L’intervento intende analizzare la complessa relazione che si viene a stabilire tra lo Stato italiano, la Santa Sede e i cattolici nelle circostanze belliche, profondamente influenzata dalla Questione romana ancora irrisolta. Come in molti altri paesi europei la crisi bellica rappresentò per i cattolici italiani una grande prova di adesione agli ideali patriottici e ai destini della nazione, venendo a colmare nei fatti quella distanza creatasi tra cattolicesimo e modernità nazionale declinata attraverso il laicismo liberale ottocentesco. Nel mondo cattolico tutto questo creò anche delle profonde lacerazioni a causa di diverse e contrastanti vedute: la Santa Sede con la sua dimensione sovranazionale e la prospettiva di imparzialità in cui si pone di fronte alla guerra; il cattolicesimo italiano lacerato tra fedeltà al Papa e fedeltà alla Patria; l’impegno di singoli ma accreditati cattolici nella compagine governativa con gli inevitabili condizionamenti anche sulle pubbliche prese di posizione della Santa Sede; il confronto continuo con le posizioni assunte dai socialisti, nella tensione, per i cattolici, tra sostegno allo sforzo bellico per accreditarsi come soggetto politico e sociale pienamente inserito nella compagine nazionale e collateralismo alle istanze pacifiste espresse dal papato che trovavano grande rispondenza negli ambienti popolari e contadini, con la non secondaria preoccupazione di non perdere ascendente su quell’ambiente ancora legato ai valori religiosi. Sullo sfondo di tutta questa complessa situazione si staglia l’ombra della Questione romana ancora aperta, nonostante la “conciliazione ufficiosa” raggiunta durante il conflitto, che aveva messo in risalto luci e ombre della legge delle Guarentigie, rendendo manifesta la necessità di una sistemazione dei rapporti tra Chiesa e Stato che superasse l’impostazione di fatto giurisdizionalista scelta dopo l’Unità, e che tenesse in debito conto il ruolo internazionale oramai assunto dalla Santa Sede, visto con grande sospetto dalle élite politiche italiane, che temevano una internazionalizzazione del problema con conseguenti ingerenze delle potenze europee in una questione ritenuta di politica interna. Si tratta quindi di un periodo di passaggio e di grande fermento, in cui le élite liberali e i cattolici devono gestire profondi cambiamenti per rimodellare il rapporto tra lo Stato e i cittadini, superando vecchie controversie e rigidità ideologiche in una forte tensione tra intransigenza e modernità.
Rigano, G. (2018). L'Italia, la Santa Sede e i cattolici durante la prima guerra mondiale. In Giovanna Procacci Nicola Labanca Federico Goddi (a cura di), La guerra e lo Stato 1914-1918 (pp. 217-236). MILANO : Unicopli.
L'Italia, la Santa Sede e i cattolici durante la prima guerra mondiale
Rigano, Gabriele
2018-01-01
Abstract
L’intervento intende analizzare la complessa relazione che si viene a stabilire tra lo Stato italiano, la Santa Sede e i cattolici nelle circostanze belliche, profondamente influenzata dalla Questione romana ancora irrisolta. Come in molti altri paesi europei la crisi bellica rappresentò per i cattolici italiani una grande prova di adesione agli ideali patriottici e ai destini della nazione, venendo a colmare nei fatti quella distanza creatasi tra cattolicesimo e modernità nazionale declinata attraverso il laicismo liberale ottocentesco. Nel mondo cattolico tutto questo creò anche delle profonde lacerazioni a causa di diverse e contrastanti vedute: la Santa Sede con la sua dimensione sovranazionale e la prospettiva di imparzialità in cui si pone di fronte alla guerra; il cattolicesimo italiano lacerato tra fedeltà al Papa e fedeltà alla Patria; l’impegno di singoli ma accreditati cattolici nella compagine governativa con gli inevitabili condizionamenti anche sulle pubbliche prese di posizione della Santa Sede; il confronto continuo con le posizioni assunte dai socialisti, nella tensione, per i cattolici, tra sostegno allo sforzo bellico per accreditarsi come soggetto politico e sociale pienamente inserito nella compagine nazionale e collateralismo alle istanze pacifiste espresse dal papato che trovavano grande rispondenza negli ambienti popolari e contadini, con la non secondaria preoccupazione di non perdere ascendente su quell’ambiente ancora legato ai valori religiosi. Sullo sfondo di tutta questa complessa situazione si staglia l’ombra della Questione romana ancora aperta, nonostante la “conciliazione ufficiosa” raggiunta durante il conflitto, che aveva messo in risalto luci e ombre della legge delle Guarentigie, rendendo manifesta la necessità di una sistemazione dei rapporti tra Chiesa e Stato che superasse l’impostazione di fatto giurisdizionalista scelta dopo l’Unità, e che tenesse in debito conto il ruolo internazionale oramai assunto dalla Santa Sede, visto con grande sospetto dalle élite politiche italiane, che temevano una internazionalizzazione del problema con conseguenti ingerenze delle potenze europee in una questione ritenuta di politica interna. Si tratta quindi di un periodo di passaggio e di grande fermento, in cui le élite liberali e i cattolici devono gestire profondi cambiamenti per rimodellare il rapporto tra lo Stato e i cittadini, superando vecchie controversie e rigidità ideologiche in una forte tensione tra intransigenza e modernità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.