto da Lucio Cristante, intende fornire una revisione critica del testo, la traduzione e un commento puntuale dei nove libri dell’opera. Questo volume contiene il libro VI dedicato alla geometria nella sua doppia articolazione di "descriptio orbis terrarum" (che rappresenta l’origine della disciplina) e di dottrina matematica che armonizza teoria di matrice pitagorico-platonica e definizioni euclidee ed eroniane.
Veronesi, V. (In corso di stampa). Martiani Capellae "De nuptiis Philologiae liber VI". Introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di Lucio Cristante e Vanni Veronesi. Hildesheim : Olms - Weidmann.
Martiani Capellae "De nuptiis Philologiae liber VI". Introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di Lucio Cristante e Vanni Veronesi
Vanni Veronesi
In corso di stampa
Abstract
Una summa di saperi e di letteratura quasi ignorata nella cultura moderna e contemporanea, certamente più citata che letta. L’unica fabula che celebra la filologia e proprio dai filologi ‘bistrattata’ e ignorata. Bollato come ‘labirinto’ fin dal tardo medioevo, monstrum negativo, impenetrabile, raffazzonato e scritto in una lingua decaduta e con uno stile di fatto illeggibile, il "De nuptiis Philologiae" è in realtà opera complessa ma lineare e cristallina nel suo disegno. Esso mira consapevolmente al recupero della paideia classica, greca e latina, come strumento per giungere alla totalità della conoscenza attraverso l’indagine e le conoscenze particolari, sulla strada aperta dai filologi di Alessandria e, a Roma, da Varrone. Alla sua natura enciclopedica deve la straordinaria diffusione nel Medioevo europeo. La sua scrittura tende a farsi strumento peculiare dell’interpretazione e mimesi di tutti gli stili della letteratura nell’unità composita della satura, di tipo menippeo e ancora varroniano, nell’alternanza di versi e prosa. Il progetto editoriale, diretto da Lucio Cristante, intende fornire una revisione critica del testo, la traduzione e un commento puntuale dei nove libri dell’opera. Questo volume contiene il libro VI dedicato alla geometria nella sua doppia articolazione di "descriptio orbis terrarum" (che rappresenta l’origine della disciplina) e di dottrina matematica che armonizza teoria di matrice pitagorico-platonica e definizioni euclidee ed eroniane.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.